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Consumo di gruppo: quando è reato? Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, chiarendo i rigidi presupposti per la configurabilità del cosiddetto consumo di gruppo di sostanze stupefacenti. La Suprema Corte ha ribadito che, per escludere il reato, è necessaria la prova di un mandato collettivo all’acquisto, con identità definita dei partecipanti e finalità di consumo immediato e paritario, condizioni non riscontrate nel caso di specie. L’ordinanza conferma inoltre la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Consumo di Gruppo di Stupefacenti: La Cassazione Traccia i Confini

L’acquisto di sostanze stupefacenti destinato all’uso personale condiviso è un tema delicato, che si muove sul confine sottile tra illecito penale e condotta non punibile. Il concetto di consumo di gruppo, in particolare, rappresenta una delle figure più dibattute. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione, ribadendo con fermezza i rigidi criteri necessari per escludere la rilevanza penale della condotta. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i limiti di questa fattispecie.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che ne aveva confermato la condanna. La difesa sosteneva, tra i vari motivi, che la condotta contestata dovesse essere inquadrata nel cosiddetto consumo di gruppo, e quindi non punibile, contestando la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito. Inoltre, il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la pena eccessivamente severa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile, chiudendo la porta a una rivalutazione dei fatti.

I Criteri per il Consumo di Gruppo secondo la Cassazione

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra spaccio e consumo di gruppo. La Suprema Corte ha colto l’occasione per riaffermare un orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui l’ipotesi di consumo di gruppo, per essere penalmente irrilevante, deve soddisfare requisiti molto stringenti e provati. Non è sufficiente che più persone acquistino insieme della droga. È necessario dimostrare:

* Parziale coincidenza soggettiva: La persona che acquista la sostanza deve essere anche uno degli assuntori.
* Certezza del gruppo: L’identità dei componenti del gruppo deve essere chiara e definita sin dall’inizio.
* Volontà condivisa: Tutti i membri devono condividere la volontà di procurarsi la sostanza per un consumo personale paritario.
* Accordo su luogo e tempo: Deve esserci un’intesa precisa sul luogo e sui tempi del consumo.
* Immediatezza: L’acquisizione deve portare a un consumo immediato, senza passaggi intermedi della sostanza tra i membri del gruppo.

In assenza di anche uno solo di questi elementi, l’operazione non può essere qualificata come consumo di gruppo, ma ricade nell’ipotesi di reato, come la cessione o la detenzione ai fini di spaccio.

La Valutazione Discrezionale e le Attenuanti

Un altro punto toccato dalla Corte riguarda la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha ribadito che la valutazione su questo punto è un potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in sede di legittimità non può mirare a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, ma solo a contestare un’eventuale motivazione mancante, illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato perché non riteneva di concedere le attenuanti, condividendo il giudizio del tribunale di primo grado. Pertanto, anche questo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso principalmente perché le censure sollevate dal ricorrente non vertevano su questioni di diritto, ma miravano a una riconsiderazione del merito dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione adeguata e logica sia per escludere la configurabilità del consumo di gruppo, sia per negare le attenuanti generiche. La decisione impugnata si basava su massime di esperienza pertinenti e allineate con quelle del giudice di primo grado, senza che il ricorrente avesse mosso critiche specifiche e pertinenti a tale impianto logico.

Le Conclusioni

Le conseguenze pratiche di questa ordinanza sono chiare. In primo luogo, essa rafforza l’interpretazione restrittiva della nozione di consumo di gruppo, ricordando che l’onere della prova di tutti i requisiti necessari grava su chi la invoca. In secondo luogo, la declaratoria di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3000 euro in favore della cassa delle ammende. La decisione, quindi, funge da monito: un acquisto collettivo di stupefacenti, se non pianificato secondo i rigidi canoni stabiliti dalla giurisprudenza, integra a tutti gli effetti un reato.

Quando l’acquisto di droga tra amici non è considerato reato?
L’acquisto non è considerato reato di spaccio solo se si configura come “consumo di gruppo”. Ciò richiede la prova rigorosa che vi fosse un accordo iniziale tra un gruppo definito di persone per acquistare la sostanza al solo fine di un consumo personale, paritario e immediato, senza passaggi intermedi.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le doglianze sollevate non riguardavano violazioni di legge, ma tentavano di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti. Questo tipo di riesame è precluso alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione del diritto e sulla logicità della motivazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Secondo la legge, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in denaro alla cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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