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Conflitto di competenza: quando i fatti sono diversi?

La Cassazione chiarisce i presupposti del conflitto di competenza. Due procedimenti per truffa e frode assicurativa, pur derivanti dalla stessa polizza, non integrano un conflitto se le condotte e le vittime sono diverse. Non c’è ‘stesso fatto’ ma mera connessione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Conflitto di competenza: quando fatti connessi non sono lo stesso fatto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18356 del 2024, offre un importante chiarimento sui presupposti del conflitto di competenza nel processo penale. La pronuncia distingue nettamente tra “medesimo fatto”, che giustifica un conflitto, e fatti semplicemente “connessi”, che invece possono dar vita a procedimenti distinti. Il caso analizzato riguarda due diverse accuse di truffa e frode assicurativa, scaturite dalla medesima stipula di una polizza, ma rivolte contro soggetti diversi e basate su condotte differenti.

Il caso: una polizza, due truffe e un conflitto di competenza

La vicenda processuale ha origine da un’unica operazione: la sottoscrizione di due polizze assicurative per veicoli. Da questa operazione, però, scaturiscono due distinti procedimenti penali a carico dello stesso imputato.

L’accusa presso il Tribunale del Sud

Presso un primo tribunale, l’imputato è accusato di truffa ai danni della cliente che ha sottoscritto la polizza. Secondo l’accusa, l’imputato avrebbe indotto in errore l’assicurata facendole versare un premio calcolato sulla base della sua residenza in una provincia con tariffe assicurative elevate. In realtà, l’imputato avrebbe comunicato alla compagnia assicurativa una residenza fittizia in una provincia con tariffe molto più basse, versando il premio minore e trattenendo per sé la differenza. La persona offesa, in questo caso, è unicamente la cliente.

L’accusa presso il Tribunale del Nord

Contemporaneamente, presso un altro tribunale, lo stesso imputato è sotto processo per frode assicurativa ai danni della compagnia. In questo procedimento, l’accusa sostiene che l’imputato abbia ingannato la società assicuratrice, inducendola a stipulare un contratto a condizioni più svantaggiose (un premio più basso) sulla base di dati anagrafici e documenti di residenza falsificati. In questo secondo scenario, la vittima del reato è la compagnia assicurativa.

Ritenendo che entrambi i processi riguardassero lo stesso fatto, il primo Tribunale ha sollevato un conflitto positivo di competenza, chiedendo alla Cassazione di individuare l’unico giudice competente a decidere.

La decisione della Cassazione sul conflitto di competenza

La Suprema Corte ha dichiarato il conflitto di competenza insussistente. Secondo i giudici, i due procedimenti non riguardano il “medesimo fatto” nel senso richiesto dall’art. 28 del codice di procedura penale, ma piuttosto due fatti distinti, sebbene legati da una relazione di connessione.

Fatto connesso non significa “medesimo fatto”

La Corte sottolinea che per aversi un conflitto è necessaria una “identità ontologica del fatto”. Ciò significa che la condotta, l’evento e il nesso di causalità descritti nei due capi di imputazione devono essere integralmente sovrapponibili. Nel caso di specie, invece, le condotte sono diverse: in un caso, si contesta l’induzione in errore della cliente sul premio da pagare; nell’altro, l’inganno verso la compagnia tramite documenti falsi. Anche le vittime e i danni sono distinti: da un lato il danno patrimoniale subito dalla cliente, dall’altro quello subito dalla società assicuratrice.

Le motivazioni della Corte: l’importanza del principio del ne bis in idem

La ratio dell’istituto del conflitto positivo di competenza, spiega la Cassazione, è quella di evitare una violazione del principio del ne bis in idem (divieto di doppio giudizio), sancito dall’art. 649 del codice di procedura penale. Tale principio garantisce che nessuno possa essere processato due volte per lo stesso fatto. Pertanto, l’istituto del conflitto si attiva solo quando esiste il rischio concreto che una persona venga giudicata due volte per la medesima vicenda storica.

La distinzione tra le condotte illecite

La sentenza chiarisce che le due fattispecie di reato contestate (truffa ex art. 640 c.p. e frode assicurativa ex art. 642 c.p.) sono strutturalmente diverse. Anche le azioni materiali sono distinte: da un lato la falsa attestazione e dall’altro la produzione di un certificato di residenza materialmente falsificato. Questa diversità degli elementi costitutivi impedisce di considerare i due episodi come un “fatto unico”. Si tratta, piuttosto, di reati diversi legati da una relazione di connessione, che non è sufficiente a generare un conflitto di competenza ma potrebbe, al più, giustificare una trattazione congiunta per ragioni di economia processuale, senza però imporla.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La pronuncia ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: non basta che due reati nascano dallo stesso contesto per poterli considerare un “fatto unico”. È necessaria una completa sovrapposizione degli elementi essenziali della condotta illecita. Di conseguenza, in assenza di tale identità, è legittimo che si svolgano due procedimenti distinti e paralleli. La Corte ha quindi disposto la restituzione degli atti al giudice che aveva sollevato il conflitto, affinché prosegua autonomamente il proprio giudizio.

Quando si verifica un conflitto di competenza?
Si verifica quando due o più giudici contemporaneamente si dichiarano competenti (conflitto positivo) o incompetenti (conflitto negativo) a giudicare lo stesso identico fatto storico attribuito alla stessa persona, creando una situazione di stallo che richiede l’intervento della Corte di Cassazione.

Due reati che nascono dalla stessa vicenda sono considerati “lo stesso fatto”?
No, non necessariamente. Secondo la sentenza, se le condotte criminose sono diverse (es. indurre in errore il cliente vs. presentare documenti falsi all’assicurazione), le vittime sono differenti e gli elementi costitutivi dei reati non si sovrappongono, si tratta di fatti distinti ma connessi, non dello “stesso fatto”.

Qual è la differenza tra connessione e “stesso fatto” ai fini del conflitto di competenza?
Lo “stesso fatto” presuppone un’identità storica e materiale della vicenda. La connessione, invece, è un legame tra reati diversi che non impedisce lo svolgimento di procedimenti separati. Il conflitto di competenza può essere sollevato solo in caso di “stesso fatto”, per tutelare il principio del ne bis in idem (divieto di doppio processo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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