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Consumo di gruppo: non si applica al fornitore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5533/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La difesa basata sul cosiddetto “consumo di gruppo” è stata respinta, poiché tale ipotesi non si applica mai al soggetto che cede la sostanza stupefacente, il quale risponde sempre penalmente della propria condotta. La Corte ha inoltre ribadito la piena utilizzabilità delle dichiarazioni rese dagli acquirenti in qualità di testimoni.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Consumo di Gruppo: la Cassazione traccia una linea netta con lo spaccio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su una questione spesso dibattuta nelle aule di tribunale: la distinzione tra lo spaccio di sostanze stupefacenti e il cosiddetto consumo di gruppo. Con una decisione netta, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: chi vende o cede la droga non può mai beneficiare della non punibilità prevista per l’uso di gruppo, anche qualora consumi parte della sostanza insieme all’acquirente.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato per il reato di spaccio di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato aveva ceduto sostanze stupefacenti a due diversi acquirenti. La sua linea difensiva si basava sull’idea che tali cessioni, alcune delle quali a titolo gratuito, rientrassero nella fattispecie del consumo di gruppo, una situazione in cui più persone acquistano insieme la droga per consumarla contestualmente, che non integra il reato di spaccio.

In particolare, la difesa sosteneva che le cessioni fossero finalizzate a un uso comune e condiviso. Tuttavia, le prove raccolte dipingevano un quadro diverso: in un caso, non vi era alcun accordo preventivo per un acquisto condiviso e, anzi, l’imputato era arrivato a minacciare uno degli acquirenti per il mancato pagamento della droga.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire con forza i confini applicativi della figura del consumo di gruppo, escludendo categoricamente che possa essere invocata dal fornitore della sostanza.

Inoltre, la Corte ha respinto anche la censura relativa alla presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dagli acquirenti, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato sulla loro qualifica processuale.

Le Motivazioni

Cessione e Consumo di Gruppo: una distinzione invalicabile

Il cuore della motivazione risiede nella netta separazione che la Corte opera tra la condotta di chi vende e quella di chi acquista per il gruppo. Secondo i giudici, l’ipotesi del consumo di gruppo presuppone che più soggetti si accordino per acquistare insieme la sostanza, diventandone idealmente comproprietari fin dal momento dell’acquisto. In questo scenario, la successiva consegna materiale della propria parte a ciascun componente del gruppo da parte di chi ha materialmente effettuato l’acquisto non è reato.

Questa logica, però, non si applica mai a chi fornisce la sostanza al gruppo. La condotta del fornitore, ovvero la cessione, è sempre penalmente rilevante. Non ha importanza che la cessione sia gratuita o che il venditore si unisca poi al consumo: la sua azione iniziale integra comunque il reato di spaccio. La Corte afferma che solo nei confronti di chi acquista per conto del gruppo è ipotizzabile la non punibilità, non certo a favore di chi vende.

La testimonianza dell’acquirente è valida

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’utilizzabilità delle dichiarazioni degli acquirenti. La difesa sosteneva che non potessero essere utilizzate a carico dell’imputato. La Cassazione ha smontato questa tesi, richiamando un principio pacifico: l’acquirente di modiche quantità di stupefacente per uso personale, se non vi sono indizi di un suo coinvolgimento nello spaccio, deve essere sentito come persona informata sui fatti durante le indagini e come testimone in dibattimento. Il fatto che possa essere soggetto a sanzioni amministrative per il suo consumo personale è irrilevante ai fini della validità e utilizzabilità delle sue dichiarazioni nel processo penale contro il cedente.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio di diritto in materia di stupefacenti. La figura del consumo di gruppo non può essere utilizzata come uno scudo per mascherare vere e proprie attività di spaccio. La Corte di Cassazione ha tracciato una linea chiara: c’è una differenza sostanziale e giuridica invalicabile tra il mandatario di un gruppo che acquista per tutti e il fornitore che vende al gruppo. Quest’ultimo è e rimane uno spacciatore, con tutte le conseguenze penali che ne derivano. La decisione, inoltre, rafforza gli strumenti investigativi, confermando che le testimonianze degli acquirenti sono una fonte di prova pienamente legittima nel processo contro chi cede la sostanza.

Chi vende la droga può invocare il “consumo di gruppo” se ne consuma una parte con l’acquirente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’ipotesi del consumo di gruppo non può mai essere applicata a favore del fornitore della sostanza. La sua condotta di cessione è sempre penalmente rilevante, a prescindere dal fatto che partecipi o meno al consumo successivo.

Perché una cessione di droga non è considerata “consumo di gruppo” anche se non c’è un pagamento in denaro?
Perché il concetto di “consumo di gruppo” si basa su un accordo preventivo tra più persone per acquistare insieme una sostanza, diventandone comproprietari fin dall’inizio. La condotta penalmente irrilevante è la successiva divisione materiale. La condotta di chi, invece, cede la sostanza (anche gratuitamente) a un’altra persona si qualifica come spaccio, in quanto non vi è un mandato comune all’acquisto.

Le dichiarazioni di chi acquista droga per uso personale sono utilizzabili nel processo contro lo spacciatore?
Sì. La Corte ha confermato che l’acquirente di modiche quantità per uso personale è considerato una persona informata dei fatti nelle indagini e un testimone nel processo. Le sue dichiarazioni sono pienamente utilizzabili, e il fatto che egli possa essere soggetto a sanzioni amministrative per il suo consumo non incide sulla validità della sua testimonianza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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