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Consenso pene sostitutive: quando non è necessario

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che negava la sostituzione di una pena detentiva con una pecuniaria per mancanza di consenso dell’imputato. La Suprema Corte ha chiarito che, dopo il “correttivo Cartabia”, il consenso pene sostitutive è richiesto solo per quelle che incidono sulla libertà personale (es. semilibertà), non per la pena pecuniaria.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Consenso Pene Sostitutive: La Cassazione Chiarisce i Limiti dopo la Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30547/2025, affronta un tema di grande rilevanza pratica nel diritto processuale penale: la necessità del consenso pene sostitutive da parte dell’imputato. Con l’introduzione del cosiddetto “correttivo Cartabia”, il legislatore ha modificato le regole per l’applicazione delle pene sostitutive, e questa pronuncia offre un’interpretazione chiara e dirimente, distinguendo tra le diverse tipologie di sanzioni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Firenze. Quest’ultima aveva confermato una condanna per il reato di cui all’art. 341-bis del codice penale, respingendo le richieste della difesa. In particolare, i giudici di secondo grado avevano negato la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, motivando tale decisione con l’assenza del consenso personale dell’imputato o di una procura speciale conferita al suo difensore. La Corte d’appello riteneva, quindi, tale consenso un presupposto indispensabile per poter accedere alla sanzione sostitutiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. Il primo, relativo all’omessa motivazione sul diniego delle attenuanti generiche, è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Suprema Corte. Il secondo motivo, invece, si è rivelato decisivo e ha portato all’annullamento della sentenza.
La difesa ha censurato la violazione dell’art. 58 della Legge n. 689/1981, sostenendo che tale norma, nel disciplinare la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, non richiede alcuna manifestazione di volontà da parte dell’imputato. La questione verteva, dunque, sull’interpretazione della normativa alla luce delle recenti modifiche legislative.

L’Importanza del Consenso Pene Sostitutive alla Luce del “Correttivo Cartabia”

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’analisi del d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, noto come “correttivo Cartabia”. Questo decreto ha introdotto un nuovo comma 3 all’articolo 58 della legge sulle sanzioni sostitutive, specificando che: «Le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità possono essere applicate solo con il consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale».
La Corte ha evidenziato come la ratio di questa previsione sia quella di differenziare nettamente le pene che incidono sulla libertà personale del condannato da quelle che non lo fanno. Per le prime, che comportano significative restrizioni, è giusto e necessario che vi sia un’adesione volontaria. La norma, tuttavia, elenca tassativamente le sanzioni per cui è richiesto il consenso pene sostitutive.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso, affermando che la Corte di Appello ha commesso un errore di diritto. La nuova formulazione dell’art. 58, elencando specificamente le pene sostitutive che necessitano del consenso (semilibertà, detenzione domiciliare e lavoro di pubblica utilità), esclude implicitamente tutte le altre. Poiché la pena pecuniaria non rientra in questo elenco, per la sua applicazione non è richiesto il consenso dell’imputato.
Di conseguenza, la Corte di Appello non avrebbe dovuto negare la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria basandosi sull’assenza di tale consenso. La sentenza è stata quindi annullata con rinvio, affinché i giudici di merito riesaminino la richiesta di sostituzione della pena applicando correttamente il principio di diritto enunciato dalla Cassazione.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rappresenta un importante punto fermo nell’applicazione della Riforma Cartabia e delle sue successive modifiche. Stabilisce un principio chiaro: il consenso pene sostitutive è una condizione necessaria solo quando la sanzione impone un sacrificio della libertà personale. Per la semplice conversione in pena pecuniaria, il giudice può e deve procedere anche in assenza di una specifica richiesta o consenso dell’imputato, valutando autonomamente i presupposti di legge. Questa interpretazione garantisce coerenza al sistema e offre una tutela più efficace, evitando che ostacoli puramente formali impediscano l’applicazione di sanzioni meno afflittive della detenzione.

È sempre necessario il consenso dell’imputato per sostituire una pena detentiva con una pena sostitutiva?
No. Secondo la sentenza, a seguito del “correttivo Cartabia” (d.lgs. 31/2024), il consenso è richiesto solo per le pene sostitutive che incidono direttamente sulla libertà personale, come la semilibertà, la detenzione domiciliare e il lavoro di pubblica utilità.

Per sostituire la pena detentiva con una pena pecuniaria serve il consenso dell’imputato?
No, la sentenza chiarisce che per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria non è richiesto il consenso dell’imputato, né personale né a mezzo di procuratore speciale, in quanto tale sanzione non rientra nell’elenco tassativo previsto dalla legge.

Qual è la logica dietro la distinzione tra pene sostitutive che richiedono il consenso e quelle che non lo richiedono?
La logica, come spiegato dalla Corte, è quella di differenziare le pene sostitutive che incidono direttamente e significativamente sulla libertà personale del condannato (per le quali è necessario il consenso) da quelle che non hanno tale incidenza, come la pena pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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