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Contestazione aggravante: quando il reato è procedibile

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di non doversi procedere per furto di energia elettrica per mancanza di querela. La Corte ha stabilito che la descrizione dei fatti nell’imputazione originale (allaccio alla rete pubblica) era sufficiente a configurare una contestazione aggravante di fatto, rendendo il reato procedibile d’ufficio. In subordine, ha affermato che il Pubblico Ministero aveva comunque il diritto di contestare formalmente l’aggravante in udienza, anche dopo la scadenza del termine per la querela, per ripristinare la corretta procedibilità del processo.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contestazione aggravante: quando il reato è procedibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 26149/2024) offre chiarimenti cruciali sulla contestazione aggravante e sulla procedibilità dei reati a seguito di modifiche normative, come quelle introdotte dalla Riforma Cartabia. La decisione sottolinea come la descrizione fattuale dell’accusa possa prevalere sulla formale citazione di una norma, determinando se un reato sia perseguibile d’ufficio o necessiti di una querela.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un procedimento per furto aggravato di energia elettrica. Durante il processo, è entrata in vigore una nuova normativa (d.lgs. n. 150/2022) che ha modificato il regime di procedibilità per tale reato, rendendolo perseguibile solo a seguito di querela della persona offesa. Poiché nel caso di specie la querela mancava e il termine per presentarla era scaduto, il Tribunale di primo grado aveva dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale.

Contro tale decisione, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso diretto in Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse errato. In udienza, il PM aveva tentato di effettuare una contestazione suppletiva, evidenziando la presenza dell’aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio (art. 625, n. 7, c.p.), che avrebbe reso il reato procedibile d’ufficio. Il Tribunale, tuttavia, aveva ritenuto tardiva tale contestazione, considerando già maturata la causa di improcedibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le censure mosse alla decisione del Tribunale, basando la propria decisione su due principi fondamentali.

Le Motivazioni: La Contestazione Aggravante e il Potere del PM

Le motivazioni della Corte si snodano lungo due direttrici principali, entrambe volte a riaffermare la prevalenza della sostanza sulla forma e a tutelare il principio di obbligatorietà dell’azione penale.

La Sufficienza della “Contestazione in Fatto”

Il primo e più importante motivo di accoglimento si fonda sul concetto di “contestazione in fatto”. La Corte ha osservato che la formulazione originale del capo d’imputazione, pur non menzionando esplicitamente l’art. 625, n. 7, c.p., descriveva una condotta che integrava pienamente tale aggravante. L’accusa parlava infatti di un “allaccio diretto alla rete di distribuzione dell’ente gestore”.

Secondo la Cassazione, questa descrizione era di per sé sufficiente a informare l’imputato che l’accusa riguardava la sottrazione di un bene destinato a un servizio pubblico. Di conseguenza, il reato era da considerarsi procedibile d’ufficio fin dall’inizio, e la successiva mancanza di querela era irrilevante. Il Tribunale ha quindi errato nel dichiarare l’improcedibilità, poiché non ha correttamente valutato il contenuto sostanziale dell’accusa.

Il Potere del PM di Modificare l’Imputazione

In via subordinata, la Corte ha affermato che, anche qualora la contestazione originaria non fosse stata ritenuta sufficiente, il Tribunale avrebbe comunque dovuto consentire al Pubblico Ministero di effettuare la contestazione suppletiva in udienza. I giudici hanno chiarito che la maturazione di una causa di improcedibilità (come la scadenza del termine per la querela) non cristallizza la situazione processuale al punto da impedire al PM l’esercizio dei suoi poteri, tra cui quello di modificare l’imputazione ai sensi dell’art. 517 c.p.p.

Questo potere è una manifestazione diretta del principio di obbligatorietà dell’azione penale e serve a garantire che il processo si svolga sulla base della corretta qualificazione giuridica dei fatti emersi. Impedire tale contestazione avrebbe significato far dipendere la prosecuzione di un giudizio dalla tempistica, spesso casuale, dei rinvii processuali, anziché dalla reale natura del reato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche:

1. Valorizzazione del Capo d’Imputazione: Ribadisce che l’imputazione deve essere letta nel suo contenuto fattuale. Una descrizione chiara e dettagliata può essere sufficiente a integrare circostanze aggravanti, con tutte le conseguenze in termini di procedibilità e di pena, anche senza il formale richiamo normativo.
2. Poteri del Pubblico Ministero: Conferma l’ampiezza dei poteri del PM nel corso del dibattimento, incluso quello di adeguare l’accusa alle risultanze processuali per garantire la corretta applicazione della legge penale.
3. Gestione delle Riforme Processuali: Fornisce un’importante chiave di lettura per gestire le fasi di transizione normativa. La sopravvenuta mancanza di una condizione di procedibilità non preclude automaticamente al PM di intervenire per riportare il processo sui binari della procedibilità d’ufficio, se i presupposti di fatto esistono.

Un reato può essere procedibile d’ufficio solo in base ai fatti descritti nell’accusa, anche se la specifica norma sull’aggravante non è citata?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che una “contestazione in fatto”, ossia una descrizione chiara e precisa nell’imputazione degli elementi che costituiscono un’aggravante, è sufficiente a qualificare il reato come procedibile d’ufficio, anche in assenza del richiamo esplicito alla norma di legge.

Il Pubblico Ministero può aggiungere un’aggravante che rende il reato procedibile d’ufficio dopo che è scaduto il termine per presentare la querela?
Sì. Secondo la Corte, la maturazione di una causa di improcedibilità, come la scadenza del termine per la querela a seguito di una modifica normativa, non impedisce al Pubblico Ministero di esercitare il suo potere di modificare l’imputazione in udienza per contestare un’aggravante che ripristini la procedibilità d’ufficio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale?
La sentenza è stata annullata perché il Tribunale ha commesso un duplice errore: in primo luogo, non ha riconosciuto che i fatti descritti nell’imputazione originale (furto di energia tramite allaccio alla rete pubblica) già integravano un’aggravante che rendeva il reato procedibile d’ufficio; in secondo luogo, ha illegittimamente impedito al Pubblico Ministero di formalizzare tale contestazione aggravante durante l’udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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