Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19231 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19231 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CUI 06751RA) nato a ROMA il 21/09/1963
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia emessa in data 21 dicembre 2021 dal locale Tribunale, con cui l’imputat COGNOME NOME è stato condannato alla pena, ridotta per il rito abbrevi nonché in applicazione delle circostanze attenuanti generiche, di anni due, me otto dì reclusione ed euro 12.000 dì multa, in ordine al reato dì cui all’a comma 1, D.P.R. n. 309/1990, relativo alla detenzione per cessione a terzi di 43,03 lordi di sostanza stupefacente di tipo cocaina pari a circa 178 d commesso in Roma 1’8 ottobre 2021.
Avverso tale sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia propone ricorso per cassazione, articolato in tre distinti motivi.
Con il primo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. difetto della motivazione relativamente alla mancata riqualificazione giuridica fatto nell’illecito amministrativo di cui all’art. 75 d.P.R. n. 309/1990, tratta acquisto di assuntore finalizzato al consumo di gruppo di stupefacente.
Con il secondo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) c proc. pen., violazione di legge e vizio della motivazione, in ordine al manc riconoscimento della fattispecie di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/19
Con il terzo deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. vizio della motivazione con riguardo all’omesso riconoscimento del comma 7 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/1990.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto tutti i profi doglianza si concretano in censure non consentite dalla legge in questa sede legittimità perché in tutto generiche e aspecifiche, che non si confrontano co sentenza impugnata che, invece, reca appropriata motivazione, basata su definit e significative acquisizioni probatorie ed immune da vizi logico-giuridici. I modo, l’impugnazione omette di assolvere la tipica funzione di una criti argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Sez. U, n. 8825 d 27/10/2016 (dep. 2017), COGNOME Rv. 268822 – 01)
Con riguardo al primo motivo di ricorso, la Corte territoriale ha b argomentato sull’esclusione della configurabilità dell’ipotesi del consumo gruppo, in quanto nel caso di specie, alla stregua dell’orientame giurisprudenziale di legittimità, mancano le condizioni affinché possa esse riconosciuta, essendosi l’imputato limitato a dichiarare in sede di interrogator avere acquistato lo stupefacente con il fine di cederlo ad una serie di sogge cambio di corrispettivo non specificando chi fossero (foglio 4 della senten impugnata) (cfr. Sez. 6, n. 37078/2007, Rv. 237274; Sez. 6, n. 31456/2004, Rv 229272).
In riferimento al secondo motivo, i giudici del gravame hanno, con adeguata ed esaustiva motivazione, ritenuto di non riqualificare il fatto nell’ipotesi di lie
entità di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309/1990, in considerazione del quantitativo di stupefacente sequestrato, del numero di dosi ricavabili, degli
strumenti rinvenuti, quali bilancino di precisione e materiale di confezionamento, indicativi della destinazione al mercato della sostanza (foglio 4 della sentenza
impugnata) (cfr. Sez. 3, n. 12551/2023, Rv. 284319; Sez. 4, n. 7464/2019, Rv.
278615; Sez. 6, n. 1428/2017, Rv. 271959).
In ordine all’ultimo motivo di ricorso, la Corte ha, altresì, correttamente rigettato la richiesta di riconoscimento dell’attenuante di ravvedimento operoso di
cui al comma 7 dell’art. 73 D.P.R. n. 309/1990, in quanto, in osservanza alla consolidata giurisprudenza di legittimità, l’imputato ha solo tentato di
ridimensionare la portata della sua responsabilità per fronteggiare un compendio indiziario grave, univoco e concordante derivato dall’accertamento fattuale (foglio
5 della sentenza impugnata) (cfr. Sez. 3, n. 31767/2022, Rv. 283823; Sez. 4, n.
3946/2021, Rv. 280385; Sez. 3, n. 25044/2020, Rv. 279711).
All’inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 13 maggio 2025
Il Consigliere estensore