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Congruità della pena: limiti del ricorso in Cassazione

Un soggetto, condannato per reati legati agli stupefacenti e possesso di armi, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un’errata determinazione della pena, ritenuta eccessiva rispetto ai minimi edittali. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo il principio secondo cui la valutazione sulla congruità della pena è di competenza esclusiva dei giudici di merito. Tale valutazione non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione della corte territoriale non sia palesemente illogica o arbitraria, cosa non riscontrata nel caso di specie.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Congruità della Pena: Quando la Cassazione Dichiara un Ricorso Inammissibile

La Corte Suprema di Cassazione, con la recente ordinanza n. 5372/2024, ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale riguardo i limiti del ricorso per la revisione della congruità della pena. La decisione sottolinea come la quantificazione della sanzione rientri nel potere discrezionale del giudice di merito e possa essere censurata in sede di legittimità solo in casi eccezionali. Questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere i confini del giudizio di Cassazione.

I Fatti di Causa e la Condanna

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello per una serie di reati, tra cui quelli previsti dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/90 (in materia di stupefacenti) e dall’art. 697 del codice penale (possesso abusivo di armi), unificati dal vincolo della continuazione (art. 81 cpv. c.p.). La Corte di merito aveva determinato una pena ritenuta adeguata alla gravità dei fatti commessi.

Il Ricorso in Cassazione e la Contestata Congruità della Pena

La difesa dell’imputato ha adito la Corte di Cassazione lamentando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale. Il fulcro del ricorso era la presunta scorretta determinazione della pena, la quale, secondo la tesi difensiva, non era stata contenuta nei minimi edittali senza un’adeguata giustificazione. In sostanza, si contestava la violazione dell’art. 133 del codice penale, che elenca i criteri guida per il giudice nella commisurazione della sanzione.

L’obiettivo della difesa era ottenere una nuova valutazione della congruità della pena, sostenendo che quella inflitta fosse sproporzionata. Tuttavia, la difesa ha reiterato rilievi di fatto già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici di legittimità hanno innanzitutto evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “logica e puntuale” per giustificare la pena inflitta. In particolare, la decisione di secondo grado aveva fatto esplicito riferimento alla “gravità del fatto” e all'”intensità del dolo” come elementi che giustificavano un trattamento sanzionatorio superiore ai minimi di legge.

Il punto cruciale della motivazione della Cassazione è la riaffermazione del proprio ruolo: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici delle fasi precedenti per quanto riguarda l’apprezzamento dei fatti. Di conseguenza, è inammissibile una censura che miri semplicemente a una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che la determinazione del giudice di merito non sia il risultato di “mero arbitrio o di un ragionamento illogico”. Poiché nel caso di specie la motivazione della Corte d’Appello era coerente e ben argomentata, non sussistevano i presupposti per un intervento della Cassazione.

Conclusioni: L’Inammissibilità e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: chiarisce che non è sufficiente lamentare una pena “troppo alta” per ottenere una revisione in Cassazione. È necessario, invece, dimostrare un vizio specifico nella motivazione del giudice di merito, come una palese illogicità, una contraddizione o una carenza argomentativa che renda la decisione arbitraria. In assenza di tali vizi, la valutazione sulla giusta pena rimane insindacabile in sede di legittimità, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito in questa delicata materia.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta semplicemente ‘troppo alta’?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena, cioè se sia ‘giusta’ o ‘proporzionata’. Questo tipo di valutazione spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

In quali casi la Corte di Cassazione può annullare una sentenza per motivi legati alla pena?
La Cassazione può intervenire solo se la determinazione della pena da parte del giudice di merito è frutto di puro arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico, oppure se la motivazione a sostegno della decisione è del tutto mancante o contraddittoria.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché privo dei requisiti richiesti dalla legge. Di conseguenza, la decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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