Consumo di gruppo: la Cassazione fissa i paletti probatori per non incorrere nel reato di spaccio
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è da sempre un tema delicato e cruciale nel diritto penale. Una particolare sfumatura di questa problematica riguarda il cosiddetto consumo di gruppo, una situazione in cui una persona acquista droga per sé e per altri amici. Con la recente ordinanza n. 37065/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione, ribadendo un principio fondamentale: per non essere considerati spacciatori, è necessario fornire una prova rigorosa e inequivocabile del mandato ricevuto dagli altri componenti del gruppo. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, per il reato di detenzione di stupefacenti a fine di spaccio, sebbene nella sua forma di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). L’imputato, giudicato con rito abbreviato, aveva ricevuto una pena di sei mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa. Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basando la propria argomentazione principale sulla tesi del consumo di gruppo, che avrebbe dovuto, a suo dire, portare a un’assoluzione per insussistenza del reato, derubricando il fatto a mero illecito amministrativo.
I Motivi del Ricorso e la Tesi del Consumo di Gruppo
Il ricorrente ha presentato tre motivi di censura:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: La difesa sosteneva che la detenzione della sostanza non fosse finalizzata alla cessione a terzi, ma all’uso condiviso con altri consumatori. Mancavano, quindi, gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di spaccio.
2. Vizio di motivazione sulla recidiva: Si contestava l’applicazione automatica della recidiva specifica e reiterata, senza una concreta valutazione della pericolosità sociale dell’imputato.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa lamentava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, considerate un diritto in assenza di elementi ostativi.
Il punto nevralgico del ricorso risiedeva nella qualificazione del fatto come consumo di gruppo, una figura che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, può escludere la responsabilità penale per spaccio. Tuttavia, la sua configurabilità è subordinata a condizioni molto stringenti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, offrendo chiarimenti importanti sull’onere della prova in materia.
L’Onere della Prova nel Consumo di Gruppo
Con riferimento al primo e più importante motivo, i giudici hanno richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 25401/2013), secondo cui la difesa ha l’onere di dimostrare che l’acquirente abbia agito sulla base di un mandato ricevuto dagli altri consumatori. Non basta affermare di aver comprato per un gruppo; è necessario provare:
* L’esistenza di un accordo preventivo.
* L’identificazione certa dei mandanti (gli altri membri del gruppo).
* La raccolta anticipata del denaro necessario all’acquisto.
Nel caso specifico, la difesa si era limitata a generiche allegazioni, senza fornire alcuna prova concreta di aver ricevuto mandato e denaro dagli altri per l’acquisto dello stupefacente. I giudici di merito, al contrario, avevano dettagliatamente descritto le circostanze del ritrovamento della sostanza e la condotta dell’imputato, elementi che deponevano inequivocabilmente per una detenzione finalizzata alla cessione.
Il Rigetto delle Altre Censure
Anche gli altri due motivi sono stati giudicati inammissibili. Per quanto riguarda la recidiva, la Corte ha sottolineato che i giudici di merito non l’avevano applicata automaticamente, ma ne avevano dato atto sulla base di plurime condanne precedenti, incluse due per reati della stessa specie. Questo quadro dimostrava una ‘accentuata inclinazione a delinquere’ e un ‘inserimento persistente nel mercato della droga’.
Infine, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato, non solo per l’assenza di elementi positivi di meritevolezza e la mancanza di un atteggiamento collaborativo, ma anche per la presenza dei precedenti penali specifici. La concessione di tali attenuanti, ricorda la Corte, è un potere discrezionale del giudice, non un diritto dell’imputato.
Conclusioni
L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale: chi viene trovato in possesso di un quantitativo di droga non trascurabile non può semplicemente invocare il consumo di gruppo per evitare una condanna per spaccio. È necessario che la difesa fornisca una prova rigorosa e circostanziata del mandato d’acquisto. In assenza di tale prova, la detenzione della sostanza viene legalmente presunta come finalizzata alla cessione a terzi, con tutte le conseguenze penali che ne derivano. Questa decisione serve da monito sulla necessità di non confondere una condotta di acquisto collettivo, che deve essere provata nei suoi esatti contorni, con l’attività illecita di spaccio.
Quando la detenzione di droga è considerata ‘consumo di gruppo’ e non spaccio?
La detenzione è considerata ‘consumo di gruppo’ solo se chi detiene la sostanza può provare di aver ricevuto un mandato certo e precedente all’acquisto da parte degli altri consumatori, i quali hanno fornito anche il denaro necessario. La prova deve essere rigorosa.
Su chi ricade l’onere di provare che si tratta di consumo di gruppo?
L’onere della prova ricade interamente sulla difesa dell’imputato. Non è sufficiente una semplice affermazione, ma è necessario fornire elementi concreti che dimostrino l’esistenza del mandato da parte del gruppo.
La presenza di precedenti penali specifici può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. Secondo la Corte, i giudici di merito possono legittimamente negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche basandosi sulla presenza di precedenti penali specifici, oltre che sull’assenza di elementi positivi di meritevolezza e di un atteggiamento collaborativo da parte dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37065 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37065 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PARTINICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 9 giugno 2022, con cui NOME COGNOME, in esito a giudizio abbreviato, era stato condannato, in relazione al rea di detenzione a fine di cessione di stupefacente ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, alla pena di mesi sei e giorni 20 di reclusione ed euro 1.147,00 di multa.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di censura, con cui deduce: 1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 73 e 75 d.P.R. n. 309 del 1990 ed agli artt. 25, 192, 533 e 546 cod.proc.pen., in ragione della affermata errata qualificazione del fatto contestato al capo 1) dell’imputazione, in quanto si sarebbe dovuto giungere alla assoluzione, per insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato previsto dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, trattandosi di illecito amministrativo; 2) vizio di motivazione ed erronea applicazione di legge penale, in relazione agli artt. 99, 132 e 133 cod.pen. e 27 Cost., nonché degli artt. 125 e 56 cod.proc.pen., in relazione al riconoscimento della recidiva specifica e reiterata in modo automatico e senza valutare la pericolosità in concreto dimostrata, mediante il rigetto immotivato del motivo di appello e reiterando le ragioni espresse dalla sentenza di primo grado; 3) violazione di legge penale sostanziale e processuale in ragione del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
I motivi sono inammissibili.
Quanto al primo motivo, riferito all’affermato consumo di gruppo della sostanza stupefacente, i giudici di appello hanno replicato agli argomenti introdotti dalla difesa spiegando, in conformità al consolidato orientamento interpretativo (Sez. U, n. 25401 del 31/01/2013, Galluccio, Rv. 255258 – 01), che a fronte dell’impianto accusatorio e delle prove che lo sostengono la difesa avrebbe dovuto dimostrare che l’interessato avesse ricevuto mandato e denaro dagli altri consumatori per l’acquisto dello stupefacente, mentre tale assunto era completamente mancante. La genericità delle allegazioni, anche con riguardo alla preventiva identificazione dei mandanti, rende la censura inammissibile anche per tale profilo. Anche il Tribunale, posto che le sentenze conformi vanno lette congiuntamente, alle pagine 3,4, 5 e 6, ha esaurientemente spiegato nel dettaglio le circostanze del rinvenimento delle sostanze e della condotta del ricorrente, chiaramente deponenti per la detenzione a fine di cessione, nonché la totale assenza di circostanze utili a fornire la prova rigorosa del mandato del gruppo in favore del singolo per l’acquisto della sostanza (si richiama Sez. 6 sentenza n. 7136 del 2013).
Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità, giacché la Corte d’appello, confermando il giudizio del Tribunale, ha dato atto, non solo dell’esistenza di diverse precedenti condanne per reati contro il patrimonio, ma anche di due condanne per reati della stessa specie, da ciò desumendo la accentuata inclinazione a delinquere derivante dall’inserimento persistente nel mercato della droga. Rispetto a tale motivazione, il ricorrente non si confronta, lamentando inesistenti automatismi di giudizio.
Analogo giudizio di inammissibilità va formulato in ordine al terzo motivo, posto che le circostanze attenuanti generiche sono state negate dal Tribunale in ragione dell’assenza di elementi positivi di meritevolezza e della mancanza di atteggiamento collaborativo da parte dell’imputato ed a ciò la Corte di appello ha aggiunto la presenza di precedenti specifici. Si tratta di complessiva motivazione adeguata e corretta ed il ricorrente non ha fatto valere, ai fini della concessione, le specifiche ragioni, ulteriori rispetto a quelle vagliate, per cui si sarebbe determinato l’erroneo disconoscimento. Il riconoscimento o il diniego delle circostanze attenuanti generiche costituiscono l’esplicazione di un potere discrezionale del giudice del merito, il quale non è tenuto in particolare a motivare il diniego ove, in sede di conclusioni, non sia stata formulata specifica istanza con l’indicazione delle ragioni atte a giustificarne il riconoscimento (Sez. 3, Sentenza n. 26272 del 07/05/2019 Rv. 276044 – 01).
Per tali ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.