Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16669 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16669 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
CC – 06/02/2025
R.G.N. 41544/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il 26/09/1982
avverso l’ordinanza del 19/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza del 02/09/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, di applicazione, nei confronti di NOME COGNOME, della misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziata del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990, 416 bis.1 cod. pen. (capo 15), per avere supportato e coadiuvato il marito NOME COGNOME nella gestione di una piazza di spaccio sita in INDIRIZZO fatto aggravato dall’aver agito al fine di agevolare l’associazione camorristica denominata clan COGNOME COGNOME.
Il Tribunale di Napoli evidenziava, in premessa, come le indagini effettuate avessero permesso di accertare l’esistenza ed attuale operatività dell’organizzazione di stampo camorristico denominata clan COGNOME COGNOME, stanziata nel quartiere napoletano di Ponticelli e zone limitrofe; tale associazione si era costituita con una originaria vocazione al controllo del traffico di sostanze stupefacenti, ottenendo il completo controllo delle piazze di spaccio operanti nel territorio di riferimento.
L’associazione finalizzata al narcotraffico, contestata al capo 15), era in particolare formata da piø articolazioni operanti, sempre con supporto ed avallo dei vertici del clan camorristico, su diverse porzioni del territorio di riferimento, tra le quali, per quanto di interesse, quella sita in INDIRIZZO gestita, in qualità di referente del clan e partecipe dell’associazione camorristica, da NOME COGNOME.
Con specifico riferimento alla posizione dell’odierna indagata, si evidenziava come la partecipazione di NOME COGNOME (moglie di NOME COGNOME, zia di NOME COGNOME e suocera di NOME COGNOME), emergesse con chiarezza dal contenuto di alcune conversazioni intercettate, disvelatrici della fattiva e poliedrica collaborazione mostrata dalla donna all’attività illecita del marito, condotta nella piena consapevolezza che tale attività fosse posta in essere con l’avallo ed al fine di agevolare il clan COGNOME COGNOME.
2.Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME che lamenta, con un unico motivo, l’errata valutazione, da parte del Tribunale, della sussistenza in capo all’indagata dei gravi indizi di colpevolezza. Sulla premessa, incontestata, che il marito fosse il gestore di una piazza di spaccio di marijuana con base operativa presso la sua abitazione, si duole la Difesa che il Tribunale abbia ritenuto la gravità indiziaria a carico dell’indagata sulla base di sole cinque conversazioni intercettate, nell’arco di un mese. Il rapporto di coniugio che lega l’indagata al Clienti, ed il fatto che quest’ultimo avesse come base operativa della sua attività l’abitazione famigliare, avrebbe dovuto condurre il Tribunale a qualificare la condotta della COGNOME quale connivenza non punibile.
Il Procuratore generale, NOME COGNOME COGNOME ha fatto pervenire la sua requisitoria scritta con la quale conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Giova ricordare che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976). Il ricorso Ł pertanto inammissibile quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Va, inoltre, ricordato che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni, la censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa (Sez. 5, n. 3643 del 14/07/1997, Rv. 209620). Pertanto, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione Ł motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. un. n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; in senso conforme Sez. 3, Sentenza n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337).
Ciò posto, deve evidenziarsi che la gravità del panorama indiziario evocato a sostegno della
misura, come scrutinato in termini di adeguatezza dal Tribunale del riesame, deve ritenersi congruamente sostenuta dall’apparato motivazionale su cui si radica l’impugnato provvedimento, che ha correttamente proceduto ad una valutazione analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico della ricorrente, dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che giustificano l’epilogo del relativo percorso decisorio. Entro tale prospettiva, deve rilevarsi come l’impugnata ordinanza abbia fatto buon governo del quadro dei principi che regolano la materia, ponendo in evidenza, sulla base delle emergenze investigative ivi compiutamente rappresentate (cfr. pagg. 17-20 ordinanza impugnata), le ragioni giustificative dell’ipotizzata condotta di partecipazione attraverso condotte dimostrative della fattiva collaborazione della donna nell’attività illecita del marito, quali: l’accompagnamento ad effettuare acquisiti di droga (progr. 295, 296 e 301 del 18/04/20219); l’ausilio nella predisposizione delle dosi di stupefacente da vendere (progr. 290 del 17/04/2021); la disponibilità, in assenza del marito, ad effettuare direttamente le cessioni agli acquirenti (progr. 204 del 12/04/2021); la disponibilità a disfarsi della droga in caso di intervento delle forze di polizia (progr. 86 del 01/04/2021); la tenuta della contabilità inerente lo spaccio (progr. 433 del 01/05/2021).
Del tutto correttamente, quindi, il Tribunale ha escluso di poter ricondurre l’attività della donna ad una mera connivenza non punibile, atteso il consapevole apporto positivo manifestatosi attraverso le descritte condotte, certamente dotate di valenza causale rispetto alla perpetrazione degli illeciti.
In definitiva, a fronte di un congruo ed esaustivo apprezzamento delle emergenze, esposto attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, la ricorrente si Ł limitata in modo del tutto generico a contestare la valenza dei sopra indicati elementi indiziari, senza però confrontarsi con il coerente ragionamento logico e giuridico svolto dal giudice a quo per confermare la ordinanza genetica. In sostanza, l’indagata contrappone una lettura alternativa delle risultanze investigative, facendo leva sul diverso apprezzamento di profili di merito già puntualmente vagliati in sede di riesame cautelare, e la cui rivisitazione, evidentemente, non Ł ammissibile in questa sede.
In conclusione, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende; la cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME