Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33597 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33597 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Messina nel procedimento a carico di COGNOME NOME, nata a Messina il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 06/03/2024 del Tribunale di Messina visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Messina, quale giudice del riesame, annullava l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina del 7 febbraio 2024, che aveva applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare per i delitti ex art. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Secondo il Tribunale / adito, difettavano i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagata in ordine alla sua partecipazione sia al sodalizio criminale di cui al capo 1), facente capo ai figli NOME, NOME e NOME COGNOME, sia all’attività illecita gestita dai congiunti di cui al capo 3)
In particolare, il Tribunale riteneva che la mera presenza della donna all’interno dell’abitazione familiare, i suoi interventi per dirimere i litigi tra i la premura da lei dimostrata di prevenire controlli delle forze dell’ordine non fossero indizi espressivi di un contributo partecipativo ai reati alla stessa provvisoriamente contestati.
Il Tribunale del riesame dava atto che analoga decisione era stata assunta anche con riferimento al marito della COGNOME, nonché padre dei tre indagati COGNOME, NOME COGNOME.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica indicato in epigrafe, denunciando i motivi di annullamento di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. f att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che le condotte della ricorrente si limitassero ad una mera connivenza non punibile.
Il ruolo della indagata emerge chiaramente dagli esiti delle indagini (intercettazioni e videoriprese): era presente in casa (base operativa del sodalizio) durante l’arrivo degli acquirenti a tutte le ore della giornata, indirizzandoli in u seconda fase delle indagini presso la vicina palazzina del figlio, redarguiva i figl dall’usare linguaggio troppo esplicito nelle conversazioni telefoniche, gestiva gli introiti della illecita attività, sottraendoli alla libera disponibilità dei figl n dovevano rendere conto alla madre e consegnandoI9, ad altra persona che ne doveva curare la custodia, discuteva con i figli apertamente della qualità o dell’approvvigionamento dello stupefacente.
In definitiva, la donna, oltre a fornire una base logistica al gruppo, si è occupata della custodia del denaro, ha preso parte anche a discussioni relative all’attività di traffico, consigliando di restituire la droga ai fornitori per la sca qualità.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato una memoria in vista dell’udienza, con la quale ha anticipato le conclusioni poi rassegnate in udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articola censure non consentite in questa Sede.
Va preliminarmente osservato che non costituisce motivo di carenza di interesse la circostanza che il pubblico ministero ricorrente non abbia indicato le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
Nel caso in esame tali esigenze possono ritenersi implicitamente sussistenti poiché la misura era stata applicata con riguardo ai reati per i quali opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (così, Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, Rv. 282355).
Quanto ai motivi di ricorso, non è inutile ribadire quali siano i limiti al sindacabilità, in questa Sede, dei provvedimenti adottati dal Tribunale del Riesame sulla libertà personale.
Secondo un consolidato principio in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di dirit che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (tra tante, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Tanto premesso, si deve rilevare che i rilievi articolati dal Pubblico Ministero nei confronti del provvedimento adottato dal Tribunale del riesame si risolvono, in sostanza, in una alternativa interpretazione dei dati investigativi che erano stati posti a fondamento della misura e che i giudici della cautela non hanno omesso di considerare, vagliandone la consistenza e la portata significativa nell’ottica proposta dalla pubblica accusa, giungendo, tuttavia, a conclusioni diverse che hanno sorretto con argomentazioni corrette in diritto e non manifestamente illogiche o intrinsecamente contraddittorie.
Il Tribunale ha infatti adeguatamente apprezzato i dati indiziari posti dal Giudice per le indagini preliminari a fondamento della misura: in particolare, si trattava del contenuto di alcune captazioni e degli esiti delle attiviVideoripresa eseguite con l’installazione di una telecamera nei pressi dell’abitazione della ricorrente.
Queste risultanze investigative, anche valutate congiuntamente, secondo il Tribunale, dimostravano soltanto la consapevolezza della ricorrente dei traffici illeciti posti in essere dai familiari e la mera condivisione dei loro intenti illeciti non il suo concreto contributo associativo o morale nell’attività illecita stessa (i tal senso cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 34563 del 17/07/2019, Rv. 276692; Sez. 6, n. 27605 del 17/04/2012, Rv. 253021).
Non erano infatti emersi né la partecipazione della ricorrente alle attività illecite poste in essere dai sodali (risultava infatti neutra la sua presenza nell residenza familiare mentre i congiunti compivano attività illecite; mentre era da ritenersi soltanto occasionale e quindi non significativa la circostanza che la ricorrente, su sollecitazione della nuora, avesse risposto una volta al citofono, consentendo ad un cliente abituale del sodalizio di entrare),né l’ipotizzato ruolo di cassiera del gruppo (smentito dal complessivo compendio indiziario).
A fronte di tale ragionamento il ricorrente, in definitiva, ha operato una ricostruzione della vicenda attraverso una rilettura dei dati investigativi che, dal suo punto di vista, consentirebbe di valorizzare le medesime fonti conoscitive, oltre a introdurre, anche in modo generico, ulteriori dati investigativi non emergenti dai provvedimenti di merito.
In tal modo, l’impugnazione ha finito per collocarsi al di fuori del perimetro dei vizi che sono deducibili in questa Sede, dove non è consentito sollecitare una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata alla luce di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione degli elementi acquisiti, anche qualora indicati dal ricorrente come in ipotesi maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati d giudice del merito.
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 03/07/2024.