Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28552 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28552 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOTARI NOMECOGNOME nato a Maratea (Mt) il 13 maggio 1965;
avverso la ordinanza n. 53/24 RMCReali del Tribunale di Perugia del 1 ottobre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e i ricorsi introduttivi;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente alla ricorrenza del requisito del pericolo nel ritardo;
sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME del foro di Napoli, in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del foro di Avellino, il quale ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con una ampia ordinanza del 1 ottobre 2024, i cui contenuti rimandano in cospicua misura alla precedente ordinanza resa il 7 dicembre 2021 in sede di riesame dal medesimo organo giudiziario, il Tribunale di Perugia ha rigettato l’appello cautelare presentato da COGNOME COGNOME il quale ha agito sia in proprio che in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento del 19 luglio 2024 con il quale il Gíp del Tribunale perugino aveva, a sua volta, rigettato la richiesta di revoca o di riduzione del sequestro preventivo disposto, in data 4 novembre 2021, nei confronti dei predetti soggetti, indagati, il primo in relazione ad una ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia tributaria ed a taluni reati scopo di tale associazione e la seconda in relazione alla sua correlata responsabilità ai sensi della legge n. 231 del 2001.
Il sequestro, finalizzato anche ad una successiva confisca per equivalente, aveva avuto ad oggetto la somma di euri 9.770.370,22 quale profitto conseguito in ipotesi attraverso la commissione dei reati fine; la somma di euri 443.860 quale profitto derivante al Notari ed alla RAGIONE_SOCIALE (successivamente trasformata in RAGIONE_SOCIALE) dalla partecipazione del primo alla associazione per delinquere; mentre, nelle forme del sequestro impeditivo aveva avuto ad oggetto l’intera struttura aziendale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Avverso la predetta ordinanza ha interposto ricorso per cassazione il Notari, nella predetta duplice qualità, articolando a sostegno della sua impugnazione quattro motivi di impugnazione.
Un primo motivo di impugnazione ha ad oggetto la ritenuta carenza di motivazione dell’originario provvedimento del Gip in relazione alla sussistenza del pericolo nel ritardo che avrebbe potuto giustificare l’adozione del provvedimento cautelare impugnato; una tale vizio, rileva il ricorrente, non è suscettibile peraltro di essere sanato attraverso l’opera del Tribunale, atteso che non è consentito in sede cautelare integrare il provvedimento gravato laddove lo stesso sia radicalmente privo di uno dei suoi elementi costitutivi.
Per altro, aggiunge il ricorrente, il Tribunale di Perugia l nel rigettare l’appello cautelare presentato dalla ora ricorrente difesa, non ha assolutamente tenuto conto del fatto che, con altro provvedimento del 1 febbraio 2024, il Gip di Perugia ha revocato, preso atto della circostanza che il Notari, nella spiegata qualità, ha iniziato a pagare, in attuazione di un accordo
intervenuto con la Agenzia delle entrate, il debito tributario gravante sulla RAGIONE_SOCIALE, Spa, il sequestro gravante sui conti correnti bancari intestati alla predetta società e sulle quota azionarie del suo capitale intesta al Notari.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente si è doluto, sostenendo che in tale modo la motivazione della ordinanza del Tribunale di Perugia risulterebbe priva dei requisiti minimi di coerenza e ragionevolezza, del fatto che il giudice dell’appello cautelare non abbia affatto tenuto conto della citata ordinanza, datata 1 febbraio 2024, del Gip di Perugia di parziale revoca dell’originario sequestro e del fatto che il debito tributario gravante su RAGIONE_SOCIALE aveva ad oggetto la sola garanzia della posizione debitoria verso il fisco delle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la prima delle quali è stat oggetto di giudizio, favorevole per la contribuente, definito con sentenza della Corte di giustizia tributaria regionale della Lombardia n. 139 del 2024, mentre la seconda è stata oggetto di accordo di rateizzazione.
Con il terzo motivo si censura il fatto che la ordinanza del Tribunale di Perugia sia del tutto silente sugli elementi di novità sopravvenuti che elidono in radice sia la esistenza del fumus delicti; in particolare il Tribunale avrebbe omesso di rilevare che la RAGIONE_SOCIALE non era tenuta a garantire l’obbligazione di RAGIONE_SOCIALE, posto che il prelievo di prodotto energetico da questa effettuato, fonte della obbligazione di garanzia per il versamento dei tributi da questa dovuti all’Erario, non era avvenuto presso il deposito di RAGIONE_SOCIALE, in qualità di “destinatario registrato”, ma presso il “deposito fiscale” di Decal, risultando, pertanto, gli odierni ricorrenti estranei rispe alla complessa vicenda penale oggetto di indagine.
Quanto al pericolo nel ritardo, oggetto del quarto motivo di impugnazione, il Tribunale non aveva tenuto conto del fatto che sia Notari che la RAGIONE_SOCIALE godono ancora di una certa solidità economica, a differenza delle altre imprese oggetto di indagine, ed in particolare non risulta che i Notari abbia posto in essere alcuna condotta distrattiva, volta a depauperare od occultare il proprio patrimonio; a nulla rileverebbe, ad avviso del ricorrente, il riferimento alla pervicacia dimostrata dal Notari nelle sue condotte criminose posto che, al netto della sua perdurante incensuratezza, un siffatto rilievo non aggrava il pericolo di conservazione della garanzia patrimoniale in favore del Fisco.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi contestualmente presentati dal Notari, sia quello da lui proposto in proprio sia quello da lui introdotto in qualità di legal rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili – sia pure per ragioni non coincidenti – e, pertanto debbono essere per tali dichiarati.
Prendendo le mosse, data la maggiore speditezza decisoria, dal ricorso presentato nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, rileva il Collegio che è pacifica la circostanza che le indagini in corso vedono quali soggetti indagati, fra gli altri, oltre al Notari f anche la RAGIONE_SOCIALE, tenuta a rispondere per le condotte penalmente rilevanti in ipotesi poste in essere dai suoi organi rappresentativi (ed a vantaggio della medesima) ai sensi dell’art. 5 del dlgs n. 231 del 2001.
Siffatta disposizione prevede, infatti, che la persona giuridica sia tenuta a rispondere per una serie di reati – fra i quali vi è l’associazione delinquere – commessi nel suo interesse o a suo vantaggio, fra l’altro, da “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente”; indiscusso essendo che il Notari svolgesse (e svolga tuttora) compiti di rappresentanza della predetta società (tanto da avere presentato in tale veste il presente ricorso) e che gli illeciti tributari costit lo scopo della associazione per delinquere della quale il Notari sarebbe stato parte erano realizzati, anche, allo scopo di alleviare il carico tributar gravante sulla società in questione, appare evidente che la eventuale responsabilità della RAGIONE_SOCIALE debba essere costruita entro i limiti, anche di carattere processuale, fissati dalla normativa contenuta nel dlgs n. 231 del 2001, il quale, prevede, infatti, all’art. 19, che “nei confronti dell’ent sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo e del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita danneggiato”; tale confisca – la quale evidentemente legittima la astratta possibilità di adozione di strumenti cautelari, quale è il sequestro, strumental alla effettività di quella – ove non sia attuabile sui beni materialment costituenti il profitto ovvero il prezzo del reato, “può avere ad oggetto (. come stabilito dal comma 2 dell’art. 19 del citato decreto legislativo … somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente” ad essi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto rilevato, in termini generali, osserva ora il Collegio, con specifico riferimento al ricorso ora in questione, che lo stesso è stato redatto da un difensore, l’avv. NOME COGNOME, del foro di Avellino, il quale risulta essere stato officiato, nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, proprio dal Notari, cioè dal soggetto che, nella qualità di legale rappresentante della predetta società,
è indagato in ordine, fra l’altro, alla associazione per delinquere in relazione alla quale la stessa RAGIONE_SOCIALE è stata chiamata a rispondere ai sensi dell’art. 24-ter del dlgs n. 231 del 2001.
Siffatta investitura è, però, radicalmente nulla ai sensi dell’art. 39 del medesimo decreto legislativo a tenore del quale “l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato (…e la eccezione deve intendersi estesa anche alla ipotesi in cui, data la fase del procedimento anteriore all’esercizio della azione penale, il soggetto di cui si parla sia solamente indagato ..· ndr) del reato da cui dipende l’illecito amministrativo”.
Siffatta circostanza non consente l’instaurarsi di un valido rapporto processuale in relazione ad un atto introduttivo di giudizio che sia stato sottoscritto da un difensore in tale maniera officiato.
In questo senso, d’altra parte, già più volte questa Corte si è espressa, segnalando anche la rilevabilità ex officio, sulla base dell’art. 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. / di un tale vizio laddove esso mini la validità dell’atto introduttivo del giudizio; a tale proposito si veda, infatti, Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 28 luglio 2015, n. 33041, rv 264311, secondo la quale è, appunto, inammissibile, per difetto di legittimazione, rilevabile di ufficio ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., la richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo; analogamente si sono poi espresse: Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 settembre 2022, n. 35387, n. m., ed ancora: Corte di cassazione, Sezione III penale, 6 febbraio 2017, n. 5447, rv 269754; la incapacità del legale rappresentante, che sia indagato o imputato del reato presupposto, a provvedere alla nomina del difensore dell’ente, stante la situazione di conflitto di interessi, da ritenere presunto iuris ed de iure in cui questi si troverebbe con la società da lui rappresentata, è stata ulteriormente ribadita da Corte di cassazione, Sezione II penale, 28 marzo 2024, n. 13003, rv 286095.
Posto che, come segnalato, il mandato difensivo della RAGIONE_SOCIALE al difensore che ha redatto per conto di questa l’atto introduttivo del presente giudizio, affidato da soggetto che non ne avrebbe potuto disporre, deve intendersi nullo, è diretta conseguenza di ciò, senza che vi sia la necessità di esaminarne il contenuto (che, peraltro, formerà oggetto, data la identità oggettiva degli atti in discorso, della decisione assunta da questa Corte in
relazione al ricorso presentato nell’interesse diretto del Notari), la inammissibilità del ricorso presentato per conto della RAGIONE_SOCIALE in quanto sottoscritto da soggetto non dotato della necessaria legittimazione processuale.
Sebbene per diverse ragioni, inammissibile deve essere dichiarato anche il ricorso direttamente riferibile alla posizione di Notari Ubaldo.
Deve, a tale riguardo, rimarcarsi, ancora una volta, la circostanza, normativamente sancita dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., secondo la quale la impugnazione di fronte a questa Corte delle ordinanze emesse ai sensi degli artt. 322-bis e 324 cod. proc. pen. è astrattamente proponibile nei soli limiti in cui in essa è prospettato il vizio di violazione di legge.
Sebbene la consolidata giurisprudenza di questa Corte abbia chiarito che nell’ambito di tale vizio va ricompresa non solamente la denunziata esistenza dei cosiddetti erro res in procedendo vel in ludicando, intuitivamente riconducibili alla nozione di violazione di legge, ma anche quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (così, ex permultis: Corte di cassazione, Sezione II penale, 14 dicembre 2023, n. 49739, rv 295608; Corte di cassazione, Sezione II penale, 20 aprile 2017, n. 18951, rv 269656; Corte di cassazione, Sezione III penale, 2 febbraio 2027, n. 4919, rv 269296), atteso che un tale radicale vizio della motivazione – ponendo, di fatto, il provvedimento che lo presenti in contrasto con la previsione normativa di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. (il quale impone che i provvedimenti giurisdizionali decisori siano muniti, a pena di nullità, di motivazione) ridonda in un vizio di violazione di legge, rileva la Corte che, quanto al caso ora in esame, le censure formulate dalla difesa del Notari avverso il provvedimento di rigetto dell’appello cautelare pronunziato dal Tribunale di Perugia in danno del predetto o hanno ad oggetto profili non coinvolti dalla precedente istanza di revoca del sequestro preventivo ovvero non esulano rispetto a doglianze incidenti sulla tenuta motivazionale del medesimo.
Deve, infatti, ricordarsi che, trattandosi di appello avverso la istanza di revoca del sequestro e non di istanza di riesame, il thema intorno al quale poteva e doveva ruotare il contenuto della ordinanza ora impugnata era rigidamente delimitato da ciò che era stato ad essa devoluto in sede di gravame cautelare.
Come è agevole verificare esaminando il provvedimento di rigetto della istanza di revoca del sequestro successivamente gravato dall’appello cautelare, con la istanza in questione non erano state prospettate doglianze connesse all’eventuale, sopravvenuta, cessazione delle condizioni di pericolo che avevano originariamente giustificato l’adozione del provvedimento cautelare di cui si tratta, quanto la circostanza che, per effetto di una decisione assunta dalla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia, sarebbe venuto meno, stante l’annullamento dell’atto di recupero di una considerevole porzione della pretesa tributaria che avrebbe costituito il profitto dei reati contestati al Notari, lo stesso fumus delicti.
nee
Al riguardo nella ordinanza impugnata, e prima ancora a provvedimento del Gip, è chiarito, con dovizia di argomenti, che la decisione assunta in sede tributaria non definisce affatto nella sua interezza la posizione del Notari, di tal che, non coincidendo il rapporto tributario oggetto dell’atto di recupero annullato con quello interessato dal sequestro oggetto del presente ricorso, i rilievi formulati dalla difesa del ricorrente in ordine alla mancata valutazione della sentenza emessa in sede tributaria (della quale, peraltro, neppure è dato conoscere la eventuale definitività) cadono nel vuoto.
La irrilevanza delle ragioni impugnatorie connesse alla ritenuta insussistenza del fumus delicti fanno venire meno i rilievi sulla asseritamente conseguente cessazione del pericolo, mentre il dato riguardante la pretesa solvibilità patrimoniale del Notari e della Centro Energia, al di là della genericità con cui il dato è stato prospettato in sede di merito, costituisce un fattore privo del requisito della novità, non essendo un dato intervenuto in epoca successiva allo scrutinio del sequestro operato in sede di riesame cautelare, che avrebbe potuto giustificare la sopravvenuta revoca del provvedimento originario.
Anche il successivo motivo di ricorso, riguardante la completezza motivazionale della ordinanza impugnata, è formulato in termini di estrema genericità, postulando il dato, secondo il quale il debito fiscale sussistente in capo a RAGIONE_SOCIALE era originato esclusivamente dal suo rapporto con la posizione fiscale di Klass, laddove, invece, nella ordinanza è precisato, con affermazione con la quale il ricorrente non si è confrontato, come i rapporti illeciti che avrebbero contraddistinto l’operato della RAGIONE_SOCIALE non sono stati solo quelli intercorsi con NOME ma anche con diversi altri operatori del settore; un tale rilievo priva di decisiva concludenza i rilievi formulati dalla ricorrente difesa, evidenziando la inammissibilità del motivo di ricorso.
Quanto al terzo motivo di impugnazione, con il quale si lamenta la mancata considerazione del fatto nuovo costituito dalla ricordata decisione
della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, si rinvia, rilevando il fatto che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, di
essa il Tribunale ha tenuto il debito conto, a quanto già in precedenza rilevato, in particolare a commento del primo motivo di impugnazione.
Quanto, infine, al quarto motivo di impugnazione, con il quale è
lamentata la assenza o comunque la apparenza della motivazione concernente il pericolo nel ritardo, si ribadisce, in primo luogo, la circostanza
che il ricorrente non ha prospettato alcun elemento che, caratterizzato dalla novità, avrebbe richiesto una specifica verifica motivazionale da parte del
Tribunale, e, comunque, che il riferimento operato alla persistenza della condotta frodatoria posta in essere dal Notari, anche in epoca successiva a
quella in relazione alla quale egli è attualmente indagato, costituendo questa notazione un indice della pertinacia, della accortezza e della propensione da
parte di questo nel perseguimento degli scopi criminosi, soddisfano le esigenze motivazionali che questa Corte ha indicato come necessarie ai fini della adozione e permanenza del provvedimento cautelare.
I ricorsi, sia quello presentato nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE che quello presentato nell’interesse personale del Notari, devono, pertanto, essere dichiarato/inammissibili ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile. i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025
Il Consigliere estensore
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