Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17735 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17735 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. 52 sez.
NOME COGNOME
U.P. – 14/01/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 31733/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME LuigiCOGNOME nato a Reggio Emilia il 29-01-1965, avverso la sentenza del 03-05-2024 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata dal difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Firmato Da: NOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 61c66a81e7975e7a – Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 4252c50a03c35012
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 524a6d43ea6db797
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 3 maggio 2024, la Corte di appello di Bologna confermava la decisione emessa il 15 settembre 2022 dal Tribunale di Modena, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000 (capo B), reato a lui contestato per avere distrutto o comunque occultato le scritture contabili della ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE di NOME NOME ‘ , relativamente ai periodi di imposta 2005, 2006 e 2007, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari dell’impresa . Fatto commesso in luogo sconosciuto tra il mese di novembre 2009 e il mese di giugno 2010.
Già in primo grado erano stati invece dichiarati estinti per prescrizione i reati di cui agli art. 4 (capo A) e 11 (capo C) del d. lgs. n. 74 del 2000.
Avverso la sentenza della Corte di appello felsinea, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
Con il primo, è stata eccepita la nullità della sentenza impugnata per l ‘erronea applicazione degli art. 191 cod. proc. pen., in relazione all’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., nonché agli art. 178 e 526 cod. proc. pen., dolendosi la difesa dell’utilizzo da parte dei giudici di merito di documenti illegittimamente acquisiti, con particolare riferimento alle dichiarazioni della consulente NOME COGNOME, riportate nell’avviso di accertamento acquisito e richiamate dal Tribunale. A ciò si aggiunge che la Corte di appello ha fondato la responsabilità del ricorrente sul fatto che questi non avrebbe fornito alcuna spiegazione in merito al suo comportamento omissivo penalmente rilevante, salvo poi contraddirsi precisando che l’imputato ha giustificato la sua condotta fornendo una denuncia di smarrimento di documenti, denuncia che apoditticamente è stata ritenuta dai giudici di appello compatibile con le condotte di occultamento o di distruzione.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea individuazione del tempus commissi delicti , rilevando che l’accusa ha contestato la data di commissione del reato in forma ‘chiusa’, cioè dal novembre 2009 al giugno 2010, per cui, in mancanza di contestazioni suppletive del P.M. ai sensi degli art. 516 e 521 cod. proc. pen. , i giudici di merito non potevano tenere conto dell’eventuale protrarsi della consumazione, pur in presenza di un reato permanente.
Con il terzo e ultimo motivo, oggetto di doglianza è l’omessa valutazione degli elementi di prova e delle risultanze testimoniali in relazione all’accertamento della responsabilità di COGNOME evidenziandosi che prima il Tribunale e poi la Corte territoriale hanno erroneamente affermato che il reato contestato può essere integrato anche dalla mancata consegna delle scritture contabili, mentre, come precisato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità
del la fattispecie criminosa di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000, è richiesta una condotta commissiva tale da impedire la ricostruzione del volume di affari o redditi, condotta questa non ravvisabile nel caso di specie, avendo i giudici di merito omesso altresì di motivare in ordine al dolo specifico del reato.
2.1. Con memoria del 4 dicembre 2024, l’avvocato NOME COGNOME, difensore di COGNOME, ha insistito nell’accoglimento del ricorso e nella richiesta di annullamento della sentenza impugnata, ribadendo in particolare, rispetto al secondo motivo di ricorso, che, nel caso di contestazione di un reato permanente nella forma cd. chiusa, come quella per cui si è proceduto, il giudice può tenere conto dell’eventuale protrarsi della consumazione solo se ciò sia oggetto di ulteriore contestazione ex art. 516 cod. proc. pen., come precisato da una recente pronuncia di legittimità (il riferimento è a Sez. 3, n. 37938 del 03/10/2024).
In relazione al terzo motivo di ricorso, si sottolinea che nel caso di specie è stato possibile ricostruire l’ammontare dei redditi anche mediante l’utilizzo della documentazione fornita dall’imputato, come si desume dall’avviso di accertamento emesso in data 6 ottobre 2011 dall’Agenzia delle Entrate di Modena e acquisito all’udienza del 13 gennaio 2022 , per cui il reato contestato non poteva essere ritenuto sussistente, non essendo a tal fine sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la mancata tenuta delle scritture contabili, essendo invece necessario un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili, la cui tenuta è obbligatoria per legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo e il terzo motivo sono infondati, mentre è meritevole di accoglimento il secondo, da ciò conseguendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il residuo reato di cui al capo B estinto per prescrizione.
Iniziando dal primo motivo, occorre evidenziare che alcun utilizzo indebito di atti inutilizzabili risulta comprovato nel caso di specie, avendo i giudici di merito legittimamente valorizzato gli esiti della verifica fiscale compiuta nei confronti della ditta amministrata dall’imputato dalla Direzione Provinciale di Modena dell’Agenzia delle Entrate, per come sintetizzati in dibattimento dal funzionario escusso, il quale ha ripercorso le fasi essenziali dell’accertamento compiuto dal suo Ufficio .
La censura difensiva, formulata peraltro in termini non adeguatamente specifici, appare quindi infondata, tanto più ove si consideri che, come efficacemente sostenuto dalla Corte territoriale (pag. 5 della sentenza impugnata), ‘le prove documentali non sono state poste a fondamento della decisione se non altro per l’ovvia considerazione che il reato in contestazione si accerta non attraver so l’esame dei documenti rinvenuti, ma sulla scorta di quelli non trovati’.
2. Privo di fondamento è anche il terzo motivo, non confrontandosi il ricorso con le pertinenti considerazioni delle due conformi sentenze di merito, nelle quali è stato evidenziato , sulla scorta degli accertamenti compiuti dall’Agenzia delle Entrate, che COGNOME, dopo aver ritirato dalla società depositaria delle scritture contabili (RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE) le fatture 2008, il libro giornale riferito agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008, nonché le schede conto riferite ai medesimi anni, ha occultato tali documenti, evidentemente al fine di celare plurime e consistenti violazioni fiscali, oggetto dell’avviso di accertamento THH01T903841/2011, essendo risultate inverosimili le denunce di smarrimento delle scritture contabili presentate dall’imputato, in quanto del tutto generiche e assertive, non essendo stata fornita alcuna indicazione rispetto al luogo in cui erano custoditi i documenti. Peraltro, proprio l’elevato importo delle imposte accertate come evase (130.307 euro di irpef, 13.467 euro di irap e 240.138 euro di iva) vale a rendere palese l’intenzione sottesa all’occultamento delle scritture contabili da parte di NOME.
Di qui l’infondatezza delle obiezioni in punto di responsabilità, con le quali si sollecita in sostanza una lettura alternativa del materiale probatorio, operazione questa estranea al perimetro del giudizio di legittimità, dovendosi richiamare la costante affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
3. Il secondo motivo è invece fondato.
Rispetto al computo della prescrizione, deve innanzitutto premettersi, da un lato, che all’imputato è stata contestata e applicata la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale e , dall’altro, che l’epoca del fatto è stata così delimitata nell’imputazione: ‘tra il mese di novembre 2009 e il mese di giugno 2010 ‘.
Ciò impone non solo di escludere l’operatività dell’elevazione dei termini di cui all’art. 17, comma 1 bis , del d. lgs. n. 74 del 2000, ma anche di non estendere la proiezione temporale della condotta, qualificata dai giudici di merito non come distruzione ma come occultamento, fino all’epoca di conclusione dell’accertamento fiscale (6 ottobre 2011), essendosi in presenza di una ‘contestazione chiusa’ .
Al riguardo deve infatti richiamarsi la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 37938 del 03/10/2024, non mass., Sez. 2, n. 20798 del 20/04/2016, Rv. 267085, Sez. 2, n. 49177 del 17/11/2015, Rv. 265512 e Sez. 3, n. 29701 del 14/05/2008, Rv. 240750 -), secondo cui, nel caso di contestazione di un reato
permanente nella forma cosiddetta ‘ chiusa ‘ , con precisa indicazione della data di cessazione della condotta illecita (ad es. con la formula ‘ accertato fino al… ‘ ), il giudice può tener conto dell ‘ eventuale protrarsi della consumazione soltanto se ciò sia oggetto di un ‘ ulteriore contestazione ad opera del pubblico ministero ex art. 516 cod. proc. pen.; qualora invece il reato permanente sia stato contestato in forma c osiddetta ‘ aperta ‘, essendosi il P.M. limitato a indicare solo la data di inizio della consumazione, ovvero quella dell ‘ accertamento, il giudice può valutare, senza necessità di contestazioni suppletive, anche la condotta criminosa eventualmente posta in essere fino alla data della sentenza di primo grado.
Ribadito che l’imputazione elevata a carico di COGNOME è stata chiaramente circoscritta dal punto di vista temporale ed evidenziato che non sono state operate contestazioni suppletive sul punto, deve osservarsi che, facendo riferimento al limite cronologico ultimo della condotta (giugno 2010), il reato si è prescritto prima della data di emissione della sentenza impugnata (3 maggio 2024).
E invero, facendo riferimento alla cornice edittale del reato vigente all’epoca del fatto (da 6 mesi a 5 anni di reclusione), va applicato sul limite massimo di pena l’aumento di due terzi per la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale , in forza del principio stabilito da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 26868 del 19/04/2019, Rv. 276016), secondo cui, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, nei casi di delitti puniti, nel massimo, con la pena inferiore a sei anni di reclusione, ove sia contestata una circostanza ad effetto speciale, l ‘ aumento per detta aggravante va operato sulla pena massima stabilita per il reato consumato o tentato e non sul termine dei sei anni previsto dall ‘ art. 157 cod. pen. Dunque, alla luce dell’aumento ex art. 161 cod. pen. il termine massimo di prescrizione risulta pari a 13 anni, 6 mesi e 20 giorni (anni 8 e mesi 4 più due terzi), termine cui va aggiunto l’ulteriore periodo di mesi 2 e giorni 9 per l’unica sospensione intervenuta, con la conseguenza che il termine finale di prescrizione risulta maturato il 1° marzo 2024, ovvero prima della pronuncia oggetto di ricorso. La sentenza impugnata deve essere quindi annullata senza rinvio, per essere il residuo reato di cui all’art. 10 del d. lgs. n. 74 del 2000 estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il residuo reato è estinto per prescrizione.
Così deciso il 14.01.2025
Il consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Gastone COGNOME