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Conflitto interessi: ricorso dell’ente inammissibile

Una società proponeva ricorso contro un decreto di sequestro preventivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile non per carenza di interesse, ma per un insanabile conflitto di interessi. Poiché il legale rappresentante della società era anche indagato per il reato presupposto, non poteva validamente conferire la procura al difensore per l’impugnazione, rendendo l’atto nullo per difetto di legittimazione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conflitto di Interessi e D.Lgs. 231/2001: Quando il Ricorso dell’Ente è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nella responsabilità amministrativa degli enti: il conflitto di interessi tra la società e il suo legale rappresentante, quando quest’ultimo è indagato per il reato presupposto, rende inammissibile l’impugnazione proposta nell’interesse dell’ente. La decisione chiarisce che la nomina di un procuratore speciale da parte dello stesso amministratore indagato non è sufficiente a sanare questa situazione, poiché non garantisce la necessaria indipendenza nella difesa degli interessi societari.

I Fatti del Caso: Sequestro non Eseguito e Istanza di Riesame

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro preventivo per una somma superiore a 600.000 euro, emesso nei confronti di una società a responsabilità limitata. Sebbene il provvedimento non fosse mai stato materialmente eseguito, la società aveva presentato un’istanza di riesame, contestando sia la sussistenza degli indizi di reato (fumus commissi delicti) sia il pericolo nel ritardo (periculum in mora).

Il Tribunale di Milano, tuttavia, aveva dichiarato l’istanza inammissibile per carenza di un interesse concreto e attuale, proprio in virtù della mancata esecuzione del sequestro. La società, ritenendo lesi i propri diritti, decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo che l’interesse a rimuovere un provvedimento pregiudizievole sussiste a prescindere dalla sua esecuzione materiale.

Il Ricorso in Cassazione e il Vero Nodo della Questione: il Conflitto di Interessi

La Suprema Corte, pur riconoscendo la potenziale validità delle argomentazioni sull’interesse ad agire, ha spostato il focus della sua analisi su un vizio procedurale ben più radicale e assorbente: la validità della procura conferita al difensore.

Il punto centrale è che il legale rappresentante della società, che aveva conferito la procura per l’impugnazione, era egli stesso indagato per i reati da cui scaturiva la responsabilità amministrativa contestata all’ente. Questa circostanza, secondo la Corte, crea un insanabile conflitto di interessi, come disciplinato dall’art. 39 del D.Lgs. 231/2001. La norma vieta esplicitamente al legale rappresentante indagato di rappresentare l’ente nel procedimento penale, poiché i suoi interessi difensivi potrebbero divergere, o addirittura contrastare, con quelli della società.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha articolato la sua decisione su alcuni pilastri fondamentali, offrendo una chiara interpretazione della normativa e delle sue implicazioni pratiche.

La Presunzione Assoluta del Conflitto di Interessi

Il divieto previsto dall’art. 39 è, secondo la giurisprudenza consolidata, assoluto e non ammette deroghe. Si tratta di una presunzione iuris et de iure, che non richiede una verifica concreta della situazione di incompatibilità. La coesistenza del ruolo di indagato e di rappresentante legale dell’ente è di per sé sufficiente a far scattare il divieto. Questa rigidità è funzionale a garantire pienamente il diritto di difesa della società. L’ente, infatti, potrebbe avere interesse a dimostrare che l’amministratore ha agito nel suo esclusivo interesse personale o di terzi, scaricando su di lui la responsabilità. Tale strategia difensiva sarebbe chiaramente compromessa se a dirigerla fosse lo stesso amministratore.

La Nomina del Procuratore Speciale non Risolve il Conflitto

Nel caso di specie, il legale rappresentante indagato aveva nominato un’altra persona come procuratrice speciale ad litem per presentare il ricorso. Tuttavia, la Corte ha ritenuto questo meccanismo inefficace a superare il conflitto di interessi. La nomina, provenendo direttamente dal soggetto in conflitto, è stata definita una mera translatio potestatis (un trasferimento di poteri) e la procuratrice una ‘emanazione’ del rappresentante legale. Non vi era alcun elemento per ritenere che tale nomina garantisse l’indipendenza necessaria a tutelare gli interessi della società separatamente da quelli del suo amministratore.

La Necessità di un Meccanismo di ‘Separazione’ Interno

La sentenza sottolinea implicitamente la necessità per le società di dotarsi di modelli organizzativi (MOG 231) che prevedano meccanismi specifici per gestire queste situazioni. Un modello adeguato dovrebbe individuare un soggetto o un organo indipendente (diverso dal legale rappresentante in conflitto) con il potere di nominare un difensore per l’ente. In assenza di un tale meccanismo formalizzato, la capacità della società di difendersi in giudizio è seriamente compromessa.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione, rilevabile d’ufficio. La procura conferita al difensore era invalida perché proveniente da un soggetto legalmente impossibilitato a rappresentare l’ente in quel procedimento a causa di un conflitto di interessi insanabile. Questa pronuncia ribadisce l’importanza per le aziende di implementare modelli organizzativi robusti e ben strutturati, che non solo prevengano i reati, ma che gestiscano anche le patologie procedurali che possono emergere durante un’indagine penale, garantendo così la piena ed effettiva tutela dei diritti dell’ente.

Quando il legale rappresentante di una società non può rappresentarla in un procedimento penale?
Quando è indagato o imputato per il reato presupposto da cui dipende la responsabilità amministrativa dell’ente. L’art. 39 del D.Lgs. 231/2001 stabilisce un divieto assoluto per evitare un conflitto di interessi.

La nomina di un avvocato speciale da parte del legale rappresentante indagato risolve il conflitto di interessi?
No. Secondo la sentenza, questa nomina è un semplice trasferimento di poteri (translatio potestatis) che non garantisce l’indipendenza richiesta. L’avvocato nominato è considerato una ‘emanazione’ del soggetto in conflitto, rendendo la procura invalida.

Cosa deve fare una società per difendersi efficacemente quando il suo legale rappresentante è indagato?
La società deve attivare un meccanismo di ‘separazione’ previsto dal suo modello organizzativo. Questo meccanismo dovrebbe consentire la nomina di un difensore da parte di un soggetto o organo interno indipendente e non in conflitto, assicurando così una difesa genuina degli interessi societari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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