Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15057 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15057 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 422/2025
NOME COGNOME
UP Ð 28/03/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 4509/2025
NOME COGNOME
– Relatore –
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte dÕappello di Brescia nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a Gussago il 12 marzo 1947;
avverso la sentenza del 24 settembre 2024 del Tribunale di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso;
Oggetto dellÕimpugnazione è la sentenza con la quale il Tribunale di Brescia, ha dichiarato non doversi procedere – per mancanza di querela – in relazione al reato di cui agli artt. 624 e 625, comma 1 n. 7, cod. pen., contestato a NOME COGNOME per lÕimpossessamento di fauna selvatica, patrimonio indisponibile dello Stato.
Il ricorso è proposto dal Procuratore generale presso la Corte dÕappello di Brescia e si compone di un unico motivo dÕimpugnazione, a mezzo del quale si deduce violazione dellÕart. 120 cod. pen., in relazione agli artt. 624, ultimo comma, e 625 n. 7 cod. pen., nella parte in cui il Tribunale non avrebbe considerato come lÕaggravante di cui al n. 7 del primo comma dellÕart. 625 cod. pen., per lÕipotesi della destinazione a pubblica utilitˆ, fosse contestata in fatto, stante lÕesplicito riferimento allÕessere la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato.
Il 13 marzo 2025, la difesa dellÕimputato ha presentato una memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è infondato.
Va premesso che l’unica delle tre differenti circostanze aggravanti, esplicitamente ricollegata per esteso dall’imputazione alla sua rubrica, evocante il riferimento normativo di cui al n. 7 dellÕart. 625 cod. pen., è quella dell’esposizione a pubblica fede e nessuna modifica dellÕimputazione è stata mai richiesta nel corso del processo. CosicchŽ, la contestazione (in fatto) dellÕaggravante invocata dal Procuratore ricorrente (lÕessersi impossessati di una destinata a pubblica utilitˆ) dovrebbe desumersi, per come prospettato, dal riferimento allÕappartenenza della fauna selvatica al patrimonio indisponibile dello Stato.
In linea di principio, la Òcontestazione in fattoÓ di una circostanza aggravante consiste nella formulazione non espressa nellÕenunciazione letterale della fattispecie circostanziale o nell’indicazione della specifica norma di legge che la prevede, che riporti, tuttavia, in maniera sufficientemente chiara e precisa, gli elementi di fatto che integrano la fattispecie, consentendo all’imputato di averne piena cognizione e di espletare adeguatamente la propria difesa sugli stessi (Sez. U. n. 24906, del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436).
Una esigenza, quella informativa, che trova il suo riferimento non solo dalle plurime norme codicistiche che descrivono la modalitˆ con la quale deve essere effettuata la contestazione, ma anche e soprattutto nei principi convenzionali (art. 6, par. 3, lett. a, CEDU) in materia di diritti fondamentali, qual è, per lÕappunto, quello inerente alla difesa dellÕimputato nel processo.
Indicata lÕesigenza da assolvere, lÕidoneitˆ della formulazione letterale del capo dÕimputazione a soddisfare tale interesse, non pu˜ essere valutata in astratto, ma deve tener conto delle Òparticolari connotazioniÓ con le quali lÕaggravante è stata costruita nelle norme che la prevedono. In funzione di queste
particolari connotazioni va individuato, di volta in volta, il Òlivello di precisione e determinatezza che rende l’indicazione di tali elementi, nell’imputazione contestata, sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell’accusa da parte dellÕimputato”.
CosicchŽ, se la fattispecie integratrice della circostanza aggravante è, per cos’ dire ÒautoevidenteÓ, in quanto si struttura in semplici comportamenti descritti nella loro materialitˆ (attraverso lÕindicazione di mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive) lÕindicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare, nell’imputazione, la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l’adeguato esercizio dei diritti di difesa dellÕimputato.
Ove, invece, la previsione normativa includa (anche) componenti valutative, la necessitˆ dell’enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dellÕimputazione impone che i risultati di questa valutazione (operata dal pubblico ministero con la formulazione del capo dÕimputazione) debbano essere esplicitati, attraverso la loro chiara indicazione nella formulazione dellÕimputazione. Esplicitazione che, tuttavia, non necessita di forme determinate, necessariamente ripetitive della formulazione normativa: ci˜ che rileva è che la componente valutativa che caratterizza la fattispecie aggravata sia portata a conoscenza dellÕimputato; risultato che ben pu˜ essere raggiunto utilizzando perifrasi o Òespressioni evocativeÓ che, descrivendo il dato fattuale sul quale si struttura la fattispecie aggravata, appaiono idonee a prendere il posto della contestazione formale (quella cioè effettuata mediante l’indicazione dellÕarticolo di legge o del comma in cui è menzionata lÕaggravante).
Tutto ci˜ considerato, il Collegio ritiene che la circostanza aggravante dellÕessere il bene, oggetto di furto, destinato a pubblica utilitˆ contenga elementi valutativi, in quanto richiede un apprezzamento, da parte dellÕinterprete, in ordine alla effettiva destinazione di quel bene al soddisfacimento di un interesse pubblico, evenienza necessariamente condizionata dallo specifico contesto allÕinterno del quale il bene stesso è inserito.
Va doverosamente premesso che lÕutilitˆ non è una proprietˆ intrinseca del bene, ma un carattere conferito allo stesso in ragione dei bisogni e degli interessi che, di volta in volta, si intendono soddisfare. Interessi che, se riconducibili alla generalitˆ dei consociati, qualificano tale carattere in termini, appunto, di pubblica utilitˆ.
Ci˜ considerato, i beni pubblici sono, indiscutibilmente, beni di pubblica utilitˆ, in quanto idonei a soddisfare un interesse pubblico e, sotto tale profilo, si inseriscono allÕinterno della più ampia categoria dei beni di interesse pubblico, in relazione ai quali lÕart. 1 del R.D. n. 2440/1923, che ne specifica la natura, precisa che i primi appartengono esclusivamente allo Stato o agli enti pubblici, mentre i
secondi possono appartenere anche a soggetti privati. Anche se lÕordinamento si limita ad individuare categorie di beni sulla base di caratteristiche comuni, quali la finalitˆ pubblica e le limitazioni alla disponibilitˆ, allÕuso e alla tutela, senza fornire una esplicita definizione di beni pubblici, in linea di principio, non pu˜ dubitarsi che lÕambiente (allÕinterno del quale lÕavifauna deve, allÕevidenza, essere inserita) costituisca in sŽ un bene pubblico, idoneo alla soddisfazione di un interesse pubblico: costituisce un bene giuridico unitario, di valore costituzionale primario, fondante, nellÕevoluzione della giurisprudenza convenzionale, i principi di ÒprecauzioneÓ e di ÒintegrazioneÓ, inserito (art. 9 Cost.) tra i principi fondamentali del nostro ordinamento e tutelato, in adempimento dei doveri inderogabili di solidarietˆ politica, economica e sociale previsti dallÕart. 2 Cost., anche nell’interesse delle future generazioni.
Ci˜ considerato, tuttavia, ci˜ che rileva ai fini del perfezionamento della fattispecie aggravata non è lÕastratta idoneitˆ del bene-ambiente a soddisfare un interesse collettivo (dato pacifico, del quale ne sono chiara testimonianza i plurimi interventi normativi, primari e secondari, volti a disciplinare la gestione di tale bene), ma la sua concreta destinazione; destinazione che non pu˜ ritenersi connotazione ontologica del bene, ma il frutto di unÕattivitˆ ulteriore, attraverso la quale, al bene (astrattamente suscettibile di soddisfare un interesse collettivo), viene impressa concretamente tale destinazione. LÕaggravante, infatti, ha per oggetto non le cose di pubblica utilitˆ (che, per come si è detto, possono appartenere anche a privati), ma solo quelle ÒdestinateÓ a pubblica utilitˆ (o come recitava ancor più chiaramente il codice del 1889 Òad uso di pubblica utilitˆÓ), poste nella effettiva ed attuale pubblica fruizione della cosa sottratta.
Se, quindi, ci˜ che rileva è lÕapprezzamento della concreta destinazione del bene allÕeffettivo soddisfacimento di un interesse collettivo, la necessitˆ dell’enunciazione in forma chiara e precisa del contenuto dell’imputazione, prevista dalla legge processuale, impone di dar conto di quel dato dal quale poter chiaramente evincere la concreta destinazione del bene, rendendo manifesto allÕimputato che dovrˆ difendersi dalla accusa di avere sottratto un bene concretamente destinato allÕutilitˆ dellÕintera collettivitˆ. Dato che, per come si è detto, non emerge inequivocamente dallÕindicazione della mera titolaritˆ.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Rigetta il ricorso.
Cos’ deciso il 28 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME