Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20695 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 26/02/1977
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lettetsenttte le conclusioni del PG
Letta la requisitoria della dott.ssa NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari ha rigettato la richiesta, avanzata da NOME COGNOME di rescissione del giudicato formatosi sulla sentenza irrevocabile pronunciata nei suoi confronti dal Giudice di pace di Cagliari il 16 aprile 2019 in ordine al reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286.
La ragione della decisione è stata individuata, in primo luogo, nella circostanza che NOMECOGNOME identificato da personale del Commissariato di P.S. di Carbonia il 23 maggio 2013 e informato di essere indagato per il suddetto reato, aveva dichiarato il proprio domicilio ed era stato informato del suo onere di comunicare ogni variazione dello stesso; inoltre, nel fatto che nel domicilio dichiarato (INDIRIZZO di Carbonia) era stata tentata la notifica del decreto di citazione a giudizio, che non aveva avuto buon esito, tanto da venire notificato detto decreto presso il difensore d’ufficio, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.; infine, nella considerazione della corretta dichiarazione di assenza dell’imputato, il quale, pure avendo notizia della pendenza del procedimento a suo carico e avendo regolarmente dichiarato domicilio, si era trasferito in altro domicilio senza comunicare il mutamento, che avrebbe potuto fare con estrema facilità trovandosi nello stesso comune, sede del Commissariato di P.S. che aveva proceduto all’identificazione, in tal modo violando ingiustificatamente ogni regola di comune diligenza e sottraendosi al dovere di collaborazione sorto dagli avvisi contenuti nell’invito a dichiarare domicilio, e, di conseguenza, alla conoscenza del processo a suo carico.
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo violazione degli artt. 420-bis e 629-bis cod. proc. pen., nella formulazione previgente rispetto alle ultime modifiche operate dalla riforma Cartabia, 24, comma 2, 111, 117 Cost., 6 Cedu, 14, comma 3, lett. d) del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 16 dicembre 1966 (come interpretati dalla Corte Edu e dalla Corte di cassazione a partire dalla sentenza delle
Sezioni Unite n. 23948 del 2019) e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta volontaria sottrazione di NOME COGNOME alla conoscenza del processo a suo carico e, quindi, alla sua “colpevole” mancata conoscenza del processo.
Rileva la difesa che, come autorevolmente affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 23948 del 2019, contrariamente all’assunto della Corte territoriale, non vi alcun automatismo tra l’accertata ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen. e la certezza della conoscenza del processo da parte dell’imputato o la volontà del medesimo di sottrarsi alla conoscenza del giudizio. Si è, invero, evidenziato nelle pronunce di legittimità che l’effettiva conoscenza del procedimento non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in detto luogo; e che la notifica della vocatio in iudicium, effettuata ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in quanto eseguita in luogo diverso, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato e la volontaria sottrazione al processo. Dette circostanze, invero, secondo il difensore, andavano accertate, considerato che la prima notifica nel caso in esame era effettuata al difensore d’ufficio nominato nella citazione a giudizio e che le notifiche successive erano effettuate a mani di un avvocato nominato d’ufficio in udienza, diverso dal primo, e non risultava che detta nomina fosse stata comunicata all’imputato, che, di fatto, era impossibilitato a conoscere la pendenza del processo e, quindi, la pronuncia di condanna.
Osserva, inoltre, il difensore che la Corte ha omesso di valutare che la comunicazione del nuovo domicilio (sempre in Carbonia, da INDIRIZZO a INDIRIZZO) era comunque avvenuta il 17 settembre 2017, in occasione della formalizzazione della richiesta di protezione internazionale presso la Questura competente, alla quale NOME aveva senz’altro fornito il nuovo recapito.
Evidenzia che comunque appare illogico ritenere “estremamente agevole” per un cittadino straniero irregolare sul territorio nazionale presentarsi spontaneamente presso le forze dell’ordine per comunicare il mutamento del proprio domicilio, rischiando, così, di vedersi espulso e obbligato a rientrare nel proprio paese o ristretto in un centro di permanenza per i rimpatri.
Il difensore insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento.
2. La Corte di appello di Cagliari, nel ritenere fondata la conoscenza del procedimento da parte del ricorrente, ha richiamato l’elezione di domicilio che veniva effettuata in un verbale di identificazione e, quindi, in un atto compiuto nell’ambito del procedimento e prima di una formulazione di un’ipotesi accusatoria nei confronti dell’indagato, che peraltro non nominava un difensore di fiducia, ma accettava di essere assistito da un difensore di ufficio.
Quanto ai presupposti per la legittima dichiarazione di assenza ex art. 420-bis cod. proc. pen. – nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 23 d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150 dell’imputato che abbia eletto domicilio, va richiamato il principio generale affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte che, nella prospettiva della valorizzazione dell’effettività della conoscenza del procedimento, hanno avuto modo di precisare che, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, PG contro NOME COGNOME Rv. 279420: principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103).
Tale pronuncia si pone sulla scia di Sez. U., n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716, nella quale si delineano i confini di ammissibilità del processo in absentia in termini coerenti con le indicazioni provenienti anche dalla normativa e dalle pronunce delle Corti sovranazioriali. In detta pronuncia si è stabilita la necessità che l’accusato abbia conoscenza del processo e non soltanto dell’esistenza di un’indagine penale a suo carico e perciò che sia destinatario di un
provvedimento formale di vocatío in iudicium, il quale contenga l’indicazione dell’accusa formulatagli, nonché della data e del luogo di svolgimento del giudizio.
Il processo in assenza, quindi, è ammesso solo quando sia raggiunta la certezza della conoscenza dello stesso da parte dell’imputato.
Con riferimento più specifico alla fattispecie di interesse nella presente sede, ossia alla rilevanza dell’elezione di domicilio ai fini della dimostrazione della conoscenza del procedimento, rileva l’ulteriore principio secondo il quale in tema di rescissione del giudicato, l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa abbia fatto seguito la notifica dell’atto introduttivo del giudizio non in detto luogo, pur se a mani di altro soggetto legittimato a riceverlo, ma presso il difensore d’ufficio, ai sensi dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 47373 del 12/11/2024, COGNOME, Rv. 287291), in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato (si veda altresì Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279680).
E’ stato in dette pronunce precisato che l’art. 629-bis, comma 1, cod. proc. pen., al pari del precedente art. 420-bis, comma 4, assegna rilievo alla mancata conoscenza del «processo», con ciò presupponendo la formalizzazione di un’accusa e il deferimento a giudizio dell’interessato.
La mancata conoscenza del processo, infatti, rileva solo nel caso in cui l’imputato vi si sia volontariamente sottratto e solo in tal caso può essere definita «colpevole», con conseguente rilevanza ai fini della rescissione del giudicato.
In tal senso sono state richiamate le fonti sovranazionali per come interpretate dalla Corte Edu competente (sentenza 18/05/2004, RAGIONE_SOCIALE Italia; sentenza 10/11/2024, Sejdovic c. Italia) e recepite nell’ordinamento interno (art. 19, I. 27 maggio 2015, n. 69).
E’ stato condivisibilmente osservato che la presunzione relativa di conoscenza operante in conseguenza dell’elezione di domicilio opera solo nel caso in cui la notificazione della vocatio in iudicium sia avvenuta presso il domicilio indicato, anche se non nelle mani del destinatario, ma di altro soggetto legittimato a ricevere l’atto (familiare convivente, portiere dello stabile, collaboratore domestico, dipendente e così via).
Solo in questa ipotesi, infatti, in ragione della stretta relazione intercorrente tra l’imputato e colui che, per esso, ha ricevuto l’atto, è
ragionevole presumere che il primo ne sia venuto a conoscenza, sì da ritenere giustificato l’onere a suo carico di dimostrare il contrario.
Analoga presunzione non opera nel caso in cui, a causa dell’impossibilità di notificazione di tale atto nel domicilio eletto o
dichiarato, la stessa venga effettuata presso il difensore ai sensi dell’art.
161, comma 4, cod. proc. pen., atteso che in questa ipotesi la notificazione avviene in luogo diverso dal domicilio. E ciò a maggior
ragione nell’ipotesi di difensore d’ufficio, come nel caso in esame, in cui il giudice, in ogni caso, deve verificare, anche in presenza di altri elementi,
che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che
quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019,
dep. 2020, Pg c. Ismail, Rv. 279420: principio, come si è già osservato, affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103).
Si impongono, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo giudizio, rispettoso dei principi sopra indicati, alla Corte di appello di Cagliari.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Cagliari.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.