Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20578 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato ad Avezzano il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa il 06/04/2023 dalla Corte d’Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito i difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 06/04/2023, la Corte d’Appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza emessa in data 09/03/2022 dal Tribunale di Roma, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione a plurime condotte di cessione di cocaina a lui ascritte ai capi da 1 a 69 della rubrica: tale condanna era stata pronunciata per tutti i reati ad eccezione dei capi 33, 25, 52, 37, 10, 8, 58 (limitatamente alla cessione a
COGNOME NOME) e 61 (limitatamente alla cessione a tale NOME), in relazione ai quali il Tribunale aveva assolto il COGNOME per insussistenza del fatto.
In particolare, la Corte d’Appello ha assolto l’imputato anche dai reati di cui ai capi 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 22, 23, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 34, 38, 39, 40, 42, 45, 48, 56, 57, 59, 60, 61 (escluso il fatto commesso il 05/01/2018), 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69 perché il fatto non sussiste. Quanto ai residui reati di cui ai capi 32, 53, 1, 24, 51, 46, 2, 11, 7, 21, 9, 55, 62, 61, La Corte territori ha ritenuto applicabile l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 30 del 1990, rideterminando conseguentemente il trattamento sanzionatorio e confermando nel resto.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla mancata riconduzione al consumo di gruppo dei fatti rubricati ai capi 1, 32 e 21. Si censura la sentenza per non aver trattato la questione, oggetto di uno specifico motivo di appello anche alla luce di quanto dichiarato dai testi indicati dalla difesa: si evidenzia altresì il carattere va e forzato della motivazione secondo cui l’esistenza di rapporti amicali, e di pregressi consumi di gruppo, non potevano escludere l’attività di spaccio del COGNOME.
Con specifico riferimento al capo 1, la difesa censura il riferimento della Corte territoriale, quale elemento di riscontro, ad una consegna di stupefacente dal COGNOME al COGNOME, trattandosi di elemento inesistente; quanto al capo 21, si censura l’acritico recepimento della motivazione adottata dal primo giudice circa la sufficienza dell’accertato appuntamento in ora notturna con la COGNOME; anche quanto al capo 32, si censura la sentenza per non aver in alcun modo preso in considerazione che lo stupefacente oggetto della telefonata fosse oggetto di un acquisto di gruppo.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento ai capi 1, 32, 7, 9, 21. Dopo aver richiamato il contenuto delle deposizioni testimoniali relative al consumo di stupefacenti insieme al COGNOME, la difesa deduce, quanto al capo 1, il già menzionato travisamento relativo ad una consegna dal ricorrente a tale COGNOME, e il carattere apparente della motivazione secondo cui il consumo di gruppo non può escludere lo spaccio. Quanto al capo 32, si ribadisce che il tenore del colloquio tra il COGNOME e il COGNOME, avente ad oggetto lo stupefacente che quest’ultimo non trovava, non poteva escludere che si trattasse di acquisto per uso di gruppo. Quanto al capo 7, si censura la motivazione della sentenza volta ad ascrivere al COGNOME la cessione, nonostante l’acquirente COGNOME avesse acquistato da altra persona, sia pure all’interno del portone dello stabile abitato dal ricorrente Quanto al capo 9, si deduce l’insufficienza della motivazione a sostegno della
cessione, da parte del COGNOME, della cocaina trovata al COGNOME (essendo stata trovata presso il ricorrente solo cocaina per gr. 0,2, senza materiale per il confezionamento né danaro). Quanto al capo 21, si censura il mero riferimento all’appuntamento in ora notturna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alle doglianze prospettate con riferimento al capo 21.
Con riferimento alle censure (che possono qui essere trattate unitariamente) volte a sostenere la riconducibilità delle condotte del COGNOME nell’alveo del consumo di gruppo, occorre richiamare il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «ricorre l’ipotesi di consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, che implica l’irrilevanza penale del fatto, sia nell’ipotesi d acquisto congiunto, che in quella di mandato all’acquisto collettivo ad uno dei consumatori, a condizione che: a) l’acquirente sia uno degli assuntori; b) l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo; c) sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi l sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto» (Sez. 4, n. 24102 del 23/03/2018, Verdoscia, Rv. 272961 – 01, la quale, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che aveva escluso il consumo di gruppo in un caso di acquisto, da parte dell’imputato, di sostanza stupefacente destinata a essere ceduta gratuitamente nell’ambito di feste, di cui non erano noti sin dall’inizio i vari partecipanti).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, appare evidente il carattere reiterativo e aspecifico delle doglianze difensive.
Invero – ed anche a voler prescindere dalla decisione del primo giudice, che ha disposto la trasmissione degli atti al P.M. per le valutazioni di competenza ai sensi dell’art. 372 cod. pen. quanto alle deposizioni dei testi indicati dalla difes volte a negare gli acquisti dal COGNOME, o comunque a ricondurre questi ultimi a consumi di gruppo – la tesi dell’irrilevanza penale delle condotte è prospettata in termini generici, laddove invece la difesa avrebbe dovuto adeguatamente allegare, “episodio per episodio”, la sussistenza di risultanze specificamente idonee a sostenere la ricostruzione proposta, con particolare riferimento ai presupposti specificamente individuati sub a), b) e c) dal precedente giurisprudenziale qui poc’anzi richiamato.
Con riferimento alle doglianze dedotte in relazione ai singoli episodi, è opportuno prendere le mosse dall’indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, del tutto consolidato, secondo cui «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su
aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spess della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, le doglianze difensive non superano – salvo quanto si dirà a proposito del capo 21 lo scrutinio di ammissibilità, risolvendosi nella censura del merito delle valutazioni operate dalla Corte d’Appello (in piena sintonia con il primo giudice, con conseguente necessità di una valutazione congiunta delle argomentazioni svolte dai giudici di merito, secondo i noti principi in tema di “doppia conforme”), e nella reiterata prospettazione di una diversa e più favorevole lettura delle risultanze acquisite, il cui apprezzamento in questa sede è evidentemente precluso.
3.1. Deve in particolare osservarsi, con riferimento ai singoli capi di accusa cui si riferiscono le censure difensive:
quanto al capo 1, l’acquisto di 48 dosi da parte del COGNOME, avvalendosi della disponibilità di COGNOME NOME a recarsi sul luogo dell’acquisto, emerge con assoluta chiarezza dalla dettagliata ricostruzione contenuta alle pagg. 16 segg. della sentenza di primo grado, che evidenzia la “direzione” tramite cellulare dei movimenti del complice da parte del ricorrente, che aveva tentato di chiamare il COGNOME anche dopo il suo arresto. Tutt’altro che illogica risulta l’osservazione della Corte territoriale in ordine alla consistenza dello stupefacente acquistato, mentre il riferimento a “COGNOME“, valorizzato dalla difesa (cfr. pag. 16 della sentenza impugnata), costituisce un evidente lapsus calami, dal momento che il soggetto in contatto con il COGNOME per la fornitura, in quella specifica vicenda, era stato solo il COGNOME;
quanto al capo 32, la difesa richiama la conversazione tra il COGNOME, che chiede al COGNOME – ricevendo risposta negativa – se avesse lasciato qualcosa presso di lui (“tante volte te l’ho lasciata sul letto?”). La spiegazione della Cort territoriale (secondo cui i due alludevano ad un precedente incontro culminato nella cessione dal COGNOME al COGNOME: cfr. pag. 18 seg.) appare immune da censure, essendo stato sottolineato che non avrebbe avuto alcun senso la preoccupazione del COGNOME, se fosse stato quest’ultimo a cedere lo stupefacente al COGNOME. La fondatezza della ricostruzione appare avvalorata dalla reazione del COGNOME – “mo’ la troverò” – alla risposta negativa del ricorrente (reazione riportata a pag. 11 della sentenza di primo grado, non anche all’interno del ricorso): reazione incomprensibile, se il COGNOME avesse davvero ceduto della sostanza all’odierno ricorrente;
quanto al capo 7, la difesa reitera la doglianza volta a sostenere che il COGNOME avesse acquistato la droga non dal COGNOME, ma da altro soggetto. Si tratta di una deduzione priva di adeguato confronto con la motivazione della sentenza impugnata (pag. 17), nella parte in cui si richiama non solo la telefonata tra il COGNOME e il ricorrente relativa all’appuntamento per l’acquisto, ma anche il fatto che l’acquirente, a seguito di specifiche contestazioni in dibattimento, aveva ammesso di aver acquistato lo stupefacente dal COGNOME. Anche in questo caso, ulteriori elementi non confutati dalla difesa si rinvengono dalla sentenza di primo grado: si allude alla conversazione tra i due avvenuta qualche giorno dopo, in cui il COGNOME racconta al COGNOME di essere stato bloccato subito dopo l’acquisto (“io stavo proprio fuori casa tua proprio m’hanno preso, capito”), precisandogli di aver inviato “NOME” per avvisarlo di quanto accaduto, e mettendolo in guardia dall’ulteriore utilizzo del telefono (cfr. pag. 45 seg.);
quanto al capo 9, va evidenziato che il riferimento alla medesima qualità della sostanza trovata al COGNOME, rispetto a quella nella disponibilità del COGNOME (pag. 18 della sentenza impugnata), deve essere integrato con quanto posto in evidenza dal primo giudice (pag. 47). Il COGNOME era stato trovato in possesso anche di un rotolo di nastro isolante nero “del tutto compatibile” con quello che aveva indosso al momento del controllo il COGNOME, che aveva appunto utilizzato tale tipologia di materiale per occultare la cocaina sulla propria pelle. S tratta di un compendio indiziario tutt’altro che illogicamente valorizzato per l’affermazione della penale responsabilità.
3.2. A diverse conclusioni deve invece pervenirsi quanto al capo 21).
La Corte territoriale ha ritenuto sufficiente, per ricondurre al narcotraffico i contatto tra la COGNOME e il COGNOME, il fatto che l’appuntamento era stato concordato per l’una di notte, “orario che logicamente si concilia solo con la necessità di reperire dal COGNOME cocaina” (cfr. pag. 18 della sentenza impugnata). Dal canto proprio, il Tribunale aveva valorizzato la omogeneità del modus operandi rispetto agli altri acquisti di cocaina della COGNOME, di cui ai capi 17), 18), 19), 20) 22) della rubrica (cfr. pag. 46 della sentenza di primo grado).
Deve osservarsi, al riguardo, che non è in questo caso possibile operare una valutazione in chiave accusatoria delle due sentenze di merito, dal momento che – per i capi di accusa qui da ultimo richiamati – il COGNOME è stato assolto in appello. Ed è superfluo evidenziare che il mero riferimento all’orario notturno dell’appuntamento – deprivato del rilevantissimo riscontro offerto dalle pregresse cessioni valorizzate dal primo giudice, ma non confermate in appello – non consente di ritenere che la conferma della condanna del COGNOME, per il capo 21), sia sorretta da motivazione idonea a resistere ai rilievi difensivi.
Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al capo 21), con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma.
Nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità del COGNOME per i reati residui.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo 21) con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Roma. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e irrevocabile l’affermazione di responsabilità per i reati residui.
Così deciso il 3 aprile 2024
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Il Presidente