Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25569 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25569 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PORTICI il 15/07/1967 MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Napoli, h rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da NOME COGNOME in riferimento alla custodia cautelare sofferta in relazione al reat cui agli artt. 110, 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e dal quale veni assolto dalla Corte di appello di Napoli, per non avere commesso il fatto, co sentenza del 20 marzo 2019.
La vicenda aveva tratto origine al rinvenimento presso l’appartamento in cui l’istante viveva con la moglie, NOME COGNOME, sito in Portici al traversa di INDIRIZZO, di un cospicuo quantitativo di cocaina, di materiale il confezionamento, di bilancino elettronico di precisione; nonché di un quaderno con appunti relativi al commercio della sostanza.
2.1. In sede di interrogatorio, l’indagato aveva contestato gli addeb affermando che, al suo rientro a casa, trovando i Carabinieri, ignorava del tu le ragioni della loro presenza ed ignorava, soprattutto, che, all’interno del appartamento, fosse custodito lo stupefacente.
L’assoluzione aveva trovato ragione nella ritenuta riconducibilità dell condotta dell’imputato ad una mera connivenza non punibile, osservando la Corte territoriale che non poteva ritenersi ogni oltre ragionevole dubbio che Dell’Aquila effettivamente concorresse nell’illecita attività della moglie, presta un effettivo contributo causale.
Il Giudice della riparazione ha negato l’invocato indennizzo, ritenendo che l’istante abbia concorso a dare causa alla custodia cautelare subita, atteso ch condotta dell’imputato, qualificata dallo stesso Giudice dell’assoluzione com connivenza non punibile, sia di per sé idonea a costituire colpa ostativa cau ostativa per colpa grave.
Avverso l’ordinanza del Giudice della riparazione propone ricorso il difensore dell’istante che solleva un unico motivo con cui deduce violazione di legge i relazione all’art. 314 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. La motivazione d provvedimento impugnato sarebbe fondata sulla circostanza, non provata, che l’istante fosse a conoscenza dell’attività di spaccio che si svolgeva nell’abitazi La Corte territoriale avrebbe fatto malgoverno dei principi in materia omettendo di tenere conto che tutto quanto caduto in sequestro era debitamente occultato all’interno dell’appartamento. Né il Giudice della riparazione specificherebbe
condotta di connivenza passiva dell’istante, a fronte di una sentenza assolutor che chiarisce la posizione del ricorrente sia in punto di colpevolezza che c riguardi alla conoscenza dell’attività criminosa.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso rigettato.
In rappresentanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è tempestivamente pervenuta memoria dell’Avvocatura generale con cui si chiede che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Il provvedimento impugnato ha congruamente e logicamente posto in evidenza come la conoscenza in capo all’istante di un’attività organizzata detenzione della sostanza stupefacente destinata a rifornire il mercato del droga appaia in re ipsa, in ragione delle seguenti circostanze: a) all’interno dell’appartamento in questione, di proprietà dei coniugi, erano custoditi ingen quantitativi di sostanza stupefacente, un bilancino elettronico di precisio materiale atto al confezionamento della droga e due quaderni riportanti importi e nominativi; b) la droga, il materiale per il confezionamento e i block notes erano variamente posizionati in vari punti della casa (all’interno della macchi per cucire, in un cassetto della credenza, in una intercapedine tra la credenz la macchina per cucire). Il Giudice della riparazione ne ha tratto la congr deduzione per la quale l’istante non potesse essere all’oscuro di una tale quant di droga e del materiale per confezionarla, pervenendo alla conclusione, non manifestamente illogica, della piena consapevolezza, in capo all’odierno ricorrente, del carattere illecito dell’attività che sì svolgeva nel suo appartame Il Giudice ha pertanto osservato che la condotta materiale, posta in essere d Dell’Aquila, pur non essendo sufficiente a fondare un giudizio di penale responsabilità, integra un profilo di colpa rilevabile in sede di riparazione.
Giove ricordare che, nel giudizio di riparazione, al giudice spetta decidere l’imputato abbia dato causa per dolo o colpa grave alla misura cautelare, valutar il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fonda il titolo cautelare, sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichi assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella valenza nel giudizio di assoluzione (Sez. 4, n. 41396 del 15/09/2016, Piccolo,
Rv. 268238). E ciò, in ragione dell’autonomia del giudizio per la riparazion dell’ingiusta detenzione rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando esso piani di indagine diversi che possono condurre a conclusioni del tutt differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti (ci in considerazione del diverso oggetto di accertamento: nel giudizio penale, la condotta di reato; nel giudizio di riparazione, la condotta gravemente colposa dolosa causalmente rilevante ai fini della misura cautelare), sia in considerazio delle diverse regole di giudizio (applicandosi solo in sede penale la regola del di là di ogni ragionevole dubbio ed una serie di limitazioni probatorie).
L’ordinanza impugnata ha adeguatamente illustrato che la tolleranza verso l’attività illecita perpetrata dalla moglie, rea confessa, con la quale conviveva creato un’apparenza di collegamento e cointeressenza tra l’istante e le co presenti nell’abitazione, attrezzata per l’illegale attività di commercializzaz dello stupefacente, tale da ingenerare una situazione di prevedibile e doveros intervento dell’Autorità giudiziaria.
In tal senso, il provvedimento impugnato si colloca nel solco della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui la connivenza può integrare la colpa grave che, ex art. 314, comma 1, cod. proc. pen., costituisce causa ostativa al sorgere del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzi allorché, nella situazione in concreto accertata, può essere ritenuta indice venir meno a elementari doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi gravi danni alle persone o alle cose, ovvero si concreti – non già in un me comportamento passivo dell’agente riguardo alla consumazione di un reato – ma nel tollerare che tale reato sia consumato, sempreché l’agente sia in grado impedire la consumazione o la prosecuzione dell’attività criminosa (Sez. 4, n. 16369 del 18.3.2003, COGNOME, Rv. 224773). Più recentemente, è stato precisato che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la colpa grave, ostativa riconoscimento dell’indennizzo, può ravvisarsi anche in relazione ad un atteggiamento di connivenza passiva quando, alternativamente, detto atteggiamento: 1) sia indice del venir meno di elementari doveri di solidariet sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle cose; concretizzi non già in un mero comportamento passivo dell’agente riguardo alla consumazione del reato ma nel tollerare che tale reato sia consumato, sempreché l’agente sia in grado di impedire la consumazione o la prosecuzione dell’attivi criminosa in ragione della sua posizione di garanzia; 3) risulti a oggettivamente rafforzato la volontà criminosa dell’agente, benché il connivente non intendesse perseguire tale effetto e vi sia la prova positiva che egli fos conoscenza dell’attività criminosa dell’agente ( Sez. 4, n. 4113 del 13/01/202
NOME COGNOME, Rv. 280391; Sez. 4, n. 15745 del 19/2/2015, Di Spirito, Rv.
263139).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla refusione delle spese sostenute dal Minister
resistente
nel presente giudizio di legittimità, che vengono liquidate complessivi euro mille.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla refusione delle spese sostenute dal Ministero resistent
nel presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro mille.
Così deciso il 10 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente