Consenso del P.M. e Pene Sostitutive: la Cassazione fa chiarezza
L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale nell’ambito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), ovvero la portata del consenso del P.M. quando la difesa formula richieste di pene sostitutive alternative. La Suprema Corte stabilisce un principio di interpretazione estensiva dell’accordo, fondamentale per la prassi processuale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto, imputato per il reato continuato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico sugli stupefacenti), avverso una sentenza di patteggiamento emessa dal G.i.p. del Tribunale. In sede di accordo, la difesa aveva richiesto in via principale la sostituzione della pena detentiva con il lavoro sostitutivo e, solo in via subordinata, con la detenzione domiciliare. Il giudice, accogliendo la richiesta subordinata, aveva disposto la detenzione domiciliare. Il ricorrente ha impugnato tale decisione, sostenendo che l’accordo con il Pubblico Ministero fosse viziato, poiché il consenso del P.M. era stato prestato unicamente per la proposta principale (il lavoro sostitutivo) e non per quella subordinata.
Il Principio del Consenso del P.M. nell’Accordo
Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione della volontà delle parti all’interno del patteggiamento. Secondo la tesi difensiva, la mancanza di un esplicito consenso sulla richiesta subordinata avrebbe reso illegittima la decisione del giudice di applicare la detenzione domiciliare. La difesa ha quindi eccepito un vizio nella formazione dell’accordo, elemento essenziale per la validità del rito speciale previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, l’argomentazione difensiva non ha alcun pregio.
Le Motivazioni
La Corte ha chiarito un principio interpretativo di fondamentale importanza pratica. Si deve ritenere che il consenso prestato dal Pubblico Ministero a una richiesta di patteggiamento, che articola una domanda principale e una subordinata per la sostituzione della pena, si estenda a entrambe le opzioni. A meno che non vi siano “diverse precisazioni” da parte del P.M. stesso, il suo assenso deve essere considerato globale e comprensivo di tutte le ipotesi prospettate dalla difesa. In sostanza, l’assenza di una riserva esplicita da parte dell’accusa equivale a un’accettazione piena dell’intera proposta difensiva, nelle sue diverse articolazioni. L’assunto del ricorrente è stato quindi giudicato “manifestamente infondato”, portando alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le Conclusioni
L’ordinanza consolida un orientamento volto a garantire la stabilità degli accordi di patteggiamento e la certezza del diritto. La decisione implica che, in fase di negoziazione della pena, la volontà delle parti debba essere chiara e inequivocabile. Per la difesa, ciò significa che eventuali condizioni o preferenze devono essere ben articolate. Per l’accusa, significa che ogni eventuale dissenso su una parte della proposta (ad esempio, sulla richiesta subordinata) deve essere esplicitamente verbalizzato per non essere considerato come un consenso tacito. La Corte, sanzionando il ricorrente con il pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende, ribadisce la necessità di non abusare dello strumento dell’impugnazione per contestazioni pretestuose o prive di fondamento giuridico.
Se in un patteggiamento si propongono due pene sostitutive, una in via principale e una in subordine, il consenso del Pubblico Ministero si estende a entrambe?
Sì, secondo questa ordinanza, in assenza di diverse e specifiche precisazioni, il consenso prestato dal Pubblico Ministero si intende esteso a entrambe le ipotesi di sostituzione della pena detentiva proposte dalla difesa.
Per quale motivo il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché l’argomentazione difensiva sulla presunta mancanza di accordo con il Pubblico Ministero riguardo la pena sostitutiva subordinata è stata respinta. La Corte ha considerato il consenso del P.M. come valido per entrambe le opzioni.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8946 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NARNI il 23/02/2003
avverso la sentenza del 29/07/2024 del GIP TRIBUNALE di VITERBO
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udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOMECOGNOME imputato del reato continuato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena emessa nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Viterbo, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., lamentando con unico motivo la illegittima sostituzione della reclusione con la detenzione domiciliare, sollecitata solo in via subordinata rispetto alla principale richiesta di sostituzione con il lavor sostitutivo;
rilevato che la prospettazione difensiva si fonda sulla asserita mancanza di accordo, sul punto, da parte del Pubblico Ministero, che avrebbe espresso il proprio consenso sulla sola proposta principale di sostituzione;
ritenuto che l’assunto sia manifestamente infondato, dovendo al contrario ritenersi che il consenso prestato dal P.M., di cui si dà atto in sentenza (cfr. pag. 2), debba intendersi – in mancanza di diverse precisazioni – esteso ad entrambe le ipotesi di sostituzione della pena detentiva prospettate;
Ritenuto che debba conseguentemente adottarsi una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della causa di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2025
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Il Presidente