Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14841 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14841 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Vigarano Mainarda l’ DATA_NASCITA
avverso la sentenza del M/12/2023 della Corte di appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte di appello di Bologna, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Ferrara in data 29 gennaio 2021, ha assolto NOME dal reato di calunnia ascrittogli, revocando le correlate statuizioni civili.
Nell’ambito dello stesso procedimento con la medesima sentenza di primo grado, con la quale il Tribunale aveva condannato l’imputato NOME per avere calunniato NOME COGNOME presentando in data 1 agosto 2014 una denuncia con cui lo accusava falsamente di avere formato una scrittura privata falsa di riconoscimento di un debito dell’importo di 13.500,00 euro, relativa ad una
prestazione professionale non eseguita, l’imputato COGNOME NOME veniva assolto dalla imputazione per il correlato reato di truffa, al medesimo ascritto in danno dello Xia, per avere formato il predetto falso documento al fine di conseguire l’indebito vantaggio costituito da un credito di pari importo per una prestazione professionale non eseguita.
In sostanza, il procedimento riguarda due imputazioni contestate in via alternativa, essendo quella per il reato di calunnia a carico di NOME basata sulla ipotesi della autenticità della sua firma di sottoscrizione del riconoscimento del debito, mentre quella di truffa a carico di COGNOME NOME, all’opposto, basata sul presupposto della falsità della sottoscrizione da parte di NOME del medesimo atto di riconoscimento del debito.
La sentenza di condanna di NOME è stata appellata diversamente dalla sentenza di assoluzione di COGNOME che è passata in giudicato, avendo la Corte di appello, deciso sul solo appello proposto da NOME, ribaltando la decisione di condanna, avendo ravvisato l’assenza di elementi di prova certa della autenticità della sottoscrizione del predetto documento.
Tramite il proprio difensore di fiducia, COGNOME NOME, nella qualità di parte civile costituita nei confronti dell’imputato NOME, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di seguito sintetizzato.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. c) ed e), cod. proc. pen. per avere la Corte di appello assolto l’imputato NOME, senza considerare che l’assoluzione del COGNOME dall’accusa alternativa a suo carico per truffa e abuso di foglio in bianco è divenuta intangibile e quindi non suscettibile di rivalutazione.
In particolare, la sentenza non si confronta con la questione dell’intangibilità del giudicato in merito all’insussistenza della falsificazione della firma oggetto di contestazione.
Tale preclusione derivante dal collegato giudicato parziale avrebbe impedito alla Corte di appello di rivalutare la perizia grafologica della dott.ssa COGNOME che ha portato all’assoluzione del COGNOME, sul rilievo che la firma era da ritenersi autografa dello Xia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza della questione dedotta.
La Corte di appello, in assenza di elementi di prova certa che potessero riscontrare l’una o l’altra tesi, a fronte di una perizia grafologica che, pur s ritenuta più attendibile, era stata contrastata da precedenti consulenze
grafologiche, ha ritenuto che la ricostruzione del fatto restasse incerta ed ha conseguentemente assolto lo NOME dall’accusa di calunnia.
Il ricorso non investe la coerenza logica della motivazione di assoluzione ma pone solo una questione di carattere processuale, assumendo l’esistenza di una preclusione alla rivalutazione del fatto, per essersi formato il giudicato di assoluzione nei confronti del COGNOME rispetto al dato di fatto della verificat autenticità della sottoscrizione del riconoscimento del debito.
Tale preclusione non ha alcun fondamento.
La peculiarità della formulazione di due capi di imputazione a carico di due imputati chiamati a rispondere ciascuno di un reato a danno reciproco dell’altro, in via alternativa, nel senso che la fondatezza dell’accusa nei confronti dell’uno esclude quella nei confronti dell’altro, implica l’assoluzione di entrambi gli imputati come conseguenza dell’incertezza di individuare quale delle due versioni contrapposte sia quella vera.
Pur nella singolarità di una contestazione nei confronti di due imputati formulata nella consapevolezza che entrambi gli imputati possano essere alternativamente innocenti o colpevoli, la contestazione alternativa formulata in questi termini, una volta ammessa e pervenuta a giudizio, non può comportare alcuna preclusione nel giudizio di appello promosso dall’unico imputato condannato in primo grado.
In caso di contestazione alternativa, la decisione del primo Giudice che prescelga una delle ricostruzione alternative del medesimo fatto, può definire un solo capo della sentenza rispetto a colui che ne è l’imputato, ma non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato oggetto del capo alternativo nei confronti dell’altro imputato, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione proposta da uno solo dei due imputati, l’imputazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame senza vincoli di giudicato derivanti dalla mancata impugnazione da parte del Pubblico Ministero della contestazione in via alternativa formulata nei confronti dell’altro imputato.
Ciò perché il giudicato parziale formatosi per effetto della mancata impugnazione da parte del Pubblico Ministero della pronuncia di assoluzione emessa nel giudizio di primo grado nei confronti dell’altro imputato che sia stato assolto in ipotesi anche per insussistenza del fatto non può impedire al giudice dell’appello, investito dall’impugnazione proposta dal solo imputato condannato, la piena cognizione del medesimo fatto con la conseguente possibilità di pervenire, come avvenuto nella specie, ad una ricostruzione diversa e opposta rispetto a quella del primo Giudice.
L’appello proposto dall’imputato condannato per il reato relativo all’accusa alternativa a quella da cui l’altro imputato è stato assolto non può precludere al
Giudice dell’appello di rivalutare il fatto nella sua interezza in quanto inscindibile anche pervenendo ad una valutazione difforme da quella del primo giudice, con il solo limite di non poter riformare l’assoluzione dell’altro imputato in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero.
Altrimenti opinando, l’imputato condannato sarebbe privato del potere di appellare autonomamente la propria condanna non potendo il predetto evidentemente impugnare l’assoluzione dell’altro imputato riservata per legge al Pubblico Ministero, ed essendo perciò irrilevante che nei confronti dell’altro imputato per il reato contestato in via alternativa ed opposta si sia formato il giudicato assolutorio.
Nessuna rivalutazione in questa sede è ovviamente consentita sulla questione di fatto dell’accertamento dell’autenticità o meno della firma di sottoscrizione del riconoscimento del debito, perchè non consentita in sede di legittimità, mentre il profilo processuale dedotto sul presunto carattere vincolante del giudicato assolutorio basato sulla difforme valutazione della perizia e delle consulenze grafologiche di esito opposto è – come osservato – manifestamente privo di fondamento.
Sebbene nella sentenza di primo grado che ha assolto COGNOME e condannato NOME sia stata affermata e riconosciuta l’autenticità della firma di sottoscrizione da parte di quest’ultimo del riconoscimento del debito, tale valutazione poteva essere liberamente rivalutata dal Giudice dell’appello per effetto dell’impugnazione proposta dal solo imputato condannato in primo grado, non potendosi ritenere formata alcuna preclusione sul punto in ragione del potere di cognizione del giudice dell’impugnazione esteso alla valutazione del fatto nella sua interezza.
Il dato probatorio dell’autenticità della firma di sottoscrizione poteva essere liberamente rivalutato dal giudice di appello rispetto a quello di primo grado con riferimento all’imputazione ascritta all’appellante non comportando una rivalutazione della responsabilità dell’altro imputato, la cui assoluzione resta comunque ferma.
Va, infine, osservato che il contrasto di giudicati che può assumere rilevanza in sede di revisione penale riguarda i fatti accertati che siano stati posti a fondamento di una pronuncia di condanna, ma non anche i fatti difformi che siano stati oggetto di valutazione rispetto a due pronunce di assoluzione, e che, in ogni caso, la difformità di valutazioni rappresenta un dato fisiologico nel rapporto tra sentenze di primo e secondo grado quando le impugnazioni abbiano investito solo uno dei capi di imputazione tra loro alternativi.
2. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare
in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2025
estensore TARGA_VEICOLO
Il RAGIONE_SOCIALE»
Il Presidente