Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33526 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33526 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 11/2/2025 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richiese del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
IL FUNZIONAR
NOME
1 O OTI, 2025
Oggi,
,IARIO
Depositua in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’Il febbraio 2025 la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta della RAGIONE_SOCIALE volta a ottenere la revoca della confisca urbanistica disposta con la sentenza dell’8 novembre 2016 del Tribunale di Napoli, di condanna di NOME COGNOME per il reato di lottizzazione abusiva e di assoluzione di NOME COGNOME dal medesimo reato, confermata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza n. 9644 del 2022 (divenuta irrevocabile il 5 febbraio 2024 a seguito del rigetto dei ricorsi per cassazione proposti dagli imputati), con la quale era stato disposto il mantenimento della confisca anche sui beni appartenenti alla società istante, nonostante la conferma della pronuncia assolutoria di NOME COGNOME per non aver commesso il fatto.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la richiedente RAGIONE_SOCIALE, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, dopo aver richiamato i criteri da seguire nella valutazione delle richieste dei terzi di buona fede estranei al giudizio di merito cui beni siano stati assoggettati a confisca urbanistica, ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli ar 44, secondo comma, d.P.R. 380/2001, 2 cod. pen., 25 Cost. e 7 CEDU, nonché degli artt. 125, comma 3, e 578-bis cod. proc. pen., e la carenza e la contraddittorietà della motivazione.
Ha esposto che NOME COGNOME, quale socia accomandataria della RAGIONE_SOCIALE, era stata imputata di concorso nel reato di lottizzazione abusiva, per avere, in tale qualità, acquistato nel 2003, dalla RAGIONE_SOCIALE, di cui e amministratore unico il padre della stessa NOME COGNOME, ossia NOME COGNOME, i beni contraddistinti nella sentenza di primo grado con le lettere Cl, C2, C3, C4 e C5, tutti realizzati in epoca anteriore alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta il 15 luglio 2002, anteriorità che aveva determinato l’assoluzione della COGNOME dal reato contestatole, non avendo la stessa dato alcun contributo alla lottizzazione materiale ritenuta, invece, configurabile nei confronti dei coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME. Nel corso del giudizio di appello il reato di lottizzazione abusiva, consumato tra marzo e aprile 2011, si era estinto per prescrizione, ma la confisca degli immobili abusivi era stata tuttavia mantenuta ai sensi dell’art. 578-bis cod. proc. pen. L’applicazione di tale disposizione, entrata in vigore nel 2018, ossia successivamente alla realizzazione della lottizzazione, si poneva, però, in contrasto con il divieto di applicazione retroattiva di norme in malam partem, trattandosi di disposizione avente anche natura sostanziale.
L’affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui anche prima della introduzione di tale disposizione era consentita la confisca dei beni risultanti da una lottizzazione abusiva nei confronti dei terzi che non fossero in buona fede al momento dell’acquisto, si fonderebbe su un errato accertamento della data di consumazione del reato, posto che nell’anno 2002 le opere abusive avevano già assunto le enormi proporzioni del complesso turistico alberghiero oggetto della lottizzazione, e anche su una inammissibile ed errata assimilazione e sovrapposizione tra la società amministrata da NOME COGNOME, rimasta estranea al giudizio, e la persona fisica della socia acconnandataria (la medesima NOME COGNOME), per trarre indebitamente dalla posizione della persona fisica, imputata nel giudizio avente a oggetto la lottizzazione abusiva, l’assenza di buona fede da parte della società, che avrebbe, invece, dovuto essere oggetto di un autonomo accertamento.
Si aggiunge che le opere abusive erano già state realizzate nel 2002 e che quelle eseguite nel 2011 erano opere di completamento, che i beni acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE sono stati realizzati prima del 1986 e del 1995 e acquistati nel 2003, epoca ultima della condotta che sarebbe stata posta in essere dalla società, e che a tale data non era nemmeno stata esercitata l’azione penale a carico delle persone fisiche (essendo ciò avvenuto nell’anno 2012), cosicché la confisca urbanistica, in assenza del necessario accertamento oggettivo e soggettivo del reato urbanistico, non avrebbe potuto essere disposta neppure nel giudizio di primo grado e avrebbe dovuto, quindi, essere revocata.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 44, secondo comma, d.P.R. 380/2001, 24, 27 e 42 Cost., 6 e 7 CEDU, nonché 125, comma 3, cod. proc. pen., e la carenza della motivazione.
Si ribadisce che la società ricorrente era rimasta estranea al giudizio di cognizione e nonostante ciò i giudici di merito avevano fondato l’affermazione dell’esistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della confisca esclusivamente su quanto accertato nel processo di cognizione, senza giustificare la configurabilità della lottizzazione abusiva in capo alla persona giuridica e senza tener conto: della assoluzione della socia accomandataria NOME COGNOME con la formula “per non aver commesso il fatto”; del fatto che la condanna in primo grado e il proscioglimento per prescrizione erano intervenuti nei confronti di soggetti estranei alla società, benché parenti della RAGIONE_SOCIALE; dell’estraneità della società alle condotte, in quanto la RAGIONE_SOCIALE non era proprietaria dell’area sulla quale erano state realizzate le opere ritenute configuranti una lottizzazione abusiva, non aveva richiesto autorizzazioni edilizie, né aveva eseguito frazionamenti o vendite, aveva acquistato un unico corpo di fabbrica, ovvero quello contrassegnato con la lettera C1, in quanto quelli denominati C2, C3, C4 e C5 costituiscono opere minori e prive
di autonomia funzionale; della realizzazione delle opere nel 1986 e nel 1995; della costituzione della RAGIONE_SOCIALE nel 2002, ossia diversi anni dopo la realizzazione delle opere. La omessa valutazione di tali aspetti determinerebbe un vizio della motivazione dell’ordinanza impugnata, che sarebbe carente nella parte relativa alla esistenza del presupposto oggettivo della confisca.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 44, secondo connnna, d.P.R. 380/2001, 24, 27 e 42 Cost., 6 e 7 CEDU, e ulteriori vizi della motivazione, nella parte relativa alla affermazione della assenza di buona fede in capo alla ricorrente.
Si ribadisce il carattere indebito della sovrapposizione compiuta dalla Corte d’appello tra la ritenuta colpa della socia accomandataria e quella della società ricorrente, sottolineando che le argomentazioni sulla mala fede della RAGIONE_SOCIALE non erano estensibili alla società, che non aveva potuto neppure contestarle, né aveva potuto in alcun modo difendersi nel processo penale nel quale la misura ablatoria era stata disposta.
Si afferma, inoltre, che nel giudizio di merito la stessa COGNOME non aveva avuto la possibilità di dimostrare anche la correttezza del proprio acquisto e che i legami di parentela con gli altri imputati, la presunta conoscenza dei luoghi e i fatti che hanno riguardati erano insufficienti a provare la mala fede della persona fisica e, a maggior ragione, della società di cui la COGNOME era annministratrice, anche in considerazione del fatto che la lottizzazione abusiva non era affatto percepibile a chiunque e senza il possesso di nozioni tecniche, come illogicamente affermato nell’ordinanza impugnata.
Si sottolinea che al momento dell’acquisto del complesso immobiliare, nel 2003, non vi era stata alcuna contestazione di lottizzazione abusiva, avvenuta solo all’esito dell’indagine penale, tra il 2011 e il 2012, non vi erano stati provvedimenti amministrativi al riguardo e pendevano due istanze di condono che avrebbero potuto essere definite positivamente: non vi sarebbero, dunque, elementi di colpa a carico della società ricorrente idonei a consentire il mantenimento della confisca.
2.4. Con un quarto motivo si deducono la violazione degli artt. 44, comma 2, d.P.R. 380/2001, 24, 27 e 42 Cost. e 6 e 7 CEDU e un vizio della motivazione, con riferimento alla proporzionalità della confisca, non essendo stati considerati il grado della colpa della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, l’effettiva incidenza delle opere acquistate dalla ricorrente e il loro impatto sul territorio, in quanto il compendio immobiliare dell società era costituito solo dal corpo di fabbrica denominato C1 e da altre opere di scarso rilievo e da un terreno di are 20.32 coltivato a frutteto, con la conseguente violazione del diritto di proprietà e la mancanza del necessario bilanciamento tra i diritti della società terza, che aveva subito l’ablazione, e l’interesse pubblic perseguito con la confisca, e senza tener conto del grave danno arrecato alla medesima RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE
Con memoria del 4 giugno 2025 la società ricorrente, nel replicare alle richieste del AVV_NOTAIO Generale ha insistito per l’accoglimento del ricorso, richiedendo, in via subordinata, la sospensione del processo alla luce della ordinanza della Corte d’appello di Lecce del 30 maggio 2025, di rimessione alla Corte costituzionale della legittimità dell’art. 578-bis cod. proc. pen., fino alla decisione di tale questione di legittimità costituzionale, e ribadendo, anche in replica alle conclusioni del AVV_NOTAIO Generale, la buona fede della società ricorrente e la sua estraneità al giudizio di merito, al quale non aveva partecipato, non avendo, quindi potuto contraddire in ordine alla propria mala fede, nonché la violazione del principio di proporzionalità, oggetto del quarto motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
2. Deve, preliminarmente, essere disattesa la richiesta di rinvio avanzata dalla ricorrente in relazione alla pendenza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’appello di Lecce con ordinanza del 30 maggio 2025, che è stata allegata alla memoria depositata dalla ricorrente medesima il 4 giugno 2025. Tale questione riguarda la legittimità costituzionale dell’art. 578-bis cod. proc. pen., nella parte in cui, secondo il diritto vivente (si richiama espressamente Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME), quando è ordinata la confisca urbanistica di cui all’art. 44, comma 2, d.P.R. 380 del 2001, il giudice d’appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, decid sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento di responsabilità dell’imputato.
Detta questione, però, è priva di rilevanza nel presente giudizio, nel quale si discute della richiesta di revoca in executivis di una confisca urbanistica disposta in relazione a un reato di lottizzazione abusiva che si è protratto almeno fino all’anno 2011 e che è stata applicata, nonostante la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato nel giudizio di appello, a seguito del dovuto accertamento della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi di tale reato, ai sensi dell’art 44, comma 2, d.P.R. 380 del 2001, sulla base di un consolidato e univoco orientamento interpretativo, anteriore alla introduzione della disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen. oggetto della questione di costituzionalità sollevata dalla Corte d’appello di Lecce.
Ferma restando la natura di sanzione penale sostanziale della confisca urbanistica, come tale soggetta alla disciplina dettata in ambito convenzionale dall’art. 7 CEDU, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente, e da tempo, affermato, ben prima dell’introduzione dell’art. 578-bis cod. proc. pen., la confiscabilità dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi abusivamente costruite pur in presenza di una causa estintiva del reato, a condizione che l’accertamento della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva abbia riguardato tanto il profilo oggettivo quanto quello soggettivo del reato stesso (Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi, Rv. 245347 – 01; Sez. 3, n. 21188 del 30/04/2009, COGNOME, Rv. 243630 – 01), e sia avvenuto nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati e nel quale sia stata verificata l’esistenza di profili quantomeno di colpa sotto l’aspetto dell’imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza dei soggetti nei confronti dei quali la misura è destinata a incidere (Sez. 3, n. 47280
del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 277363 – 03; Sez. 3, n. 32363 del 24/05/2017; Mantione, Rv. 270443 – 01; Sez. 3, n. 15888 del 08/04/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266628 – 01; Sez. 3, n. 17066 del 04/02/2013, Volpe, Rv. 255112 – 01).
Il fondamento normativo sostanziale dell’applicazione della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi abusivamente costruite, da disporsi con la sentenza del giudice penale che accerta esservi stata lottizzazione abusiva, è costituito dall’art. 44, comma 2, d.P.R. 380 del 2001, la cui applicazione non è impedita dalla prescrizione del reato, quando ne sia accertata la sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 01).
La previsione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 6, comma 4, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21, ha esclusivamente efficacia processuale, precisando – in conformità, peraltro, all’orientamento interpretativo già in precedenza assolutamente maggioritario – che il giudice dell’impugnazione ha l’obbligo di decidere il gravame sull’accertamento della responsabilità per il reato di lottizzazione abusiva, pur estinto per prescrizione sul piano penale, ai soli fin della decisione sulla confisca (Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, COGNOME, Rv. 283325 – 02; v. anche Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 01, cit., che ha ribadito il principio secondo cui “In tema di lottizzazione abusiva, la confisca di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento”).
Di detta disposizione, però, non è, come invece inesattamente affermato nel ricorso, stata fatta applicazione nella vicenda in esame, nella quale la confisca è stata disposta e confermata ai sensi di quanto previsto dall’art. 44, connma 2, d.P.R. 380 del 2001, sulla base del ricordato univoco orientamento interpretativo (ribadito anche nella citata sentenza COGNOME), che la Corte d’appello ha ampiamente richiamato a pag. 15 dell’ordinanza impugnata, ossia a seguito dell’avvenuto accertamento in contraddittorio dei presupposti oggettivi e soggettivi della lottizzazione abusiva, che è stata realizzata almeno fino all’anno 2011, con la conseguenza che risulta priva di rilevanza nel presente giudizio gOà1 citata questione di legittimità costituzionale, non essendo stata applicata la disposizione sospettata di illegittimità.
Tanto premesso, circa la questione pregiudiziale sollevata dalla ricorrente, osserva il Collegio che il primo motivo di ricorso è infondato.
Mediante tale motivo sono stati lamentati vizi della motivazione ed errate applicazioni di disposizioni di legge penale e processuale, sia con riferimento alla determinazione del momento consumativo della lottizzazione abusiva, da collocare, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, tra gli anni 2002 e 2003, con la conseguente estinzione per prescrizione di tale reato ancor prima della pronuncia della sentenza di primo grado, ostativa alla condanna e quindi anche alla adozione della confisca, non potendo applicarsi retroattivamente la disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen. alla confisca urbanistica; sia con riferimento allo stato soggettivo della società ricorrente, la cui assenza di buona fede sarebbe stata desunta indebitamente dalla partecipazione al giudizio, quale imputata, della socia acconnandataria NOME COGNOME.
Osserva, dunque, il Collegio, quanto al momento consumativo del reato di lottizzazione abusiva ascritto ad NOME COGNOME, in dipendenza della cui condanna è stata disposta la confisca censurata, che la Corte d’appello, nel disattendere i rilievi sollevati sul punto dalla ricorrente, ha sottolineato, ribadendo quanto già ampiamente esposto nelle sentenze di merito e nella sentenza di questa stessa Terza Sezione n. 37639 del 2024 (di rigetto dei ricorsi proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 14 giugno 2022 della Corte d’appello di Napoli, di parziale riforma della sentenza dell’8 novembre 2016 del Tribunale di Torre Annunziata, di condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di lottizzazione abusiva, applicativa della confisca urbanistica, confermata dalla Corte d’appello), che la lottizzazione abusiva in questione è proseguita quantomeno fino all’anno 2011, con la conseguente infondatezza dei rilievi sollevati sul punto dalla ricorrente circa l’anteriorità della lottizzazione al prop acquisto e l’estinzione per prescrizione del reato anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado, non essendo stato considerato quanto accertato definitivamente al riguardo nel giudizio di cognizione (al quale ha partecipato la amministratrice della società e al quale quindi questa non è rimasta estranea), né quanto ribadito al riguardo nell’ordinanza impugnata, tendendo, in realtà, la ricorrente a proporre una indebita rivisitazione di un accertamento di fatto che è stato adeguatamente e logicamente giustificato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto alla eccepita estraneità della società ricorrente al giudizio di cognizione, nel quale è stata disposta la confisca urbanistica di cui è stata domandata la revoca, la Corte d’appello ha sottolineato che NOME COGNOME, soda accomandataria della RAGIONE_SOCIALE, ha partecipato, quale imputata, al giudizio di cognizione, all’epoca del quale era già legale rappresentante di detta società, i cui soci, inoltre, erano tutti appartenenti alla famiglia COGNOME, affermando che, quindi, la società ricorrente non è rimasta estranea alle vicende del complesso
alberghiero oggetto della lottizzazione abusiva, che, tra l’altro, era gestit esclusivamente dalla famiglia COGNOME.
Per quanto riguarda la configurabilità della lottizzazione la Corte d’appello ne ha affermato la indubbia sussistenza, sottolineando che l’intervento edilizio oggetto della contestazione ha riguardato una vasta area avente vocazione agricola, radicalmente trasformata, con la realizzazione di un imponente complesso turistico alberghiero, denominato RAGIONE_SOCIALE, che si sviluppa su una superficie di 30.000/40.000 mq., asservito da un eliporto (analiticamente descritto alle pagg. da 6 a 10 dell’ordinanza impugnata), tale da pregiudicare l’ordinata pianificazione urbanistica e il corretto uso del territorio nonché l’effettivo controllo del territorio stesso da parte del titolare della funzio di pianificazione, ossia il comune, che, come è noto, costituiscono i beni – interessi protetti dal reato di lottizzazione abusiva (Sez. 3, n. 11716 del 29/01/2001, COGNOME, Rv. 221204 – 01; v. anche Sez. 3, n. 23010 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 280338 – 02; Sez. 3, n. 17834 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 250138 – 01; Sez. 4, n. 33150 del 08/07/2008, COGNOME, Rv. 240970 – 01).
La Corte d’appello, dato atto della assoluzione di NOME COGNOME, a cagione della realizzazione della maggior parte delle opere integranti la lottizzazione abusiva in epoca antecedente alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE, in quanto l’unico intervento realizzato successivamente riguarda un torrino del corpo Cl, ritenuto inidoneo a consentire di ravvisare il concorso della COGNOME nella lottizzazione abusiva, ha comunque escluso la buona fede (ossia l’estraneità del terzo al reato, necessaria per escludere la confisca a suo carico, cfr., tra le tante e da ultimo, Sez. 3, n. 44346 del 14/11/2024, Fiore, Rv. 287277 – 01, che ha ribadito, proprio in materia di lottizzazione abusiva, che non sono terzi estranei al reato, ai fini della confisca, né la persona giuridica proprietaria dell’are abusivamente lottizzata, che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, in quanto normalmente committente degli interventi realizzati e parte dei relativi atti negoziali e di ogni altra attività all’uopo posta in essere, né quella che è titola apparente di beni, che rappresenta il mero schermo con cui il reo, effettivo proprietario, agisce nel proprio esclusivo interesse, difettando, in entrambi i casi, il necessario requisito della buona fede; nel medesimo senso già, in precedenza, Sez. 3, n. 36310 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 277346 – 01; Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275756 – 02; Sez. 3, n. 32363 del 24/05/2017, Mantione, Rv. 270443 – 01), sia della stessa COGNOME, sia della società dalla medesima amministrata, quest’ultima certamente non estranea al giudizio di cognizione, trattandosi di società di persone e avendo partecipato al giudizio di cognizione, quale imputata, la propria socia accomandataria.
Sono, poi, stati sottolineati gli altri elementi ritenuti, in modo non certamente illogico, dimostrativi della piena consapevolezza delle attività illecite svolte anche
giovandosi dei beni poi acquistati dalla RAGIONE_SOCIALE e proseguite su di essi, costituiti dal rapporto di parentela tra NOME COGNOME e gli altri protagonisti della vicenda giudicati responsabili in primo grado del reato di lottizzazione abusiva, evidenziando, tra l’altro, che la suddetta NOME COGNOME aveva vissuto sin da bambina nel complesso alberghiero, destinato in parte ad abitazione della sua famiglia, apprezzandone nel corso del tempo le rilevanti modificazioni, fino a quando era divenuta amministratrice, oltre che socia illimitatamente responsabile, della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE La Corte d’appello ha, in proposito sottolineato che l’assunzione di tale carica è avvenuta nel 2002, quando NOME COGNOME aveva poco più di venti anni, traendone, anche a questo proposito in modo non illogico, la funzione lato sensu “divisoria” tra i membri della famiglia COGNOME della costituzione di tale società e della attribuzione a NOME COGNOME della veste di accomandataria, nonché, considerando l’età e la mancanza di esperienza specifica della medesima NOME COGNOME, la veste di “schermo” della RAGIONE_SOCIALE., utilizzata da NOME COGNOME e NOME COGNOME, ossia gli originari proprietari dell’area e committenti le opere integranti la lottizzazione abusiva, opere che nel 2002 avevano già assunto le enormi proporzioni del complesso turistico – alberghiero integrante la lottizzazione abusiva e oggetto della confisca, per poter continuare a operare su tale complesso.
Nella medesima prospettiva, ossia della dimostrazione della veste di schermo della RAGIONE_SOCIALE e della piena consapevolezza della sua socia accomandataria delle attività illecite realizzate e proseguite fino al 2011, è stato sottolineato c le attività negoziali poste in essere per dividere il complesso turistico sono avvenute tra membri della medesima famiglia, soci delle società che li compirono: la RAGIONE_SOCIALE, con soci NOME COGNOME, NOME COGNOME (coniugata con NOME COGNOME) e NOME COGNOME (coniugata con NOME COGNOME); la RAGIONE_SOCIALE, con soci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quale amministratore unico; la RAGIONE_SOCIALE, con soci i figli di NOME COGNOME, ossia NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME e socia accomandataria NOME COGNOME.
Da tale complesso di elementi la Corte d’appello, nel disattendere i rilievi della ricorrente circa la propria estraneità al giudizio di cognizione e in ordine alla buona fede di NOME COGNOME, ha ricavato, in modo non illogico, la piena consapevolezza di NOME COGNOME delle attività svolte e proseguite dopo la costituzione della RAGIONE_SOCIALE e l’assunzione della veste di acconnandataria, e l’opponibilità della confisca alla stessa RAGIONE_SOCIALE., sia in ragione della partecipazione al giudizio di cognizione di NOME COGNOME e della sua veste di socia accomandataria di una società di persone a struttura familiare; sia in considerazione della natura di mero “schermo” di tale società, costituita allo scopo di consentire agli originari autori della lottizzazione di continuare a utilizzare
avvalersi dei beni costituenti il complesso turistico – alberghiero frutto dell lottizzazione.
Si tratta di motivazione certamente idonea a giustificare la conferma della confisca e, soprattutto, la sua opponibilità alla RAGIONE_SOCIALE, solo apparentemente estranea al giudizio di cognizione, alla stregua del principio, non controverso nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di lottizzazione abusiva, non sono terzi estranei al reato, ai fini della confisca, né la persona giuridic proprietaria dell’area abusivamente lottizzata, che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, in quanto normalmente committente degli interventi realizzati e parte dei relativi atti negoziali e di ogni altra attività all’uopo pos essere, né quella che è titolare apparente di beni, che rappresenta il mero schermo con cui il reo, effettivo proprietario, agisce nel proprio esclusivo interesse difettando, in entrambi i casi, il necessario requisito della buona fede (così Sez. 3, n. 44346 del 14/11/2024, Fiore, Rv. 287277 – 01; Sez. 3, n. 42115 del 19/06/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277057 – 01; Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275756 – 02).
Nel caso in esame, infatti, la RAGIONE_SOCIALE, alla luce della sua evidenziata natura di “schermo” degli autori della lottizzazione abusiva, natura che non è stata considerata nel ricorso, nel quale è stato omesso il confronto con tale argomento, non può dirsi terza estranea al reato, essendo stata lo schermo attraverso il quale gli autori della lottizzazione hanno proseguito nella abusiva attività lottizzatoria né, tantomeno, in buona fede, sia in considerazione di tale veste, sia alla luce della partecipazione al giudizio di cognizione, quale imputata, della propria socia acconnandataria, pienamente consapevole, per quanto esposto a proposito dei rapporti familiari esistenti tra i soci dei vari enti coinvolti, dell’attività il corso.
4. Il secondo motivo, mediante il quale sono state lamentate l’insufficienza della motivazione e la violazione di disposizioni di legge penale e processuale, con riferimento all’adeguatezza dell’accertamento nei confronti della ricorrente dei presupposti oggettivi e soggettivi della confisca urbanistica, costituiti dall realizzazione di una lottizzazione abusiva e dall’assenza di buona fede in capo alla ricorrente medesima, quale terza estranea al reato, è infondato per le medesime ragioni già esposte al punto 3, essendo infondata, per quanto esposto a proposito della veste di “schermo” della RAGIONE_SOCIALE e della partecipazione al giudizio di cognizione della sua annministratrice, la prospettazione della estraneità della società ricorrente alla lottizzazione abusiva e all’accertamento di tale reato nei suoi presupposti oggettivi e soggettivi, nonché, per le medesime ragioni, oltre che per la partecipazione al giudizio di cognizione della socia accomandataria della RAGIONE_SOCIALE, quale imputata, la tesi della buona fede della società ricorrente, che, in realtà, era pienamente informata, attraverso la sua legale rappresentante, tenuto
conto degli evidenziati stretti rapporti familiari tra tutti i soci degli enti coin della lottizzazione abusiva realizzata anche utilizzando i beni della RAGIONE_SOCIALE, della abusività di tale condotta e della pendenza del relativo giudizio.
La Corte d’appello ha, comunque, come già evidenziato, adeguatamente illustrato anche nell’ordinanza impugnata la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di lottizzazione abusiva, dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte d’appello di Napoli ma costituente il presupposto, alla luce della condanna pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata e della conferma da parte della Corte d’appello della sussistenza di detti elementi costitutivi, della confisca di cui è stata domandata la revoca, evidenziando anche gli elementi dimostrativi della piena consapevolezza da parte di NOME COGNOME della abusività dell’attività edilizia e della sua portata, non confinabile nell’ambito di meri abus edilizi. Al riguardo la Corte d’appello ha sottolineato la grave colpa di NOME COGNOME nella valutazione della legittimità delle opere, in considerazione delle loro dimensioni eccezionali (estese su un’area di circa 40.000 mq., consistenti in almeno cinque corpi di fabbrica, ognuno di considerevoli dimensioni, con un conseguente carico urbanistico in termini di frequentazione della struttura che non poteva essere sottovalutato da un soggetto ormai maggiorenne e con vocazione imprenditoriale, sostenuta dal padre e dagli altri familiari), e l’irrilevanza del macroscopiche illegittimità poste in essere da alcuni amministratori locali (illustrate alle pagg. da 12 a 14 dell’ordinanza impugnata), in quanto realizzate a vantaggio e nell’interesse della famiglia COGNOME, dunque anche di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE., escludendo, di conseguenza, la sua buona fede e, per essa, anche della RAGIONE_SOCIALE., di cui la COGNOME era socia illimitatamente responsabile e legale rappresentante.
Si tratta, come già osservato a proposito del primo motivo di ricorso, di considerazioni logiche, conformi ai ricordati univoci orientamenti della giurisprudenza di legittimità circa la posizione del terzo i cui beni siano stat assoggettati a confisca a seguito della realizzazione di una lottizzazione abusiva, e idonee a giustificare la non estraneità della società ricorrente alla lottizzazione abusiva e la sua piena consapevolezza della illiceità delle attività lottizzatorie realizzate mediante i suoi beni e su di essi, che la ricorrente non ha considerato adeguatamente, né in modo autenticamente critico, con la conseguente infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.
5. Il terzo motivo, mediante il quale è stata censurata la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte relativa alla sovrapposizione tra il ruolo di NOME COGNOME quale persona fisica e la sua veste di amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, da cui sarebbe stata tratta indebitamente la consapevolezza della società ricorrente della abusività della lottizzazione, è anch’esso infondato per
ragioni analoghe a quelle esposte a proposito del primo e del secondo motivo punti 3 e 4, in ragione della già evidenziata natura di mero “schermo” d RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, utilizzata da parte degli autori della lottizzazione per continua utilizzare le opere frutto di tale attività abusiva e per proseguirla, oltr suddividerle tra i componenti della famiglia COGNOME.
Non vi è stata, in ogni caso, come già osservato ai punti 3 e 4, alcuna ind o illogica sovrapposizione tra NOME COGNOME, persona fisica imputata procedimento penale, e la RAGIONE_SOCIALE, essendo state evidenziate sia la rilevanza suo ruolo all’interno di tale società, nonostante la giovane età, avendo assu poco più di venti anni la carica di socia illimitatamente responsab amministratrice unica, con la conseguente rilevanza, per l’ente, dell partecipazione al giudizio, quantomeno in termini di conoscenza del contestazioni e di svolgimento del giudizio stesso, dunque di piena informazio della pendenza e del contenuto del giudizio penale relativo alla lottizza abusiva; sia l’origine di tale società, la composizione della compagine social stretti rapporti con altre società a base familiare coinvolte nella lottiz costituenti ulteriori rilevanti aspetti per escludere la buona fede della RAGIONE_SOCIALE essendo connaturata alla struttura della società e alle ragioni della sua costi la realizzazione e la prosecuzione dell’attività lottizzatoria, con la cons opponibilità alla società stessa della decisione di confisca dei beni d proprietaria in quanto oggetto di lottizzazione abusiva.
Ne consegue, pertanto, l’infondatezza delle censure fatte valere con il t motivo di ricorso, peraltro parzialmente sovrapponibili, quanto al loro conten a quelle di cui al primo e al secondo motivo.
Il quarto motivo, relativo alla pretesa violazione del princi proporzionalità, è inammissibile a causa della sua genericità.
Va, al riguardo, anzitutto osservato che tale questione è già stata esami nella citata sentenza n. 37639 del 2024 di questa stessa Terza Sezi escludendo la praticabilità di misure meno restrittive della confisca, qu demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento progetto di lottizzazione, in considerazione del fatto che l’intervento lottizz avvenuto in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo, ancorché invalido, conseguente preclusione a qualsiasi annullamento, nonché in ragione del ritenuta adeguatezza della confisca a preservare la riserva di pianifica territoriale, tenendo anche conto della gravità delle condotte e dell’intens dolo, sottolineando la riconducibilità dei beni confiscati ai ricorrenti (ossia NOME e NOME COGNOME, v. par. 6 della citata sentenza n. 37629 del 2024).
Tali considerazioni sono, per le ragioni esposte a proposito della opponib della decisione di confisca anche alla RAGIONE_SOCIALE, ossia per la sua natur
“schermo” degli autori della lottizzazione e per la partecipazione al giudizio della sua socia illimitatamente responsabile e amministratrice unica, idonee a giustificare l’adozione della confisca anche nei confronti della attuale ricorrente. Quest’ultima, però, non le ha affatto considerate nel ricorso, con il quale si è limitata, in modo del tutto generico, a lamentare l’omessa considerazione del grado della colpa della RAGIONE_SOCIALE, a prospettare il lieve disvalore della propria condotta e ad eccepire l’indebita considerazione delle dimensioni dell’intero complesso, ossia anche di opere non riconducibili alla ricorrente, senza, però, illustrare ed esaminare né la propria condotta, né le caratteristiche del complesso alberghiero e delle opere riconducibili alla ricorrente medesima, con la conseguente inidoneità della censura, a causa della sua genericità intrinseca ed estrinseca, a costituire valido strumento di critica vincolata della decisione impugnata anche in punto di proporzionalità della confisca.
In ogni caso la Corte d’appello ha disatteso le censure in ordine alla mancanza di proporzionalità della confisca dell’intero complesso turistico – alberghiero sottolineandone, anche a questo proposito, le assai rilevanti dimensioni e l’incidenza dello stesso sul territorio, tale da determinare la necessità, per salvaguardare la riserva di pianificazione territoriale, di disporne l’integral confisca, e rimarcando la mala fede di NOME COGNOME, che all’interno di tale complesso aveva ricavato anche la propria residenza (al pari di NOME RAGIONE_SOCIALE): si tratta di motivazione idonea a disattendere le censure in ordine al difetto di proporzionalità della confisca, essendo state adeguatamente indicate le ragioni della sua necessità in relazione a tutte le opere concretanti l’intervento lottizzatorio per preservare la pianificazione territoriale, che la ricorrente non ha adeguatamente considerato, tantomeno in modo critico.
7. In conclusione il ricorso in esame deve essere rigettato, a cagione della infondatezza dei primi tre motivi di ricorso e della inammissibilità del quarto motivo.
Consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/6/2025