Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46300 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46300 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 25/10/1959
avverso l’ordinanza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con l’adozione delle statuizioni consequenziali;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 15 luglio 2024 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione – adìto in sede di opposizione (così qualificato il pregresso ricorso per cassazione) avverso il provvedimento negativo emesso dallo stesso giudice il 12 marzo 2024 – ha rigettato l’istanza di NOME COGNOME qualificatosi terzo proprietario del bene, di revoca della confisca avente ad oggetto l’autovettura Fiat Panda tg. TARGA_VEICOLO), disposta con la sentenza emessa dal suindicato Tribunale il 12 settembre 2023, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. a carico di NOME COGNOME divenuta irrevocabile il 12 gennaio 2024.
Con questa sentenza a NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ritenuto per avere egli detenuto illecitamente per la cessione a terzi due involucri del peso complessivo lordo di grammi 107,00 di sostanza stupefacente del tipo cocaina, commesso in Roma, in data 10 aprile 2023 – era stata applicata la pena di anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 15.000,00 di multa, con la confisca del suddetto veicolo, ai sensi dell’art. 240, primo comma, cod. pen.
Il giudice dell’esecuzione – preso atto delle deduzioni su cui si erano fondate l’istanza e, poi, l’opposizione, ossia l’essere COGNOME soggetto terzo proprietario del veicolo, come da allegata visura del P.R.A., rimasto estraneo al processo penale e nemmeno attinto da alcun atto di indagine – non ha ritenuto persuasiva la prospettazione difensiva alfine ribadendo quanto aveva esposto nel primo provvedimento, poi opposto, in merito alla rilevata carenza di concreti elementi idonei ad ascrivere l’effettivo possesso di buona fede del veicolo all’istante.
Avverso l’ordinanza ha interposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME chiedendone l’annullamento e affidando l’impugnazione a un’unica doglianza con cui ha dedotto la violazione dell’art. 240 cod. pen. e il corrispondente vizio della motivazione.
Il ricorrente rimarca che il provvedimento di rigetto dell’opposizione ha trascurato il disposto dell’art. 240, terzo comma, cod. pen. in forza del quale le disposizioni di cui alla prima parte e ai nn. 1 e 1-bis del secondo comma della stessa norma non si applicano se il bene appartiene a persona estranea al reato, definendo come tale il soggetto che senza aver partecipato al compimento del reato stesso viene coinvolto dagli effetti che possono derivare dal sequestro, prima, e dalla confisca, poi, perdendo così il godimento del cespite.
Con particolare riferimento all’affermata consapevolezza di COGNOME in ordine al fatto della creazione nel veicolo del doppio fondo poi scoperto, la difesa evidenzia che l’argomentazione secondo la quale, ove la modifica fosse stata
realizzata all’insaputa del proprietario, avrebbe dovuto trarsene che questi non aveva la disponibilità effettiva dell’autovettura, di fatto radicatasi in capo a COGNOME, è il frutto di una mera congettura del giudice dell’esecuzione, non corroborata da alcun riscontro processuale, ben potendo COGNOME avere ignorato quelle modifiche strutturali, in quanto l’uso illecito non era divenuto a lui noto, senza che ciò fosse collegabile a un suo comportamento negligente.
Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso evidenziando che il giudice dell’esecuzione ha spiegato in modo chiaro le ragioni per le quali COGNOME non può considerarsi terzo avente legittimo titolo alla restituzione del veicolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione si profila inammissibile.
Si premette che, a ragione del provvedimento, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto insuperati i rilievi che aveva già espressi nell’ordinanza opposta, in cui si era sottolineato che COGNOME non aveva fornito allegazioni concrete delle ragioni per le quali il possesso del veicolo risultava radicato in capo a COGNOME, né aveva spiegato il fatto che l’autovettura era risultata aver subìto modificazioni funzionali al trasporto dello stupefacente, realizzate mediante la creazione di un doppio fondo, pur non utilizzato nell’occasione della scoperta del reato.
Il giudice dell’esecuzione ha, inoltre, sottolineato l’irrilevanza della circostanza che, nel caso concreto, la modifica strutturale del veicolo non era servita al compimento dello specifico reato, in quanto la confisca facoltativa ha la finalità di prevenire la commissione di ulteriori reati della stessa specie e quel veicolo dotato di doppio fondo è risultato, in tal senso, collegato alla detenzione di sostanze stupefacenti da un nesso rivelatore dell’effettiva probabilità di reiterazione del reato.
Sono state analizzate, altresì, le allegazioni difensive dirette a dimostrare la buona fede di COGNOME, ma esse sono state giudicate inadeguate, in rapporto agli elementi emersi dagli atti, con particolare riferimento al verbale di arresto dell’1.04.2023, essendo stato accertato che COGNOME era risultato titolare della proprietà di numerosi altri veicoli utilizzati da soggetti di nazionalità albanese e che nella pregressa data del 20.09.2022 la stessa autovettura era stata trovata nella disponibilità di COGNOME e di un altro cittadino albanese, NOME COGNOME che in quel contesto era stato tratto in arresto, sempre per detenzione illecita di sostanza stupefacente, ancora una volta custodita all’interno del veicolo.
Il ragionamento sviluppato dal giudice dell’esecuzione, in linea con l’assunto coltivato dal giudice della cognizione nel processo svoltosi a carico di NOME COGNOME costituisce l’esito di una congrua e coerente valutazione di merito, insindacabile in questa sede.
L’imputato COGNOME è stato sanzionato dalla pronuncia suindicata, emessa d’altronde con il suo consenso, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., con la pena di anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 15.000,00 di multa, per essersi reso responsabile del reato di cui all’art.73, commi 1, d.P.R. n. 309 del 1990, essendo stato sorpreso e arresto in flagranza il 10 aprile 2023, in Roma, mentre deteneva a fini di cessione a terzi, a bordo della Fiat Panda sopra identificata, sostanza stupefacente del tipo cocaina, contenuta in due involucri, del peso complessivo lordo di grammi 107,00,
La decisione ha disposto anche la confisca del veicolo utilizzato dall’imputato nell’atto di commettere il reato a lui ascritto specificando che dagli atti era emersa la prova che la stessa era stata utilizzata per l’occultamento e il trasporto della sostanza stupefacente, essendo stata dotata – la sua struttura di doppio fondo, sicché il veicolo era stato reso stabilmente funzionale alla consumazione di quella specifica attività illecita.
3.1. Orbene, il giudice dell’esecuzione ha – nel contraddittorio con il terzo, NOME COGNOME titolare formale della proprietà della suddetta Fiat Panda, come da dati emergenti dal P.R.A. – raggiunto un approdo convergente con la conclusione emersa dalla decisione di cognizione sulla scorta di una valutazione di merito adeguata e non illogica, tanto più che nessuna concreta causale diversa dal possesso effettivo e abituale del veicolo da parte di Sokoli nel contesto criminoso emerso ha dato COGNOME, le cui deduzioni sono apparse sostanzialmente ripiegate sul mero rilievo da annettersi alla titolarità formale del cespite da parte sua.
L’orientamento seguito dal giudice dell’esecuzione, inserito in modo ragionato nell’alveo dell’impostazione data all’argomento dall’elaborazione di legittimità (è ricordato anche l’insegnamento di Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, COGNOME, Rv. 213511 – 01, per la puntualizzazione dell’onere posto a carico dei titolari di diritti sulla cosa confiscata che, avendo tratto oggettivamente vantaggio dall’altrui attività criminosa, intendano provare di trovarsi in una situazione di buona fede e di affidamento incolpevole), rinviene un solido aggancio nel principio di diritto secondo cui, in tema di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240, primo comma, cod. pen., l’applicazione della misura è esclusa allorquando la cosa destinata a commettere il reato appartenga a persona estranea al reato stesso, con la specificazione che l’onere di dimostrare una
siffatta preclusione grava sull’interessato, il quale dunque deve documentare, oltre alla titolarità del diritto vantato, la sua estraneità al fatto e la sua buona fede, quest’ultima condizione dovendo intendersi come esclusione di atteggiamenti negligenti che abbiano favorito l’uso indebito della cosa (Sez. 3, n. 2024 del 27/11/2007, dep. 2008, Familio, Rv. 238590 – 01). Corollario di questa impostazione è l’assunto per il quale, qualora non risultino chiarite le circostanze in base alle quali l’autore del fatto ha potuto destinare la cosa alla commissione dell’illecito, la confisca del bene è legittima (Sez. 6, n. 37888 del 08/07/2004, COGNOME, Rv. 229984 – 01, in fattispecie relativa a un’autovettura modificata per il trasporto di stupefacenti, ove la censura al provvedimento di confisca era per altro formulata dal responsabile del reato, e non dal proprietario del veicolo).
3.2. Pertanto, il mero rilievo della titolarità formale della proprietà del bene assoggettato a confisca facoltativa si conferma non sufficiente a precludere il provvedimento ablativo (Sez. 3, n. 48018 del 31/05/2019, COGNOME, Rv. 277993 – 01, in tema di strumenti e i materiali serviti alla diffusione illecita di brani musicali protetti dalla legge 22 aprile 1941, n. 633), come può osservarsi analizzando anche gli approdi che l’elaborazione ermeneutica ha raggiunti con riferimento ad analoghe forme di fattispecie ablative, pur se riferite all’ambito cautelare.
Si segnala, esemplificativamente, l’ipotesi della sottrazione fraudolenta di oli minerali al pagamento delle accise, in rapporto alla quale la confisca del mezzo di proprietà di un terzo estraneo al reato, utilizzato per il trasporto della merce, viene esclusa soltanto se tale soggetto fornisca la dimostrazione – non semplicemente della sua buona fede, bensì e specificamente – del fatto di non aver potuto prevedere, per cause indipendenti dalla sua volontà, l’illecito impiego, anche occasionale, del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza, con la specificazione che la possibilità di disporre, in tali ipotesi, la confisca del mezzo di proprietà di terzo estraneo al reato non viola l’art. 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, non potendo ritenersi sproporzionata l’ingerenza nel diritto del terzo rispetto al fine legittimo perseguito dalla misura, siccome inserita all’interno di un procedimento in contraddittorio che consente al soggetto di dimostrare di non aver potuto incolpevolmente prevedere l’illecito impiego, anche occasionale, del veicolo da parte di terzi e di non essere incorso in un difetto di vigilanza (Sez. 3, n. 8790 del 26/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278267 – 01; Sez. 3, n. 24847 del 11/05/2016, Angeli, Rv. 267201 – 01); ciò, con l’ulteriore indicazione – sempre afferente al settore della fraudolenta sottrazione al pagamento delle accise – che la confisca del mezzo di trasporto di proprietà di un terzo estraneo al reato di cui all’art. 40, comma 1, d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, prevista in via facoltativa dal successivo art. 44, assume
una connotazione punitivo-sanzionatoria, siccome determina una limitazione al diritto di proprietà, convenzionalmente e costituzionalmente tutelato, sicché l’applicazione del sequestro funzionale alla stessa impone un vaglio previo di proporzionalità e di adeguatezza rispetto all’esigenza cautelare da fronteggiare (Sez. 3, n. 39168 del 07/09/2021, Testa, Rv. 282479 – 03).
Riportando l’esito delle considerazioni svolte al caso di specie, deve rilevarsi che, a fronte della motivazione specifica resa dal giudice dell’esecuzione, il ricorrente non risulta avere istituito un confronto effettivo con essa, essendosi limitato a invocare l’applicazione della norma di cui all’art. 240 cod. pen. adducendone la portata liberatoria per la sua posizione di terzo proprietario del veicolo estraneo al reato.
Invece, il giudice dell’esecuzione – preso atto della titolarità formale della proprietà della Fiat Panda in capo a COGNOME – ha affrontato il nodo della consapevolezza e, comunque, dell’evidente negligenza del terzo proprietario rispetto alla detenzione a fine di cessione illecita della cocaina a cui era risultata stabilmente strumentalizzata l’autovettura in questione.
In tale direzione e nel quadro dell’acclarata, singolare titolarità multipla in capo COGNOME di veicoli trovati in possesso di soggetti di nazionalità albanese, è stata specificamente valorizzata – oltre alle circostanze inerenti al rinvenimento dello stupefacente nel veicolo – l’oggettiva conformazione del veicolo, la cui struttura era stata modificata in guisa tale da ottenere un doppio fondo, stabilmente e univocamente finalizzato all’occultamento della sostanza stupefacente da trasportare.
A tale rilievo si è coniugato il convergente argomento secondo cui già nel precedente anno 2022 lo stesso veicolo era nella disponibilità di NOME COGNOME ossia del soggetto poi condannato all’esito del processo in cui è stata disposta la misura ablativa, e già in quella precedente circostanza l’autovettura era risultata essere utilizzata per la detenzione della sostanza stupefacente, in essa custodita.
La conclusione raggiunta dal giudice dell’esecuzione, secondo la quale il proprietario formale aveva da tempo consentito, in modo consapevole e, comunque, chiaramente negligente, l’impiego illecito – e concretamente reiterabile – del veicolo, è stata, pertanto, supportata da argomentazioni circostanziate, congrue e conformi a logica.
Viceversa, con l’impugnazione, COGNOME non ha elevato una critica che si sia orientata a contrastare gli esposti argomenti, né ha svolto deduzioni tali da prospettare la ragionevole sussistenza della sua non negligente buona fede e neanche, per quanto di rilievo, l’eventuale carenza di proporzionalità della misura ablatoria assunta rispetto alla portata e agli effetti dell’uso illecito accertato.
5. Pertanto, il ricorso si rivela inammissibile.
All’inammissibilità dell’impugnazione consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità del mezzo (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in rapporto alle questioni dedotte, si reputa equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29 ottobre 2024
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