Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28095 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28095 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a VARESE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
letta la memoria a firma dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile, che ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunzata 1’8 giugno 2023 dalla Corte di appello di Bologna, che ha parzialmente riformato – riconoscendo le attenuanti generiche e il beneficio della sospensione condizionale della pena – la sentenza del
Tribunale di Ferrara che aveva condanNOME COGNOME NOME per il reato previsto dall’art. 2634 cod. civ.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato – in qualità di amministratore delle società “RAGIONE_SOCIALE“, RAGIONE_SOCIALE e “RAGIONE_SOCIALE” – avrebbe emesso (dai conti correnti delle tre società) dieci bonifici bancari in suo favore, per un importo complessivo di euro 45.038,80, in relazione ad asserite prestazioni professionali. Il COGNOME, in evidente conflitto interessi, avrebbe emesso anche le fatture per le presunte prestazioni professionali, nella qualità di titolare dello “RAGIONE_SOCIALE“.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la Corte di appello non avrebbe motivato in ordine ai primi due motivi di appello e, in particolare, sulla deduzione con la quale la difesa aveva invocato la scriminante dell’esercizio di un diritto. L’appellante aveva rappresentato che: le società erano prive di struttura amministrativa e si erano sempre servite degli uffici di proprietà dell’imputato; secondo gli accordi tra i due soci, al momento dello scioglimento delle società, il COGNOME sarebbe stato ristorato dalle spese sostenute per le spese di amministrazione e domiciliazione delle varie società. Effettuando i bonifici in suo favore, l’imputato avrebbe esercitato il diritt al ristoro delle spese sostenute, che traeva origine nell’accordo tra i due soci ovvero nell’ingiustificato arricchimento della società (art. 2041 cod. civ.).
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe completamente omesso di motivare in ordine al motivo di appello con il quale la difesa aveva contestato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, sostenendo che la condotta dell’imputato non fosse supportata dal dolo intenzionale, richiesto dall’art. 2634 cod. civ.
Il ricorrente sostiene che, anche se si volesse ritenere che l’obbligazione della società verso l’imputato non sussistesse, nondimeno mancherebbe la prova che l’imputato fosse animato dalla «primaria e trascinante intenzione» di arrecare un danno alla società.
Sotto tale profilo, evidenzia che l’imputato era socio al 50% delle società in questione e che i pagamenti erano stati effettuati con un patrimonio che era suo al 50%.
TARGA_VEICOLO-J-1
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza.
AVV_NOTAIO, per la parte civile, ha presentato conclusioni scritte con le quali ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata, agli effetti penali, deve essere annullata senza rinvio, per essere il reato estinto per prescrizione. Agli effetti civili, essen fondato il secondo motivo di ricorso, la sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
1.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Nella seppur scarna sentenza di appello ; invero, è riscontrabile un’implicita risposta alle deduzioni difensive, nella parte in cui la Corte territoriale osserva che vi era un evidente conflitto di interessi tra società e amministratore e che il credito non era liquido né esigibile. Va rilevato, peraltro, che lo stesso ricorrente ammette che le spese andavano rimborsate solo allo scioglimento delle società.
Sotto tale profilo, va ricordato che questa Corte ha già escluso che la scriminate dell’esercizio del diritto possa essere invocata rispetto a crediti che non presentano «i requisiti della certezza, liquidità, esigibilità» (Sez. 2, n. 6564 de 14/12/1982, COGNOME, Rv. 159924).
1.2. Il secondo motivo è fondato, fermo restando, agli effetti penali, il carattere assorbente dell’intervenuta prescrizione.
La sentenza impugnata risulta del tutto priva di una specifica risposta al motivo di appello con il quale la difesa aveva dedotto l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Al riguardo, occorre ricordare che «sussiste il vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc, pen., quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività» (Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, COGNOME, Rv. 257967; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263129)
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello non ha proprio risposto alle specifiche doglianze mosse con l’atto di impugnazione.
Palese risulta la decisività delle questioni poste con l’appello, atteso che esse erano relative a un elemento costitutivo del reato.
Agli effetti penali, tuttavia, va rilevato che il risulta estinto per prescrizione termine massimo di prescrizione (iniziato a decorrere con la consumazione del reato il 10 agosto 2016), pari a sette anni e sei mesi, in assenza di sospensioni, risulta decorso il 10 febbraio 2024, dopo la sentenza di appello, emessa 1’8 giugno 2023.
Ne segue che, in difetto dell’evidenza di cause di non punibilità riconducibili all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., la sentenza impugnata, agli effetti penali, deve essere annullata senza rinvio, perché il reato è estinto per prescrizione.
Agli effetti civili, la fondatezza del secondo motivo di ricorso determina l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla la medesima sentenza agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso, il 24 aprile 2024.