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Consumo di gruppo: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. L’imputato sosteneva si trattasse di un ‘consumo di gruppo’, ma la Corte ha ribadito che per escludere il reato è necessario fornire la prova rigorosa di un mandato ricevuto dagli altri consumatori per l’acquisto della sostanza, prova che nel caso di specie era del tutto assente. L’ordinanza sottolinea come la semplice allegazione non sia sufficiente a superare l’impianto accusatorio.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Consumo di gruppo: la Cassazione fissa i paletti probatori per non incorrere nel reato di spaccio

La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e quella finalizzata allo spaccio è da sempre un tema delicato e cruciale nel diritto penale. Una particolare sfumatura di questa problematica riguarda il cosiddetto consumo di gruppo, una situazione in cui una persona acquista droga per sé e per altri amici. Con la recente ordinanza n. 37065/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione, ribadendo un principio fondamentale: per non essere considerati spacciatori, è necessario fornire una prova rigorosa e inequivocabile del mandato ricevuto dagli altri componenti del gruppo. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, per il reato di detenzione di stupefacenti a fine di spaccio, sebbene nella sua forma di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). L’imputato, giudicato con rito abbreviato, aveva ricevuto una pena di sei mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa. Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basando la propria argomentazione principale sulla tesi del consumo di gruppo, che avrebbe dovuto, a suo dire, portare a un’assoluzione per insussistenza del reato, derubricando il fatto a mero illecito amministrativo.

I Motivi del Ricorso e la Tesi del Consumo di Gruppo

Il ricorrente ha presentato tre motivi di censura:

1. Errata qualificazione giuridica del fatto: La difesa sosteneva che la detenzione della sostanza non fosse finalizzata alla cessione a terzi, ma all’uso condiviso con altri consumatori. Mancavano, quindi, gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di spaccio.
2. Vizio di motivazione sulla recidiva: Si contestava l’applicazione automatica della recidiva specifica e reiterata, senza una concreta valutazione della pericolosità sociale dell’imputato.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa lamentava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, considerate un diritto in assenza di elementi ostativi.

Il punto nevralgico del ricorso risiedeva nella qualificazione del fatto come consumo di gruppo, una figura che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, può escludere la responsabilità penale per spaccio. Tuttavia, la sua configurabilità è subordinata a condizioni molto stringenti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, offrendo chiarimenti importanti sull’onere della prova in materia.

L’Onere della Prova nel Consumo di Gruppo

Con riferimento al primo e più importante motivo, i giudici hanno richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 25401/2013), secondo cui la difesa ha l’onere di dimostrare che l’acquirente abbia agito sulla base di un mandato ricevuto dagli altri consumatori. Non basta affermare di aver comprato per un gruppo; è necessario provare:

* L’esistenza di un accordo preventivo.
* L’identificazione certa dei mandanti (gli altri membri del gruppo).
* La raccolta anticipata del denaro necessario all’acquisto.

Nel caso specifico, la difesa si era limitata a generiche allegazioni, senza fornire alcuna prova concreta di aver ricevuto mandato e denaro dagli altri per l’acquisto dello stupefacente. I giudici di merito, al contrario, avevano dettagliatamente descritto le circostanze del ritrovamento della sostanza e la condotta dell’imputato, elementi che deponevano inequivocabilmente per una detenzione finalizzata alla cessione.

Il Rigetto delle Altre Censure

Anche gli altri due motivi sono stati giudicati inammissibili. Per quanto riguarda la recidiva, la Corte ha sottolineato che i giudici di merito non l’avevano applicata automaticamente, ma ne avevano dato atto sulla base di plurime condanne precedenti, incluse due per reati della stessa specie. Questo quadro dimostrava una ‘accentuata inclinazione a delinquere’ e un ‘inserimento persistente nel mercato della droga’.

Infine, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato, non solo per l’assenza di elementi positivi di meritevolezza e la mancanza di un atteggiamento collaborativo, ma anche per la presenza dei precedenti penali specifici. La concessione di tali attenuanti, ricorda la Corte, è un potere discrezionale del giudice, non un diritto dell’imputato.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale: chi viene trovato in possesso di un quantitativo di droga non trascurabile non può semplicemente invocare il consumo di gruppo per evitare una condanna per spaccio. È necessario che la difesa fornisca una prova rigorosa e circostanziata del mandato d’acquisto. In assenza di tale prova, la detenzione della sostanza viene legalmente presunta come finalizzata alla cessione a terzi, con tutte le conseguenze penali che ne derivano. Questa decisione serve da monito sulla necessità di non confondere una condotta di acquisto collettivo, che deve essere provata nei suoi esatti contorni, con l’attività illecita di spaccio.

Quando la detenzione di droga è considerata ‘consumo di gruppo’ e non spaccio?
La detenzione è considerata ‘consumo di gruppo’ solo se chi detiene la sostanza può provare di aver ricevuto un mandato certo e precedente all’acquisto da parte degli altri consumatori, i quali hanno fornito anche il denaro necessario. La prova deve essere rigorosa.

Su chi ricade l’onere di provare che si tratta di consumo di gruppo?
L’onere della prova ricade interamente sulla difesa dell’imputato. Non è sufficiente una semplice affermazione, ma è necessario fornire elementi concreti che dimostrino l’esistenza del mandato da parte del gruppo.

La presenza di precedenti penali specifici può impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. Secondo la Corte, i giudici di merito possono legittimamente negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche basandosi sulla presenza di precedenti penali specifici, oltre che sull’assenza di elementi positivi di meritevolezza e di un atteggiamento collaborativo da parte dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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