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Contestazione in fatto: furto di energia e querela

Un uomo condannato per furto di energia elettrica tramite un magnete vede la sua sentenza annullata dalla Cassazione. Il motivo risiede nella mancata contestazione in fatto dell’aggravante del bene destinato a pubblico servizio. Senza tale aggravante, il reato, a seguito della Riforma Cartabia, è diventato procedibile solo a querela, che in questo caso mancava.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione in Fatto: Furto di Energia e Annullamento per Mancanza di Querela

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5687/2024) offre un importante chiarimento sul principio della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti, con dirette conseguenze sulla procedibilità di reati come il furto di energia elettrica dopo la Riforma Cartabia. La Corte ha annullato una condanna proprio perché un’aggravante, ritenuta decisiva per la procedibilità d’ufficio, non era stata correttamente contestata, rendendo necessaria una querela mai presentata.

I Fatti: Il Furto di Energia con Magnete

Il caso riguarda un uomo, socio di un bar, condannato in primo e secondo grado per furto di energia elettrica. L’accusa era di aver alterato la registrazione dei consumi apponendo un magnete sul contatore. L’unica aggravante formalmente indicata nel capo d’imputazione era quella dell’uso di un mezzo fraudolento.

Con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), il reato di furto semplice è diventato procedibile a querela di parte. La procedibilità d’ufficio è rimasta solo in presenza di specifiche aggravanti, tra cui quella prevista dall’art. 625, n. 7, c.p., ovvero l’aver commesso il fatto su cose destinate a un pubblico servizio.

L’Iter Processuale e l’Origine del Problema

La Corte d’Appello, investita della questione sulla nuova procedibilità, aveva ritenuto che l’aggravante del pubblico servizio fosse implicitamente contenuta nella descrizione del fatto (la sottrazione di energia elettrica, bene per sua natura destinato a un servizio pubblico), rendendo così il reato ancora procedibile d’ufficio. Di conseguenza, aveva confermato la condanna.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra gli altri motivi, l’errata applicazione della legge penale. La difesa ha argomentato che l’aggravante del pubblico servizio non era mai stata formalmente né di fatto contestata, con la conseguenza che il reato avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per mancanza di querela.

L’Analisi della Cassazione sulla Contestazione in Fatto

Il nodo centrale della decisione della Suprema Corte è proprio la corretta interpretazione del concetto di contestazione in fatto. Un’aggravante può essere ritenuta valida anche se non è esplicitamente menzionata con il riferimento normativo, a patto che la descrizione del fatto nell’imputazione contenga tutti gli elementi costitutivi in modo chiaro e preciso. Questo per garantire il pieno diritto di difesa dell’imputato.

La Corte richiama i principi stabiliti dalle Sezioni Unite (sentenza Sorge, 2019), sottolineando che l’imputato non può essere gravato dell’onere di desumere da solo la presenza di accuse non esplicitate, specialmente quando queste includono elementi valutativi.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha ritenuto che, nel caso specifico, non vi fosse una valida contestazione in fatto. Diversi indicatori hanno portato a questa conclusione:

1. Specificità dell’Accusa Originaria: Il pubblico ministero aveva contestato espressamente solo l’aggravante del mezzo fraudolento, descrivendola analiticamente.
2. Silenzio dei Giudici di Merito: La sentenza di primo grado non faceva alcun riferimento all’aggravante del pubblico servizio, né per affermarla né per escluderla.
3. Indeterminatezza dell’Accusa: L’insieme di questi elementi ha creato una “sostanziale indeterminatezza” sull’effettiva accusa. L’imputato e la sua difesa non sono mai stati messi nella condizione di discutere e difendersi specificamente su questa circostanza.

La Corte ha stabilito che l’aggravante è stata valutata per la prima volta solo dal giudice d’appello, unicamente per risolvere la questione della procedibilità sopravvenuta, senza che il pubblico ministero l’avesse mai contestata o che fosse stata oggetto di dibattito. Questo ha comportato una violazione del diritto di difesa.

Le Conclusioni

Esclusa la sussistenza dell’aggravante del bene destinato a pubblico servizio, il reato di furto di energia elettrica, aggravato solo dal mezzo fraudolento, rientra tra quelli divenuti procedibili a querela dopo la Riforma Cartabia. Poiché la persona offesa (la società erogatrice di energia) non ha mai sporto querela nei termini previsti dalla disciplina transitoria, l’azione penale non poteva essere proseguita.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna, dichiarando l’improcedibilità per difetto di querela. Questa decisione ribadisce la centralità del principio di precisione e chiarezza dell’accusa come garanzia fondamentale per un giusto processo.

Quando un’aggravante può considerarsi contestata ‘in fatto’ anche se non è scritta nel capo d’imputazione?
Un’aggravante si considera ‘contestata in fatto’ quando, pur mancando il riferimento normativo esplicito, il capo d’imputazione descrive in modo chiaro e preciso tutti gli elementi fattuali che la compongono, così da permettere all’imputato di comprenderla pienamente e difendersi adeguatamente.

Perché il furto di energia elettrica, in questo caso, è stato dichiarato improcedibile per mancanza di querela?
Perché la Cassazione ha escluso la ‘contestazione in fatto’ dell’unica aggravante (bene destinato a pubblico servizio) che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Senza tale aggravante, a seguito della Riforma Cartabia, il reato è diventato procedibile solo a querela. Poiché la querela non era stata presentata, l’azione penale non poteva più essere proseguita.

Cosa ha ritenuto decisivo la Corte per escludere la contestazione in fatto dell’aggravante?
La Corte ha ritenuto decisiva la ‘sostanziale indeterminatezza’ dell’accusa. L’imputazione menzionava espressamente un’altra aggravante (il mezzo fraudolento), il giudice di primo grado non aveva mai fatto cenno a quella del pubblico servizio e il pubblico ministero non l’aveva mai sollevata. Considerarla solo in appello ha leso il diritto di difesa dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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