Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6833 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA (CUI NUMERO_DOCUMENTO)
avverso la sentenza del 02/02/2023 della Corte d’appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 febbraio 2023 la Corte d’appello di Palermo ha confermato, disattendendo l’impugnazione dell’imputato, la sentenza del 16 settembre 2021 del Tribunale di Marsala con la quale RAGIONE_SOCIALE era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 14 del 2017 (ascrittogli per avere, quale posteggiatore abusivo, omesso di osservare il provvedimento del Questore di Trapani del 12/08/2019, notificato il 23/08/2019, con cui gli era stato imposto il divieto per dodici mesi di accedere nel INDIRIZZO della Città di Mazara del Vallo), ed era stato condannato alla pena di quattro mesi di reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato la violazione dell’art. 10, comma 2, d.lgs. n. 14 del 2017 e un vizio della motivazione, a causa della mancata considerazione da parte dei giudici del merito della mancata comprensione da parte dell’imputato, di nazionalità tunisina, del contenuto del provvedimento del Questore inottemperato, che non era stato tradotto nella lingua madre del destinatario, circostanza che doveva escludere la consapevolezza in capo all’imputato di violare la legge penale.
In secondo luogo, ha lamentato la mancata sostituzione della pena, il cui diniego era stato giustificato con motivazione insufficiente dalla Corte d’appello, inidonea a illustrare le ragioni di tale diniego.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, sottolineando l’esistenza di elementi, tra cui l’elezione di domicilio, dimostrativi della conoscenza della lingua italiana, e l’adeguatezza della motivazione anche nella parte relativa al diniego della sostituzione della pena detentiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va ricordato che, in tema di traduzione degli atti, l’accertamento relativo alla conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana può essere effettuato anche sulla base degli elementi risultanti dagli atti di polizia giudiziaria e di dat oggettivi indicativi della mancata conoscenza, rimanendo comunque salva la facoltà per il giudice di compiere ulteriori verifiche ove tali elementi non siano
“1-:
concludenti (Sez. 3, Sentenza n. 9354 del 15/01/2021, P., Rv. 281479; v. anche Sez. 2, n. 11137 del 20/11/2020, dep. 2021, Dong, Rv. 280992).
Nel caso in esame l’imputato, oltre ad avere eletto domicilio presso il difensore di fiducia (come risulta anche dall’intestazione della sentenza), non ha mai segnalato la mancata conoscenza della lingua italiana e, peraltro, la reiterata violazione del divieto di accesso – da agosto a settembre 2019 – , sottolineata anche nella sentenza a sostegno della affermazione della sicura conoscenza da parte dell’imputato del divieto impostogli, ha logicamente indotto a ritenere che egli fosse stato ben edotto del contenuto del provvedimento amministrativo a contenuto interdittivo, essendo più volte stato sorpreso nel luogo nel quale gli era stato inibito l’accesso e denunciato per dette violazioni, senza mai eccepire di non conoscere la lingua italiana o di non aver compreso il contenuto e la portata del provvedimento del Questore di Trapani del 12/08/2019, notificatogli il 23/08/2019.
Ne consegue la manifesta infondatezza della censura, peraltro sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione e priva della illustrazione degli elementi di fatto idonei ad apprezzarne la fondatezza (tra cui il grado di istruzione del ricorrente e l’epoca del suo arrivo nel territorio dello Stato), essendo stati sottolineati i plurimi elementi dimostrativi in modo logico della conoscenza da parte del ricorrente della lingua italiana e anche della consapevolezza del divieto impostogli e non osservato.
La doglianza in ordine alla mancata sostituzione della pena della reclusione con quella della libertà controllata è manifestamente infondata, in quanto tale diniego è stato giustificato con motivazione idonea dalla Corte d’appello, che al riguardo ha sottolineato i plurimi precedenti dell’imputato (per rapina, ricettazione, violazione delle norme in materia di sicurezza urbana, invasione di edifici e furto), desumendone, in modo logico, l’elevata capacità a delinquere e traendone, di conseguenza, in modo coerente, l’inidoneità della pena sostitutiva alla realizzazione della funzione rieducativa della pena.
Si tratta di motivazione adeguata, in quanto la conversione della pena detentiva (ai sensi dell’art. 53 e segg. della legge 24 novembre 1981, n. 689) è rimessa al potere discrezionale del giudice del merito, il quale deve valutarne i presupposti legittimanti, quali l’idoneità della sostituzione al fine del reinserimento sociale del condannato e della prognosi positiva circa l’adempimento delle prescrizioni applicabili, prendendo in esame, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 528 del 23/11/2006, COGNOME, Rv. 235695; Sez. 2, n. 5989 del 22/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239494; Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558), idoneità che nel caso in esame è stata esclusa con
motivazione idonea, non sindacabile sul piano delle valutazioni di merito nel giudizio di legittimità.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza di entrambe le doglianze alle quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 13/12/2023