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Conflitto di interessi 231: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro un sequestro preventivo. La decisione si fonda sul principio del conflitto di interessi 231, in quanto il difensore della società era stato nominato dal suo legale rappresentante, a sua volta indagato per il reato presupposto. La Corte ha ribadito che il divieto di rappresentanza è assoluto e inderogabile, anche nel caso di società unipersonali.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conflitto di Interessi 231: La Cassazione Conferma il Divieto Assoluto

La responsabilità amministrativa degli enti, disciplinata dal D.Lgs. 231/2001, introduce una netta separazione tra la posizione della persona fisica che commette il reato e quella della società che ne trae vantaggio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale che nasce da questa dualità: il conflitto di interessi 231. La Corte ha stabilito che un ricorso presentato nell’interesse della società è inammissibile se il difensore è stato nominato dal legale rappresentante che è, a sua volta, indagato per il reato presupposto. Analizziamo la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso: un Sequestro e un Ricorso Problematico

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Ancona, che aveva dichiarato inammissibile una richiesta di riesame contro un provvedimento di sequestro preventivo. Il sequestro era stato disposto sia nei confronti del legale rappresentante di una S.r.l. sia, in via diretta, nei confronti della società stessa, in relazione a presunti reati tributari e al conseguente illecito amministrativo previsto dal D.Lgs. 231/2001.

La richiesta di riesame per conto della società era stata presentata da un avvocato nominato proprio dal legale rappresentante indagato. Il Tribunale ha rilevato una situazione di palese incompatibilità, ritenendo che il rappresentante legale, avendo un interesse personale e diretto nel procedimento, non potesse validamente conferire la procura per difendere l’ente.

Il Conflitto di Interessi 231 e il Divieto di Rappresentanza

Il cuore della questione risiede nell’articolo 39 del D.Lgs. 231/2001. Questa norma stabilisce un divieto generale e assoluto per il rappresentante legale dell’ente di compiere atti di rappresentanza quando questi sia indagato o imputato per il reato presupposto. La ratio della legge è chiara: evitare che la difesa dell’ente venga strumentalizzata per tutelare gli interessi personali del singolo, potenzialmente in contrasto con quelli della società.

La difesa della società ricorrente ha tentato di sostenere che i ristretti termini per l’impugnazione non avrebbero permesso di nominare un rappresentante diverso. La Cassazione, tuttavia, ha respinto categoricamente questa argomentazione, allineandosi all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite. Il divieto è inderogabile e la situazione di incompatibilità impedisce in radice la valida nomina di un difensore.

La Posizione della Società Unipersonale: Nessuna Deroga

Un altro punto sollevato dalla difesa riguardava la natura di società unipersonale dell’ente coinvolto. Si sosteneva che, essendo l’unico socio anche l’amministratore, non potesse sussistere un reale conflitto di interessi, data la coincidenza tra la figura che amministra e quella che partecipa al capitale sociale.

Anche su questo punto, la Corte è stata inflessibile. Ha ricordato che le società unipersonali, a differenza delle imprese individuali, sono soggetti giuridici autonomi, dotati di un patrimonio distinto da quello della persona fisica del socio. La separazione giuridica tra l’ente e il suo rappresentante rimane, e con essa la possibilità di un conflitto di interessi. Pertanto, le regole previste dal D.Lgs. 231/2001 si applicano pienamente anche in questi casi, senza trattamenti preferenziali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nel dichiarare il ricorso inammissibile, la Corte di Cassazione ha rafforzato i seguenti principi:
1. Divieto Assoluto: Il rappresentante legale indagato o imputato per il reato presupposto non può mai provvedere alla nomina del difensore dell’ente. Si tratta di un difetto di legittimazione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
2. Irrilevanza della Conoscenza: Non rileva se il rappresentante fosse o meno a conoscenza formale della sua condizione di indagato al momento della nomina. Nel caso di specie, era addirittura il destinatario diretto del provvedimento di sequestro, quindi la sua consapevolezza era palese.
3. Tutela dell’Ente: La disciplina è posta a tutela dell’autonomia e degli interessi dell’ente, che devono essere difesi in modo genuino e non strumentale agli interessi della persona fisica indagata. L’impugnazione non può diventare uno strumento a favore dell’indagato per risolvere il proprio conflitto di interessi con l’ente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un principio fondamentale per la governance aziendale e la difesa legale nel contesto della responsabilità da reato degli enti. Le società, soprattutto quelle a struttura più snella come le unipersonali, devono essere consapevoli che in caso di indagini per reati presupposto, la difesa dell’ente deve essere gestita da un soggetto diverso dal rappresentante legale coinvolto. È essenziale predisporre meccanismi interni (come la nomina di un procuratore speciale) per garantire una rappresentanza autonoma e priva di conflitti, pena l’inammissibilità di qualsiasi azione giudiziaria intrapresa a tutela della società.

Può il legale rappresentante di una società, indagato per un reato, nominare un avvocato per difendere la società stessa nel medesimo procedimento?
No. La sentenza conferma il divieto generale e assoluto previsto dall’art. 39 del D.Lgs. 231/2001. A causa dell’incompatibilità e del conflitto di interessi, il rappresentante legale indagato per il reato presupposto non ha la legittimazione per nominare un difensore per l’ente.

La regola sul conflitto di interessi si applica anche alle società unipersonali dove socio e amministratore sono la stessa persona?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che anche le società unipersonali sono soggetti giuridici autonomi e distinti dalla persona fisica del socio/amministratore. Pertanto, il divieto di rappresentanza in caso di conflitto di interessi si applica pienamente anche a loro, senza alcuna deroga.

Cosa succede se viene presentato un ricorso per conto della società da un difensore nominato dal legale rappresentante incompatibile?
Il ricorso è inammissibile. La nomina del difensore è viziata in origine da un difetto di legittimazione del soggetto che l’ha conferita. Tale vizio è rilevabile d’ufficio dal giudice e comporta l’impossibilità di esaminare nel merito le questioni sollevate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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