Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18356 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18356 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul conflitto di competenza sollevato da:
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE nei confronti di:
TRIBUNALE DI MILANO
con l’ordinanza del 30/11/2023 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che chiede dichiararsi la competenza del Tribunale di Milano;
udito il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, il quale conclude chiedendo dichiararsi la competenza del Tribunale di Milano.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 novembre 2023 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha sollevato conflitto positivo di competenza in relazione al procedimento promosso nei confronti di NOME COGNOME, chiamato a rispondere dei delitti di truffa in danno di NOME e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, aggravata dal nesso teleologico.
A tal fine, ha rilevato che COGNOME è stato tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Milano per il delitto sanzionato dall’art. 642 cod. pen. sul postulato che egli avrebbe commesso una serie di condotte fraudolente, alcune delle quali coincidenti con quella per la quale procede l’autorità giudiziaria sammaritana, donde la necessità di individuare l’ufficio giudiziario competente per territorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il proposto conflitto di competenza è insussistente.
L’art. 28, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen. prevede, tra l’altro, che si ha conflitto, c.d. negativo, di competenza quando due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.
In questi casi, invero, si determina una situazione di stallo del procedimento, non superabile se non tramite l’intervento regolatore del giudice di legittimità.
Tanto, a condizione che sia dato apprezzarsi l’identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede, laddove, invece, qualsiasi apprezzabile differenza degli elementi costitutivi delle fattispecie dedotte nei due distinti procedimenti impedisce che possa ipotizzarsi un conflitto ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen. (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 41715 del 16/09/2015, Rv. 264979 – 01; Sez. 1, n. 27677 del 17/05/2013, Rv. 257178 – 01; Sez. 1, n. 22440 del 17/05/2007, Rv. 237084 – 01)
Nel caso in esame, si contesta a COGNOME di avere concorso alla sottoscrizione di due polizze assicurative per la RAGIONE_SOCIALE con la NOME, in relazione a veicoli di proprietà di NOME COGNOME, a fronte del versamento di un premio il cui importo è stato determinato – in misura minore rispetto a quella prevista dal tariffario applicato dalla società assicuratrice – in ragione della fraudolenta indicazione della donna nella provincia di Isernia anziché in quella di Napoli.
Ora, l’esame dei rispettivi capi di imputazione induce a ritenere che, a dispetto dell’unicità della vicenda oggetto di accertamento giurisdizionale, le condotte ascritte all’imputato non siano integralmente sovrapponibili.
A Santa Maria Capua Vetere, invero, si contesta a COGNOME di avere indotto in errore la NOME la quale, ignara della fallace indicazione della sua residenza, avrebbe versato «la somma più alta dovuta in forza della residenza a Napoli», laddove egli, invece, avrebbe corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE il minore importo corrispondente agli utenti residenti in Isernia e trattenuto per sé la differenza, in tal modo procurandosi un ingiusto profitto, con corrispondente danno in capo all’assicurata, coerentemente indicata, in quel procedimento, come unica parte offesa.
A Milano, per contro, l’imputato risponde della frode commessa in pregiudizio della società assicuratrice, la quale ha applicato condizioni contrattuali per sé più svantaggiose rispetto a quelle che avrebbe praticato qualora i dati anagrafici della NOME fossero stati fedelmente rappresentati.
In un caso, quindi, la truffa, qualificata ai sensi dell’art. 640 cod. pen., stata commessa in danno della COGNOME, che ha versato una somma di denaro maggiore rispetto a quella corrisposta alla RAGIONE_SOCIALE; nell’altro, invece, ad essere ingannata, per effetto di condotta rilevante ex art. 642 cod. pen., è stata la società, indotta alla stipulazione di una polizza le cui clausole sono state parametrate su presupposti di fatto artatamente rappresentati.
Se a ciò si aggiunge che anche le condotte attraverso cui COGNOME ha fuorviato la società assicuratrice sono diversamente descritte nei due procedimenti, in quanto concretatesi, in un caso, nella falsa attestazione resa dal privato e, nell’altro, nella produzione di un certificato di residenza materialmente falsificato, resta acclarata la non coincidenza delle fattispecie, legate, piuttosto, da reciproca relazione di connessione.
A quest’ultimo proposito, va rammentato che l’istituto del conflitto positivo di competenza trova la sua ratio nell’esigenza di preservare l’applicazione del principio – avente portata generale, e riflesso anche dalle disposizioni di cui agli artt. 649 (divieto di secondo giudizio) e 669 (pluralità sentenze riguardanti una stessa regiudicanda) cod. proc. pen. – del ne bis in idem, volto a scongiurare che, per lo stesso fatto, attribuito alla stessa persona, si svolgano più procedimenti penali, e si adottino più provvedimenti, anche non irrevocabili, l’uno indipendentemente dall’altro (Sez. 1, n. 27834 del 01/03/2013, COGNOME, Rv. 255701 – 01; Sez. 6, n. 1892 del 18/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230760 – 01; Sez. 6, n. 512 del 11/02/1999, COGNOME, Rv. 212864 – 01).
La decisione sul conflitto positivo serve, dunque, a regolare un’ipotesi di litispendenza e a prevenire, nell’interesse del corretto esercizio della giurisdizione, il contrasto tra giudicati (Sez. 1, n. 26829 del 15/04/2011, confl. comp. in proc. Consorte, Rv. 250873 – 01).
Avendo necessariamente a base la predetta nozione di bis in idem (stesso fatto, attribuito alla stessa persona), l’istituto non può servire a prospettar mere questioni relative alla competenza (Sez. 1, n. 3731 dl 11/10/1991, COGNOME, Rv. 189759-01; Sez. 1, n. 897 del 21/02/1991, COGNOME, Rv. 18669-01).
Il suo ambito applicativo può, allora, comprendere la continenza (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799-01), ma non la mera connessione tra fatti-reato diversi (cfr., nella vigenza del codice del 1930, ma sulla base di principi tuttora 3 validi: Sez. U, n. 16 del 23/11/1985, COGNOME, Rv. 172172-01; Sez. 1, n. 2625 del 21/11/1988, COGNOME, Rv. 179979-01; Sez. 1, n. 3078 del 05/12/1980, COGNOME, Rv. 147792-01; Sez. 1, n. 119 del 23/01/1981, COGNOME, Rv. 148642-01).
5. Resta, quindi, confermato, alla luce delle superiori considerazioni, che il conflitto positivo di competenza, presupponendo l’identità ontologica del fatto in ordine al quale si procede in distinte sedi giudiziarie, anche con qualificazioni giuridiche diverse, non può, per contro, concernere fattispecie criminose ulteriori, per cui si proceda, in relazione alle quali si prospetti un mero concorso, formale o materiale, di reati (Sez. 1, n. 31348 del 23/09/2020, GIP Tribunale Perugia, Rv. 279801 – 01; Sez. 1, n. 27677 del 17/05/2013, Confl. comp. in proc. Zummo, Rv. 257178-01; Sez. 1, n. 26829 del 15/04/2011, Confl. comp. in proc. Consorte, Rv. 250873 – 01).
Tanto induce, conclusivamente, la declaratoria di insussistenza del denunciato conflitto, cui consegue la restituzione degli atti al giudice proponente.
P.Q.M.
Dichiara insussistente il conflitto e dispone la restituzione degli atti a Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Così deciso il 06/03/2024.