Conoscenza Lingua Italiana: Quando il Ricorso è Inammissibile?
Il diritto dell’imputato a comprendere le accuse a suo carico è un pilastro del giusto processo. Ma cosa succede se emergono prove che dimostrano la sua conoscenza della lingua italiana? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, dichiarando inammissibile un ricorso basato proprio sulla mancata traduzione degli atti processuali. Analizziamo insieme la vicenda per capire i principi affermati dai giudici.
I Fatti del Caso
Una cittadina straniera veniva condannata per il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio. Durante il processo, la difesa aveva lamentato la mancata traduzione in lingua cinese di atti fondamentali, come l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e il decreto di citazione a giudizio. Secondo la difesa, questa omissione aveva impedito all’imputata di comprendere appieno le accuse e le ragioni del suo coinvolgimento nel procedimento penale.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa argomentazione, sostenendo che dagli atti emergeva una sufficiente conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata, tale da rendere superflua la traduzione. Contro questa decisione, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione.
La Questione Giuridica e la Conoscenza della Lingua Italiana
Il cuore della questione ruota attorno all’articolo 143 del codice di procedura penale, che garantisce all’imputato che non conosce la lingua italiana il diritto di essere assistito da un interprete e di ottenere la traduzione degli atti fondamentali.
Tuttavia, questo diritto non è assoluto. I giudici possono valutare caso per caso se l’imputato sia effettivamente in grado di comprendere la lingua del processo. In questa vicenda, sia il tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano basato la loro valutazione su un elemento di prova specifico: il verbale di perquisizione e sequestro, dal quale si evinceva chiaramente la capacità dell’imputata di comunicare in italiano.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha osservato che il motivo del ricorso era generico e si limitava a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Nel giudizio di legittimità, non è sufficiente ripetere le proprie lamentele, ma è necessario formulare una critica specifica e puntuale contro le argomentazioni della sentenza impugnata.
Il punto cruciale della decisione risiede nel fatto che il ricorso non ha minimamente analizzato o contestato l’elemento probatorio centrale: il verbale di perquisizione e sequestro. I giudici di merito, con una “doppia decisione conforme”, avevano fondato la loro convinzione sulla conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata proprio su quel documento. Non avendo l’appellante contestato nel dettaglio le conclusioni tratte da tale verbale, il suo ricorso è risultato privo della specificità richiesta, impedendo alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza della censura.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di ricorsi per Cassazione: la genericità non paga. Chi intende contestare una decisione di merito deve farlo in modo specifico, attaccando il ragionamento del giudice e, soprattutto, gli elementi di prova su cui tale ragionamento si basa. Affermare semplicemente di non conoscere la lingua non è sufficiente se esistono prove concrete del contrario.
La decisione sottolinea che l’onere di dimostrare la fondatezza del proprio ricorso spetta al ricorrente, il quale deve fornire alla Suprema Corte tutti gli elementi necessari per comprendere le ragioni della censura avanzata. In assenza di una critica mirata e specifica, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È sufficiente dichiarare di non conoscere l’italiano per ottenere la traduzione degli atti processuali?
No, non è sufficiente. Se dagli atti emergono elementi concreti che dimostrano una conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato, come in questo caso da un verbale di perquisizione e sequestro, i giudici possono ritenere non necessaria la traduzione.
Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile in un caso come questo?
Il ricorso è considerato inammissibile se si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica e puntuale delle motivazioni della sentenza impugnata. In questo caso, la ricorrente non ha contestato l’elemento di prova (il verbale) su cui si fondava la decisione della Corte d’Appello.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 754 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 21/02/1977
avverso la sentenza del 11/04/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che, con unico motivo di ricorso, NOME COGNOME condannata alle pene di legge per il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio, deduce violazione dell’art. 143 cod. pro pen. e vizio di motivazione per aver la sentenza d’appello giustificato la mancata traduzione lingua cinese dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazio giudizio senza consentire di comprendere le ragioni e gli elementi da cui è stata ricavata asserita conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata;
Considerato che si tratta di motivo non consentito in sede di legittimità in quan riproduttivo di profili di censura proposti con l’appello e adeguatamente vagliati e disattesi Corte territoriale senza una specifica critica delle argomentazioni addotte, posto che il gener ricorso non esamina in alcun modo il verbale di perquisizione e sequestro dal quale i giudici merito, con doppia decisione conforme, hanno evinto la conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputata, così da far comprendere a questa Corte le ragioni della censura avanzata;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere de spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della (assa delle ammende.
Così deciso il 1° dicembre 2023.