Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34821 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34821 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 19/05/2025 del Tribunale di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/05/2025, il Tribunale di Salerno, in parziale accoglimento dell’appello che era stato proposto, ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Salerno contro l’ordinanza del 08/04/2025 del G.i.p. dello stesso Tribunale con la quale era stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo “impeditivo” dei crediti d’imposta di C 267.728,60 nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, disponeva, nei confronti di tale società, ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., il sequestro preventivo “impeditivo” dei crediti d’imposta di C 177.953,20 presenti nel cassetto fiscale della stessa.
Tali crediti erano stati ceduti ad RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME, al quale erano stati ceduti da RAGIONE_SOCIALE Il sequestro preventivo “impeditivo” degli stessi crediti veniva disposto dal Tribunale di Salerno in quanto cose pertinenti al reato di truffa
aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui al capo A) dell’imputazione provvisoria, commesso dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME) e dal commercialista di tale società (NOME COGNOME) col generare, mediante le operazioni fraudolente che sono descritte nell’ordinanza impugnata, crediti d’imposta inesistenti relativi al cosiddetto “superbonus 110%”.
Avverso l’indicata ordinanza del 19/05/2025 del Tribunale di Salerno, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore e procuratore speciale AVV_NOTAIO, RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 125, comma 3, 257, 322, 324 e 568 dello stesso codice, «con riguardo alla violazione del diritto di difesa processuale».
«In premessa e in punto di legittimazione ad impugnare della società quale destinataria del sequestro impeditivo applicato in ragione della imputazione sollevata al capo A) – dal quale la medesima risulta assolutamente estranea -», RAGIONE_SOCIALE lamenta che il Tribunale di Salerno abbia ritenuto, in modo asseritamente erroneo, «la assenza di regolare costituzione del soggetto destinatario della richiesta cautelare (RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante NOME)», per la ragione che NOME era indagato per i reati di indebita compensazione (art. 10-quater del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74) di cui ai capi C) e G) dell’imputazione provvisoria e che ad RAGIONE_SOCIALE, di cui lo stesso NOME era legale rappresentante, era contestato l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-quinquiesdecies, comma 1-bis, lett. c), del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, avendo rilevato che «NOME, quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, rilasciava nomina/procura speciale allAVV_NOTAIO» (pagg. 11-12 dell’ordinanza impugnata).
RAGIONE_SOCIALE premette che «l’odierno ricorrente si costituiva in giudizio sia nella qualità di indagato nel procedimento penale (anche se le imputazioni a proprio carico non attenevano al procedimento cautelare in commento), che nella qualità di legale rappresentante dell’ente», il quale «in questa sede subiva il sequestro come terzo cessionario estraneo alla vicenda cautelare e non già quale conseguenza della imputazione attribuita al soggetto giuridico».
Tanto considerato, l’ordinanza impugnata dovrebbe essere censurata là dove il Tribunale di Salerno «disconosce, l’esistenza in capo a NOME, non solo della legittimazione ad esercitare il diritto di impugnazione, ma in particolare la sussistenza del concreto interesse alla tutela, in favore dello stesso quale LR, dei crediti nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE, della quale – per legge e per mandato – rappresenta gli interessi».
Secondo la ricorrente, la tesi propugnata dal Tribunale di Salerno condurrebbe all’incongrua conclusione che l’ordinanza del Tribunale di Salerno «non potrebbe essere impugnata nè da parte dell’indagato, né da parte del rappresentante legale della società».
Il tema in questione atterrebbe all’ammissibilità della costituzione presentata dal legale rappresentante di un ente nell’ambito del giudizio che attiene al sequestro di beni dello stesso ente (i crediti d’imposta) allorquando la persona fisica del legale rappresentante «sia indagata per il reato presupposto dell’illecito amministrativo da reato per il quale, tuttavia, non si è ritenuto di applicare alcuna misura cautelare nei confronti del soggetto immateriale» (cioè dell’ente), il quale, pertanto, «sotto il profilo processuale al momento della presentazione dell’impugnazione è – rispetto al sequestro impeditivo – solo ed esclusivamente da considerarsi terzo interessato dal vincolo».
RAGIONE_SOCIALE precisa che NOME era «iscritto nel procedimento penale per fatti trasferiti per competenza ad altra procura (vedi provvedimento reiettivo del GIP)» e «nemmeno presupposti» rispetto all’imputazione provvisoria di cui al capo A) che «ha generato l’impugnato sequestro», essendo la stessa imputazione contestata a soggetti del tutto estranei rispetto ad RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente invoca Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, COGNOME, Rv. 264309-01) e asserisce che il principio affermato con tale sentenza troverebbe conferma «dalla mancata nomina da parte del Tribunale del Riesame, di un difensore di ufficio della società, evidentemente ritenuta non necessaria in quanto quest’ultima è destinataria del richiesto sequestro (in occasione dell’appello del PM avverso l’originario rigetto del GIP) esclusivamente quale terza interessata e, di conseguenza, legittimata all’impugnazione mediante la nomina conferita dal proprio legale rappresentante».
Da ciò la nullità «assoluta» dell’ordinanza impugnata per violazione del diritto di difesa.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 119 e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, conv. con modif. dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dell’art. 7 CEDU e dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, «per l’impossibilità di sottoporre a sequestro crediti d’imposta, acquistati dal cessionario di buona fede, per insussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 640 bis c.p., con conseguente carenza del requisito del periculum in mora e violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.) per la insufficiente valutazione in merito alla concretezza e all’attualità del pregiudizio».
Secondo la ricorrente, nel caso in esame difetterebbero «entrambi i requisiti richiesti ai fini dell’applicazione della misura cautelare».
2.2.1. Quanto al primo requisito, RAGIONE_SOCIALE lamenta che il Tribunale di Salerno non avrebbe fatto buon governo dell’art. 640-bis cod. pen., in quanto avrebbe ritenuto la sussistenza, nei fatti di cui al capo A) dell’imputazione provvisoria, del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche previsto dal suddetto articolo nonostante «l’assoluta insussistenza del danno nei confronti dell’erario», da intendersi in senso patrimoniale ed economico, cioè come «una lesione concreta e non soltanto potenziale».
La ricorrente argomenta che «il danno per lo stato, giacché le condotte di compensazione indebita sono contestate come un post factum (rispetto allo schema della truffa aggravata, si intende) e non già quale porzione del meccanismo fraudolento presunto, non può ritenersi in alcun modo configurabile, in quanto resterebbe un evento successivo, eventuale e non preventivabile rispetto alla indebita concessione del beneficio».
I fatti ricostruiti dal Tribunale di Salerno, «se da un lato hanno determinato la nascita di un credito nei confronti dello Stato, non hanno altresì, determinato (ancora) una effettiva perdita economica per lo stesso rendendo assolutamente inapplicabile lo schema giuridico dell’art. 640 bis cp (sul punto anche Cass. Pen. sez. III, 07/03/2024, n. 23402)».
2.2.2. Quanto al secondo requisito, la ricorrente contesta la motivazione sul periculum in mora «con riferimento alla specifica posizione della società RAGIONE_SOCIALE, soggetto non soltanto estraneo al reato di cui al capo A), ma altresì da esso danneggiato, che ha acquistato il credito e perfettamente in grado di garantire lo stesso».
La motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe «apparente (ovvero quella stilizzata nell’art. 321 comma 1 cpp)» e «immotivatamente sintetica», in quanto il Tribunale di Salerno avrebbe argomentato «con esclusivo riferimento alla disponibilità di quei crediti da parte degli autori del reato di cui al capo A) non, invece, dei terzi a questo estranei, come appunto la società RAGIONE_SOCIALE».
Secondo la ricorrente, non potrebbe «configurarsi un pericolo derivante dalla libera circolazione della res, pervenuta nella disponibilità della società mediante un atto di acquisto», né la «mera pertinenzialità» della stessa res si potrebbe ritenere idonea a soddisfare l’onere motivazionale in punto di periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è fondato.
Il Tribunale di Salerno ha ritenuto l’inammissibilità della costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE – che non risulta avere pertanto partecipato al giudizio di appello cautelare – per la ragione che la società aveva agito in tale giudizio tramite un difensore e procuratore speciale, l’AVV_NOTAIO, che era
stato nominato dal legale rappresentante NOME COGNOME, il quale, essendo indagato dei reati di cui ai capi C) e G) dell’imputazione provvisoria che costituivano i reati presupposto dell’illecito amministrativo che era contestato ad RAGIONE_SOCIALE al capo I) dell’imputazione provvisoria, si doveva ritenere versare in una situazione di incompatibilità a norma dell’art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001 (pagg. 11, ultimo capoverso, e primo paragrafo della pag. 12 dell’ordinanza impugnata; verbale dell’udienza del 15/05/2025).
A sostegno di tale decisione, il Tribunale di Salerno richiamava il principio affermato da Sez. 2, n. 13003 del 31/01/2024, COGNOME, Rv. 283551, secondo cui, in tema di responsabilità da reato degli enti, il legale rappresentante, indagato o imputato del reato presupposto, non può provvedere alla nomina del difensore dell’ente ex art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001, a causa del conflitto di interessi, da ritenersi presunto iuris et de iure, senza che sia necessario, a tal fine, un concreto accertamento del giudice, che, per l’effetto, non ha un onere motivazionale sul punto (in precedenza: Sez. 3, n. 35387 del 13/05/2022, COGNOME, Rv. 283551-01. Si veda anche, con riguardo all’inammissibilità dalla richiesta di riesame del sequestro preventivo disposto nei confronti dell’ente: Sez. 2, n. 23910 del 07/05/2025, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 288227-01; Sez. 2, n. 44372 del 13/10/2022, COGNOME, Rv. 284123-01).
In proposito, si deve osservare che, come risulta chiaramente anche da tali precedenti della Corte di cassazione, l’incompatibilità del legale rappresentante che è prevista dall’art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001 riguarda il caso in cui l’iniziativa cautelare nei confronti dell’ente si riferisca a un illecito amministrativ che dipende da un reato presupposto per il quale lo stesso legale rappresentante è indagato o imputato.
Nel caso in esame, il sequestro preventivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE non era stato disposto con riferimento all’illecito amministrativo per cui tale ente era indagato (al capo “I” dell’imputazione provvisoria; art. 25-quinquiesdecies, comma 1-bis, lett. c, del d.lgs. n. 231 del 2001), né con riferimento ai reati presupposto dai quali tale illecito amministrativo dipendeva e per i quali era indagato (ai capi “C” e “G” dell’imputazione provvisoria; art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000) il legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE.
Come è stato esattamente evidenziato con il motivo di ricorso, il sequestro preventivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era stato invece disposto con riferimento ai crediti d’imposta, presenti nel cassetto fiscale della società – che li aveva acquistati da NOME COGNOME, il quale li aveva a sua volta acquistati da RAGIONE_SOCIALE che derivavano dalle condotte truffaldine di cui al capo A) dell’imputazione provvisoria, le quali, come si è anticipato nella parte in fatto, erano contestate al legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e al commercialista di tale
società NOME COGNOME, e rispetto alle quali, pertanto, sia RAGIONE_SOCIALE sia il suo legale rappresentante NOME RAGIONE_SOCIALE erano estranei.
Ne discende che erroneamente il Tribunale di Salerno ha ritenuto che il NOME versasse in una situazione di incompatibilità a provvedere alla nomina del difensore e procuratore speciale della società RAGIONE_SOCIALE da lui rappresentata, atteso che, nel caso in esame, tale società era solo terza estranea rispetto all’indicato reato di cui al capo A) dell’imputazione provvisoria, con la conseguenza che non era configurabile quella situazione di «obiettiva e insanabile conflittualità processuale» (così Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, COGNOME, cit.) che costituisce la ratio dell’incompatibilità che è stabilita dall’art. 39 del d.lgs. n. 231 del 2001 con riguardo al caso in cui il legale rappresentante dell’ente sia indagato o imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo al cui relativo procedimento lo stesso ente intenda partecipare.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per un nuovo giudizio, al Tribunale di Salerno, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Salerno competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, c.p.p.
Così deciso il 16/10/2025.