Spaccio di Droga: La Differenza tra Essere Complici e Connivenza Non Punibile
Essere a conoscenza di un’attività illecita non significa automaticamente esserne complici. Tuttavia, il confine tra la semplice conoscenza e una partecipazione punibile è spesso sottile e determinante in un processo penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per distinguere la connivenza non punibile dal concorso nel reato di detenzione di stupefacenti, fornendo chiarimenti essenziali per comprendere quando un comportamento passivo diventa un contributo attivo al crimine.
I Fatti del Caso: Un Ricorso in Cassazione
Il caso analizzato riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo di essere stato un semplice connivente, ovvero di aver avuto una conoscenza passiva dell’attività di spaccio altrui senza però parteciparvi attivamente. A suo dire, la Corte d’Appello aveva errato nel non considerare la sua posizione come una mera e inconsapevole tolleranza del trasporto di droga. Inoltre, contestava la severità della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche.
La Distinzione Cruciale: Connivenza Non Punibile vs Concorso nel Reato
Il punto centrale della decisione della Suprema Corte ruota attorno alla distinzione tra due concetti giuridici fondamentali: la connivenza e il concorso di persone nel reato.
Cos’è la Connivenza?
La connivenza si verifica quando una persona ha la consapevolezza che un altro sta commettendo un reato, ma mantiene un comportamento puramente passivo. Il connivente non interviene, non aiuta, non agevola in alcun modo l’autore del reato. In assenza di un obbligo giuridico specifico di impedire l’evento (come quello che grava sulle forze dell’ordine), questa passività non è penalmente rilevante. Si tratta di una tolleranza che, sebbene moralmente discutibile, non si traduce in un’azione punibile.
Quando si Diventa Complici?
La situazione cambia radicalmente quando alla mera conoscenza si aggiunge un contributo, anche minimo, all’azione criminosa. Il concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) non richiede necessariamente un’azione eclatante. Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente un consapevole contributo che agevoli il proposito del concorrente. Questo può manifestarsi in varie forme, come garantire una certa sicurezza all’autore del reato, offrire un appoggio logistico (ad esempio, mettendo a disposizione la propria abitazione per nascondere la droga) o fornire una collaborazione, anche implicita, sulla quale il reo sa di poter contare.
La Decisione della Suprema Corte e la Connivenza Non Punibile
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una semplice riproposizione di argomenti già ampiamente e logicamente confutati dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che, nel caso di specie, erano emersi numerosi elementi di fatto che escludevano una mera connivenza non punibile. In particolare, il ritrovamento di un importante quantitativo di eroina proprio nell’abitazione del ricorrente è stato interpretato come un chiaro contributo concorsuale, e non come un atteggiamento passivo.
Il Trattamento Sanzionatorio e le Attenuanti Generiche
Anche il motivo di ricorso relativo alla pena è stato giudicato generico e infondato. La Corte di merito, nell’esercitare il proprio potere discrezionale, aveva correttamente valutato elementi negativi a carico dell’imputato, quali l’ingente quantità di stupefacente sequestrato e i suoi precedenti penali per reati della stessa natura. In assenza di elementi di segno contrario, la decisione di non concedere le attenuanti generiche è stata ritenuta legittima e ben motivata.
le motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio giuridico consolidato (ius receptum): la linea di demarcazione tra la connivenza non punibile e il concorso nel reato risiede nella natura del comportamento tenuto. Mentre la prima presuppone una totale passività dell’agente, il secondo si configura con qualsiasi contributo attivo che faciliti, anche indirettamente, la commissione del reato. La Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente individuato nel comportamento dell’imputato un contributo concreto e consapevole, superando così l’ipotesi della semplice connivenza. La reiterazione dei medesimi motivi di appello, senza un confronto specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata, ha portato inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.
le conclusioni
In conclusione, questa ordinanza ribadisce un importante monito: nel campo dei reati legati agli stupefacenti, la neutralità è una posizione rischiosa. Fornire supporto logistico, garantire copertura o anche solo una tacita disponibilità alla collaborazione può trasformare un osservatore passivo in un concorrente nel reato, con tutte le conseguenze penali che ne derivano. La decisione sottolinea come i giudici di merito debbano valutare attentamente tutti gli elementi fattuali per distinguere una condotta passiva da un contributo attivo, anche quando quest’ultimo non si manifesta in azioni palesi ma in forme più sottili di agevolazione.
Quando una persona è considerata un semplice connivente non punibile in un reato di spaccio?
Una persona è considerata un connivente non punibile quando il suo comportamento è puramente passivo. Ciò significa che, pur essendo a conoscenza del reato, non fornisce alcun tipo di contributo per agevolarlo e non ha un obbligo giuridico di impedire l’evento.
Quale tipo di comportamento trasforma la connivenza in concorso punibile nel reato?
La connivenza si trasforma in concorso punibile quando si fornisce un contributo consapevole che agevola l’azione criminale. Questo può includere non solo azioni dirette, ma anche forme di supporto come garantire sicurezza al reo, offrire un luogo per nascondere la merce illecita o fornire una collaborazione implicita sulla quale il criminale può fare affidamento.
Perché la Corte ha rigettato la richiesta di concessione delle attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto il motivo generico, confermando la valutazione del giudice di merito. Quest’ultimo aveva correttamente basato la sua decisione sulla notevole quantità di droga sequestrata e sui precedenti penali specifici dell’imputato, non ravvisando elementi positivi tali da giustificare una riduzione di pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35500 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35500 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME;
191/ RG 15906
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata che ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorso è inammissibile in quanto interamente reiterativo degli stessi motivi di ric cui la Corte di appello ha fornito ampia e congrua argomentazione, con la quale non vi è alcuno specifico e puntuale confronto e comunque risultano declinati in fatto per accreditare una lettu alternativa – inconsapevolezza del trasporto di droga o connivenza – esclusa, con motivazion logiche e coerenti, dalla sentenza impugnata che a pag. 2 ha elencato i concreti e numerosi elementi di fatto espressivi della condotta concorsuale (incluso il ritrovamento in casa di NOME un importante quantitativo di eroina).
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale criterio discretivo tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto in mat detenzione di stupefacenti va ravvisata nel fatto che mentre la prima postula che l’agent mantenga un comportamento meramente passivo, non gravando sul connivente alcun obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40, cod. pen.; nel concorso di persone ex art. 110 cod. pen. è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente una collaborazione sulla quale poter contare (in questo senso, tra le molte, Sez. 2, n. 47 del 21/12/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244).
Il motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio e all’omessa applicazio delle circostanze attenuanti generiche, è generico in quanto la Corte di merito, nell’eserci della sua corretta e argomentata discrezionalità, ha valorizzato la cospicua quantità di eroi sequestrata nell’appartamento di NOME e i suoi carichi pendenti per delitti della medesima indo in assenza di altri elementi di segno contrario.
Dagli argomenti che precedono consegue l’inammissibilità del ricorso con le conseguenti pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.