Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12142 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARLETTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/05/2023 del TRIBUNALE di TRANI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Trani in funzione di giudice dell’esecuzione, decidendo in sede di rinvio, disposto con sentenza di questa Corte, n. 40165-22 della sezione Quinta penale, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME, diretto ad ottenere la declaratoria di estinzione, ex artt. 445, comma 2, 676 cod. proc. pen., del reato di bancarotta fraudolenta giudicato con sentenza di applicazione di pena concordata, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, divenuta definitiva in data 1° apri 2011, con la quale gli era stata applicata la pena di anni uno e mesi sei di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il ricorrente sosteneva che non poteva essere considerato ostativo, all’uopo, il reato di truffa, giudicato con sentenza del Tribunale di Trani del 14 settembre 2018, divenuta definitiva in data 27 gennaio 2019, in quanto, secondo il ricorrente, commesso in data antecedente al 10 aprile 2011 nonostante dal capo di imputazione fosse indicato il reato come commesso in data antecedente e prossima al giugno del 2011.
1.1. La sentenza rescindente, nell’annullare con rinvio il provvedimento del Giudice dell’esecuzione emesso a seguito di primo annullamento, disposto con sentenza della sezione Prima penale di questa Corte, resa in data 8 luglio 2020, ha dato atto che vi è stato un primo rigetto della richiesta di dichiarare estinto il reato di cui alla sentenza di applicazione di pena, emessa nei confronti del ricorrente, il 23 novembre 2010, divenuta irrevocabile in data 10 aprile 2011, rigetto, poi, oggetto di annullamento con la citata sentenza della Corte di cassazione, sezione Prima penale.
Quindi, ha evidenziato che:
-il provvedimento impugnato si era limitato a rilevare che la richiesta di estinzione del reato, di cui alla sentenza di applicazione di pena divenuta irrevocabile, formulata nell’interesse del ricorrente, dovesse essere valutata alla luce della condanna risultante dal certificato del casellario giudiziale per fat commessi in data antecedente e prossima al giugno 2011, tenuto conto del principio di diritto affermato dalla Cassazione, che imponeva la verifica della data di consumazione del reato di truffa, ovvero la data di conseguimento della fornitura dei beni;
-il provvedimento aveva riscontrato che l’accordo per la fornitura era stato raggiunto nel mese di aprile, quando COGNOME aveva consegnato a COGNOME un assegno bancario datato 15 giugno 2011, già precompilato e, successivamente, protestato il 28 giugno 2011;
-tale data, secondo il Giudice dell’esecuzione, era l’unica che consentiva di comprendere il momento in cui era stato raggiunto l’accordo e, quindi, di ritenere che, verosimilmente, la fornitura fosse stata effettuata successivamente, con la conseguenza che, essendosi verificata la truffa entro i cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di patteggiamento, non poteva ritenersi verificato l’effetto estintivo di cui all’art. 445, comma 2, cod. proc. pen.
La prima sentenza rescindente, invece, aveva ribadito come il reato di truffa cd. “contrattuale”, si consumi con il conseguimento del profitto, ossia del bene da parte dell’agente e con la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato, non rilevando, invece, l’assunzione dell’obbligazione; con la necessità, dunque, da parte del Giudice dell’esecuzione, di accertare tale momento, non coincidente, necessariamente, con quello in cui l’assegno era stato consegnato o posto all’incasso e protestato, anche alla luce dell’impostazione accusatoria, emergente dal capo di imputazione, e dal rilievo valorizzato dal ricorrente, secondo cui la sentenza aveva individuato nel marzo 2011 la consegna dei beni, circostanza del tutto pretermessa dal Giudice dell’esecuzione.
Si rilevava, nella seconda sentenza rescindente, come, anche con la seconda ordinanza, il Giudice dell’esecuzione avesse reiterato l’errore di diritto già evidenziato dalla prima pronuncia di annullamento con rinvio, affidando ad un’apodittica presunzione di precedente consegna del titolo e di successiva e/o contestuale consegna della merce la scansione della vicenda, prescindendo dalle deduzioni difensive e dall’esame della documentazione processuale, oltre che dalla stessa formulazione dell’editto accusatorio, che colloca nel mese di marzo 2011 la consumazione del reato.
Tanto, in assenza di verifica della documentazione agli atti, con particolare riferimento ai documenti di consegna, operazione che, per la sentenza rescindente, avrebbe consentito di accertare, specificamente, se la consegna dei beni e la disponibilità degli stessi da parte dell’autore del reato avesse preceduto la dazione dell’assegno in pagamento, ovvero se essa si fosse verificata in un momento successivo e/o contestuale alla dazione dell’assegno poi protestato.
Né il provvedimento impugnato aveva, peraltro, rilevato che la documentazione agli atti non consentisse di svolgere detto accertamento e, in tal caso, per quale ragione.
Nell’annullare con rinvio, dunque, la seconda sentenza rescindente ha ribadito il principio di diritto, già affermato da questa Corte regolatrice, second il quale, nel delitto di truffa contrattuale, il momento di consumazione non può essere individuato in via preventiva ed astratta essendo indispensabile muovere dalla peculiarità del singolo accordo, dalla valorizzazione della specifica volontà contrattuale, dalle peculiari modalità delle condotte e dei loro tempi, al fine d
individuare quale sia stato in concreto l’effettivo pregiudizio correlato vantaggio e quale il momento del loro prodursi (conf. Sez. F, n. 31497 del 26/07/2012, COGNOME, Rv. 254043).
2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso, per il tramite del difensore, l’istante, denunciando due vizi, di seguito riassunti nei limiti di all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e art. 640 cod. pen.
Si ribadisce l’obbligo, da parte del giudice del rinvio, di uniformarsi al sentenza rescindente per quanto riguarda le questioni di diritto decise.
Si evidenzia, poi, che si tratta di annullamento con rinvio per riscontrata violazione di legge e che non è intervenuto alcun mutamento di giurisprudenza rispetto ai principi di diritto affermati nelle sentenze rescindenti.
Invece, a parere del ricorrente, il giudice del rinvio non si sarebbe attenuto al principio sancito nelle due sentenze di annullamento secondo il quale il delitto di truffa cd. contrattuale è reato a consumazione istantanea che si compie nel momento in cui si realizza l’evento costituito dal raggiungimento del profitto ingiusto e dall’altrui danno.
Il giudice del secondo giudizio di rinvio, invece, si sarebbe soffermato sul momento di emissione dell’assegno postdatato, di importo superiore alla fornitura, deducendo, da tale momento, l’esistenza di pregresse trattative, sicuramente precedenti alla data del 1° Aprile 2011.
Questi, ritiene la consumazione del reato soltanto nel momento in cui è stato posto in essere l’artificio e raggiro, atto a garantire il pagamento d corrispettivo mediante consegna dell’assegno.
Non viene, quindi, in alcun modo spiegato il momento in cui l’agente realizza il profitto ingiusto e la persona offesa subisce il danno.
Il momento di consumazione della truffa contrattuale per il giudice dell’esecuzione non è quello in cui viene ricevuta la fornitura (cioè nel mese di marzo del 2011), ma quando si realizzano gli artifici e raggiri consistiti nell consegna dell’assegno postdatato, fatto storico che, invece, per il ricorrente deve reputarsi ininfluente ai fini della consumazione del reato.
Peraltro, lo stesso giudice del rinvio, per il ricorrente, rende conto che ne mese di marzo 2011 era già stato consegnato il calcestruzzo alla persona offesa, pur precisando che, nella sentenza di primo grado, non era stato evidenziato espressamente se la fornitura avesse o meno preceduto la consegna dell’assegno, rimarcando, comunque, che le fatture recano la data di emissione antecedente quanto ai documenti di trasporto al 1° Aprile 2011.
2.2.Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione dell’art. 640 cod. pen. e vizio di motivazione.
A parere del giudice dell’esecuzione non rileva, in relazione al momento di consumazione del reato, il danno della persona offesa, il profitto conseguito dall’agente , ma solo il successivo artificio e raggiro della consegna dell’assegno.
Le trattative secondo il ricorrente, invece, si erano svolte con la prospettazione, da parte di COGNOME, di saldare la fornitura con un assegno postdatato che comprendesse, non solo la nuova fornitura, ma anche precedenti non pagate, dunque, allettando la persona offesa che, proprio sulla scorta di tale promessa, si era indotta ad accedere a una nuova fornitura già nel mese di marzo del 2011.
Non rileva, per il ricorrente, la circostanza che l’assegno sia stato consegnato in epoca successiva.
Si richiama per tale interpretazione e per la correttezza di tale indirizzo p. 3 della sentenza rescindente.
3.11 Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, T. AVV_NOTAIO, ha chiesto con requisitoria scritta l’annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato.
1.1. Entrambi i motivi di ricorso sono infondati e verranno trattati congiuntamente, affrontando profili tra loro connessi.
Il Collegio osserva che la prima sentenza rescindente ha affermato che il momento della presentazione all’incasso del titolo segna la consumazione del reato solo nei casi in cui il reo, con l’incasso, consegue il profitto ingius costituito, appunto, dal pagamento dell’importo del titolo. Si è, poi, affermato che ciò non si verifica nell’inversa situazione contrattuale, dove è il soggetto attivo ad emettere titolo, non pagabile, per indurre il soggetto passivo ad un atto di disposizione patrimoniale, che realizza l’evento del reato (profitto ingiustodanno).
La seconda sentenza rescindente, poi, ha integrato questo ragionamento, ribadendo che, nel delitto di truffa contrattuale, il momento di consumazione non può essere individuato in via preventiva ed astratta, essendo indispensabile muovere dalla peculiarità del singolo accordo, dalla valorizzazione della specifica volontà contrattuale, dalle peculiari modalità delle condotte e dei loro tempi, al fine di individuare quale sia stato, in concreto, l’effettivo pregiudizio correlato vantaggio e quale il momento del loro prodursi.
A fronte di tale principio di diritto, questo Collegio osserva che l’ordinanza impugnata, per una parte, si concentra sul momento temporale in cui artifici e raggiri sono stati posti in essere (pagamento di merci con assegni di conto corrente privi di copertura, inducendo l’agente in incolpevole affidamento), considerandoli indispensabili per accertare il momento consumativo del reato, in ciò incorrendo in evidente errore di diritto.
Invero, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il condivisibile principio secondo il quale (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216429 01) poiché la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell’autore abbia fatt seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, nell’ipotesi di truffa contrattuale il reato si consuma non già quando il soggetto passivo assume, per effetto di artifici o raggiri, l’obbligazione della datio di un bene economico, ma nel momento in cui si realizza l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente e la definitiva perdita dello stesso da parte del raggirato.
Ne consegue che, qualora l’oggetto materiale del reato sia costituito da titoli di credito, il momento della sua consumazione è quello dell’acquisizione da parte dell’autore del reato, della relativa valuta, attraverso la loro riscossione utilizzazione, poiché solo per mezzo di queste si concreta il vantaggio patrimoniale dell’agente e nel contempo diviene definitiva la potenziale lesione del patrimonio della parte offesa.
Tuttavia, si rileva che la motivazione, viziata per tale parte, può essere corretta nella presente sede, posto che la pronuncia giunge a condivisibile conclusione.
Invero, vi è un dato di partenza che è quello della data di consumazione del reato indicata nel capo di imputazione della sentenza resa dal Tribunale di Trani (in Bisceglie, epoca antecedente e prossima a giugno 2011), la quale già rende improbabile, in sé, una data di consumazione da far risalire ad epoca precedente al 10 aprile 2011.
Dunque, al di là dell’evidente errore di diritto in cui incorre il Giudi dell’esecuzione, nella parte in cui fa coincidere la consumazione della truffa con gli artifici e raggiri, tenendo conto del principio di diritto della seconda senten rescindente e analizzando, come da questa richiesto, tutte le circostanze e modalità del caso concreto, per individuare il momento consumativo del reato di truffa, nel caso di specie, occorre tener presente anche il momento di definitivo depauperamento patrimoniale della persona offesa dal reato che, nella specie, non può che coincidere con la data in cui l’assegno bancario, consegnato al raggirato nel mese di aprile 2011, postdatato al 15 giugno 2011, è stato protestato, cioè in data 28 giugno 2011.
Correggendo in questi termini l’iter argomentativo del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Trani, si deve conclusivamente ritenere che corretta è la conclusione cui perviene l’ordinanza impugnata, nel senso di non giudicare estinto il reato oggetto della sentenza di applicazione di pena concordata, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani il 23 novembre 2010, divenuta irrevocabile il 10 aprile 2011.
Del resto, seguendo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, richiamata anche dalla seconda sentenza rescindente, non va valorizzato, ai fini di individuare il momento consumativo del reato in questione, solo il momento della fornitura della merce (che rappresenta solo uno degli elementi della consumazione, cioè quello dell’acquisizione dell’ingiusto profitto da parte dell’agente), ma occorre anche tenere conto del momento del definitivo depauperamento patrimoniale della persona offesa.
Invero, sul punto si è affermato ripetutamente che il delitto di truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, il momento della cui consumazione (che segna anche il dies a quo della prescrizione) va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l’effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte dell’agente (Sez. 2, n. 11102 del 14/02/2017, COGNOME, Rv. 269688 – 01; Sez. F, n. 31497 del 26/07/2012, COGNOME, Rv. 254043 – 01, caso quest’ultimo proprio relativo alla stipula di un contratto con rilascio di d cambiali in garanzia con sottoscrizione falsa, nella quale la suprema Corte ha individuato, quale momento di consumazione del reato di truffa, non la data di stipula del contratto ma quella della scadenza delle cambiali).
1.2.Si osserva, infine, che l’ordinanza, in altro punto, afferma che, sicuramente, i documenti di consegna di cui rende conto il provvedimento di primo grado, come viene ricavato dalle fatture e dalle date dei documenti di trasporto in essere riportate, sono antecedenti al 10 aprile 2011, con consegna precedente a tale data, dato ricavabile logicamente.
Ma tale circostanza che, peraltro, la difesa rimarca con il primo motivo di ricorso, deve combinarsi, ai fini della individuazione del momento consumativo del reato, con il dato del definitivo depauperamento patrimoniale della persona offesa dal reato, nel caso al vaglio senz’altro successivo.
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha rilevato (cfr. Sez. 2, n. 5046 del 17/11/2020, dep. 2021, Cantone, Rv. 280563 – 02) che, in tema di truffa contrattuale, l’induzione in errore, mediante raggiro o artifizio, sussiste non sol quando il contraente pone in essere, originariamente, l’attività fraudolenta, ma anche quando il comportamento, diretto a ingenerare errore, si manifesti successivamente, nel corso cioè dell’esecuzione contrattuale, in rapporto di
causalità con il verificarsi del danno e dell’ingiusto profitto. (Conf. Sez. 2 n. 48 del 1974, Rv. 127456).
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a mente dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente