Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10221 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10221 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CINQUEFRON DI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/08/2023 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria difensiva e uditi i difensori del ricorrente NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali hanno insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. GLYPH Il Tribunale del riesame di Catanzaro, con ordinanza del 2 marzo 2023, confermava l’ordinanza con la quale era stata applicata nei confronti di COGNOME NOME la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ad una estorsione aggravata anche ia sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.; la Sesta sezione di questa Corte, con sentenza del 14 giugno 2023 annullava la predetta ordinanza, accogliendo il motivo di ricorso concernente l’omesso esame della consulenza tecnica di parte, che aveva escluso la corrispondenza tra la voce dell’indagato e quella a lui attribuita nel progressivo n. 52; il Tribunale Catanzaro, quale giudice del rinvio, confermava la precedente decisione.
1.1 Avverso quest’ultima ordinanza propongono ricorso per c:assazione i difensori di COGNOME, osservando che gli elementi posti a fondamento della contestazione elevata a carico del ricorrente si rinvenivano unicamente sulla base di pochissime conversazioni captate, rispetto alle quali solo una vedeva come protagonista diretto COGNOME; su tale conversazione, il collegio del riesame si era sostituito al consulente di parte, senza mai aver provveduto all’ascolto del file audio oggetto di comparazione giudicando non il fatto, ma il perito di parte, senza indicare quale parametro avrebbe utilizzato per smentirne le conclusioni; peraltro, le altre intercettazioni non erano per nulla pertinenti rispetto all’imputazione, ma il tribunale le aveva valorizzate ugualmente; non costituiva riscontro il fatto che COGNOME NOME fosse regolarmente assunto presso la struttura ricettiva riconducibile alla persona offesa COGNOME; nella captazione, nessun riferimento esplicito vi era alla persona dell’imprenditore NOME; nessun elemento consentiva di identificare “NOME” con COGNOME NOME; non era stata messa in evidenza alcun contatto tra il ricorrente (ritenuto esecutore materiale della richiesta estorsiva) e COGNOME.
1.2 I difensori eccepiscono la violazione dell’art. 416-bis 1 cod. pen.: in primo luogo, il tribunale aveva utilizzato il plurale “estorsioni”; mentre al ricorrente contestato unicamente il capo N); appariva del resto illogico e congetturale, con riferimento a COGNOME, il riferimento alle associazioni mafiose, posto che non vi era alcun provvedimento giurisprudenziale che acclarasse la intraneità del ricorrente ad associazioni criminali; i caratteri mafiosi del metodo utilizzato per commettere un delitto non potevano essere desunti dalla mera reazione delle vittime alla condotta tenuta dall’imputato, dovendo concretizzarsi in un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare ad esercitare una particolare coazione psicologica; tali principi non erano stati correttamente applicati, posto che dai progressivi oggetto di captazione non poteva derivarsi (dalle frasi attribuite a COGNOME) la consapevolezza di ricorrere al cd. “metodo mafioso”
Con riferimento alla agevolazione del sodalizio ‘ndranghetistco di cui al capo a), non era stato evidenziato alcun elemento indiziario sula cui base poter dimostrare la volontà e, soprattutto, la consapevolezza in capo a COGNOME di agire al fine di agevolare la consorteria criminale.
1.3 I difensori lamentano la violazione dell’art. 274 cod. proc.pen., in quanto non erano stati considerati, lo stato di incensuratezza di COGNOME, l’assenza di elementi di connessione con la criminalità organizzata, l’episodicità della condotta oggetto di contestazione, oltre alle agiate condizioni economiche e di vita che rendevano del tutto neutro il pericolo di reiterazione del reato; doveva quindi tenersi conto, alla luce di tali elementi, anche del tempo trascorso tra la condotta oggetto di contestazione e l’applicazione della misura.
1.4 I difensori eccepiscono la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen. con riferimento al principio di proporzionalità ed adeguatezza della misura applicata, non essendo stati presi in considerazione gli elementi favorevoli all’attenuazione della misura custodiale in atto posti in evidenza dalla difesa e non avendo il tribunale spiegato le ragioni per le quali non riteneva di poter fronteggiare le esigenze cautelari in atto mediante l’applicazione di una misura meno afflittiva di quella in atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1 La Sesta sezione di questa Corte aveva disposto l’annullamento di precedente ordinanza sul rilievo che la conversazione captata il 27 novembre 2018, avvenuta tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, avesse rilievo decisivo, e che la consulenza tecnica disposta dalla difesa, sulla quale nulla era stato motivato, aveva escluso la corrispondenza tra la voce dell’indagato e quella a lui attribuita al progr. n. 52; non si può ritenere che tribunale abbia congruamente motivato su quanto era oggetto del giudizio di rinvio.
Il tribunale si è infatti limitato ad affermare che “l’esito definitivo prodott riportato nella consulenza, vale a dire prove limitate contro l’ipotesi dell’accusa possa essere letto specularmente come “prove limitate a favore dell’ipotesi difensiva”, dimenticando che la difesa non deve dimostrare alcunchè, essendo onere dell’accusa provare (almeno a livello indiziario) la corrispondenza della voce di COGNOME con quella oggetto dell’intercettazione.
Oltre a non esservi motivazione sufficiente sull’esito della consulenza tecnica prodotta dalla difesa, non sono stati valorizzati altri elementi in base ai quali
potrebbe ritenere sussistente la predetta corrispondenza, visto che le altre intercettazioni cui si fa riferimento nell’ordinanza impugnata non vengono messe in relazione diretta con quella oggetto di indagine; neppure è stato precisato in che modo gli agenti di p.g. abbiano riconosciuto proprio nella voce di COGNOME quella oggetto della intercettazione; a ciò si deve aggiungere che la motivazione dell’ordinanza impugnata non espone in maniera chiara gli indizi a carico dell’indagato, non essendo richiamata, nemmeno per relationem, la precedente ordinanza annullata dalla Sesta sezione di questa Corte.
L’ordinanza impugnata deve essere pertanto annullata, con rinvio al Tribunale di Catanzaro per nuovo giudizio su quanto sopra evidenziato; alla luce del disposto annullamento, i rimanenti motivi di ricorso devono ritenersi assorbiti
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto pe provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/02/2024