LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Consumo di gruppo: quando è escluso dalla Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La tesi difensiva basata sul ‘consumo di gruppo’ viene respinta perché le prove, tra cui la testimonianza dell’acquirente e l’osservazione di uno scambio droga-denaro, indicavano una chiara cessione illecita e non un uso condiviso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Consumo di Gruppo: Quando la Difesa non Regge in Cassazione

L’ipotesi del consumo di gruppo di sostanze stupefacenti è una linea difensiva spesso utilizzata per escludere il reato di spaccio. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale difesa, sottolineando come essa debba essere supportata da prove concrete e non possa reggere di fronte a elementi che indicano una chiara transazione commerciale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso e il Percorso Giudiziario

La vicenda giudiziaria prende le mosse dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di cessione di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990, e condannato a sei mesi di reclusione e 800 euro di multa.

Contro questa decisione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: la presunta erronea valutazione dei giudici di merito nell’escludere la configurabilità del consumo di gruppo. Secondo il ricorrente, la cessione della sostanza non era finalizzata allo spaccio, ma a un uso condiviso con l’acquirente.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e non in grado di scalfire la solida motivazione della sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno evidenziato come il ricorso non rappresentasse una critica argomentata, ma si limitasse a riproporre censure già adeguatamente respinte nei precedenti gradi di giudizio.

L’assenza di Prove a Sostegno del Consumo di Gruppo

I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione della Corte territoriale. La versione dei fatti offerta dall’imputato, che sosteneva un accordo per un consumo condiviso, non ha trovato alcun riscontro probatorio. Anzi, era stata categoricamente smentita dalla testimonianza dell’acquirente. Quest’ultimo non solo non ha confermato la tesi del consumo comune, ma ha anche affermato di aver acquistato droga dall’imputato in diverse altre occasioni, delineando un rapporto non occasionale tra venditore e cliente.

La Dinamica Fattuale dello Scambio

Un elemento decisivo è stata la ricostruzione della scena a cui hanno assistito i militari. Essi hanno osservato una classica dinamica di spaccio: l’imputato che consegnava la sostanza e l’acquirente che, in cambio, gli dava del denaro. Questa sequenza, secondo la Corte, è palesemente incompatibile con l’idea di un acquisto congiunto finalizzato a un consumo comune.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di principi consolidati. In primo luogo, un ricorso per cassazione non può limitarsi a una generica doglianza, ma deve confrontarsi specificamente con le ragioni esposte nella sentenza che si intende impugnare. In questo caso, il ricorso era aspecifico e non criticava puntualmente il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che la configurabilità del consumo di gruppo richiede la sussistenza di precise condizioni, che nel caso di specie erano del tutto assenti. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che, per poter parlare di uso di gruppo, è necessario dimostrare un mandato all’acquisto dato da tutti i partecipanti e la destinazione della sostanza all’uso esclusivo dei mandanti. Elementi, questi, completamente mancanti e anzi contraddetti dalle prove raccolte.

La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi logici o giuridici, in quanto basata su acquisizioni probatorie definite e significative che escludevano in modo netto l’ipotesi difensiva.

Conclusioni

La decisione in esame offre importanti spunti pratici. Dimostra che la tesi del consumo di gruppo, per essere accolta, non può basarsi su una mera affermazione di parte, ma deve essere supportata da un solido quadro probatorio. La presenza di uno scambio di denaro, unita alla testimonianza dell’acquirente che nega l’accordo per un uso condiviso e ammette precedenti acquisti, costituisce un ostacolo insormontabile per tale difesa. L’ordinanza ribadisce inoltre le conseguenze di un ricorso inammissibile: la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una cospicua somma alla Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un’impugnazione priva dei requisiti di legge.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è generico, aspecifico e non si confronta adeguatamente con le motivazioni della sentenza impugnata, omettendo di svolgere una critica argomentata e basandosi su censure non consentite in sede di legittimità.

Perché la Corte ha escluso la configurabilità del consumo di gruppo in questo caso?
La Corte ha escluso il consumo di gruppo perché mancavano le condizioni necessarie. La versione dell’imputato non trovava riscontro in quella dell’acquirente, il quale ha anzi confermato di aver acquistato droga in altre occasioni. Inoltre, la scena osservata dai militari era quella di una chiara cessione di droga in cambio di denaro, incompatibile con un consumo comune.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, salvo la presenza di ragioni di esonero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati