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Confisca urbanistica: società schermo e mala fede

La Corte di Cassazione ha confermato la confisca urbanistica di un complesso immobiliare, respingendo il ricorso di una società che ne rivendicava la proprietà. La Corte ha stabilito che la società non poteva essere considerata terza in buona fede, bensì una ‘società schermo’ creata dai familiari condannati per lottizzazione abusiva. Anche se la socia accomandataria è stata assolta, i legami familiari e la consapevolezza dell’illecito hanno escluso la buona fede, rendendo legittima la confisca.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Urbanistica: La Cassazione Nega la Buona Fede alla Società ‘Schermo’ Familiare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema complesso e di grande attualità: la confisca urbanistica nei confronti di una società formalmente terza, ma di fatto legata ai responsabili del reato di lottizzazione abusiva. Il caso esaminato chiarisce come i tribunali possano guardare oltre l’apparenza giuridica per colpire il patrimonio illecitamente accumulato, anche quando la società proprietaria dei beni è amministrata da un soggetto assolto in sede penale.

I Fatti del Caso: Lottizzazione Abusiva e Vicende Familiari

La vicenda ha origine dalla condanna per lottizzazione abusiva a carico del titolare di un vasto complesso turistico-alberghiero. Con la sentenza di condanna, era stata disposta la confisca dell’intero compendio immobiliare. Successivamente, una società a cui appartenevano parte di questi beni ha presentato ricorso, chiedendo la revoca della confisca.

La particolarità del caso risiede nella struttura societaria e nei legami familiari: la socia accomandataria e amministratrice della società ricorrente era la figlia del principale condannato. Sebbene la figlia fosse stata assolta nel medesimo procedimento penale per non aver commesso il fatto, la Corte d’Appello aveva respinto la richiesta di revoca, decisione poi impugnata davanti alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Confisca Urbanistica

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando in via definitiva la confisca dei beni. La decisione si fonda su un principio cardine: per evitare la misura ablatoria, il terzo proprietario del bene deve dimostrare la propria totale estraneità al reato e la sua buona fede, elementi che i giudici hanno ritenuto insussistenti nel caso di specie.

Le motivazioni: Perché la società non è stata ritenuta terza di buona fede?

La Corte ha smontato la tesi difensiva della società, basando le sue motivazioni su una serie di elementi fattuali e giuridici che, nel loro complesso, delineavano un quadro di piena consapevolezza e coinvolgimento, seppur indiretto, nell’attività illecita.

La Teoria della ‘Società Schermo’

Il punto centrale dell’argomentazione è la qualificazione della società ricorrente come una ‘società schermo’. Secondo i giudici, la società non era un’entità economica autonoma e inconsapevole, ma uno strumento creato ad arte dagli autori del reato (i genitori dell’amministratrice) per continuare a gestire e a trarre profitto dal complesso immobiliare abusivo. La costituzione della società e l’attribuzione della carica di amministratrice alla giovane figlia sono state interpretate come una manovra per dividere formalmente la proprietà e schermarla da eventuali conseguenze legali.

Il Valore dei Legami Familiari nella Valutazione della Confisca Urbanistica

L’assoluzione della figlia-amministratrice non è stata ritenuta sufficiente a garantire la buona fede della società. La Corte ha sottolineato che la sua partecipazione al giudizio, la sua veste di socia illimitatamente responsabile e, soprattutto, gli stretti rapporti familiari con i condannati costituivano prove schiaccianti della sua piena conoscenza della situazione. Essendo cresciuta all’interno del complesso alberghiero e avendo assistito alle sue trasformazioni abusive, non poteva non essere consapevole dell’illiceità delle opere.

L’Irrilevanza della Prescrizione del Reato

La difesa aveva anche sostenuto che la confisca non potesse essere mantenuta, dato che il reato di lottizzazione abusiva si era nel frattempo prescritto. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la confisca urbanistica è una misura con finalità ripristinatorie e può essere disposta anche in caso di prescrizione, a condizione che l’esistenza del reato, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, sia stata accertata nel corso del giudizio.

Le conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ribadisce la severità dell’ordinamento nel contrasto all’abusivismo edilizio. L’insegnamento che se ne trae è duplice. In primo luogo, la nozione di ‘terzo di buona fede’ viene interpretata in modo rigoroso: non basta essere formalmente estranei alla condanna penale, ma è necessario dimostrare una totale e concreta estraneità al contesto illecito. In secondo luogo, le strutture societarie e i legami familiari vengono attentamente esaminati dai giudici, che non si fermano alla forma ma indagano la sostanza dei rapporti. Una società, specialmente se a conduzione familiare, difficilmente potrà invocare la propria buona fede quando i suoi beni sono il frutto di un reato commesso dai suoi stessi soci o dai loro familiari più stretti. La confisca urbanistica si conferma così uno strumento potente, capace di superare schermi formali per ripristinare la legalità violata.

Un bene può essere confiscato per lottizzazione abusiva anche se il reato è prescritto?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la confisca urbanistica può essere mantenuta anche se il reato è estinto per prescrizione, a condizione che la sussistenza del fatto illecito, sia negli aspetti oggettivi che soggettivi, sia stata accertata in un giudizio che abbia garantito il pieno contraddittorio.

Una società può essere considerata ‘terza in buona fede’ se il suo amministratore è stato assolto dal reato?
Non necessariamente. In questo caso, la Corte ha stabilito che, nonostante l’assoluzione dell’amministratrice, la società non poteva essere considerata in buona fede. I giudici hanno ritenuto che essa fungesse da ‘schermo’ per i veri responsabili (i suoi familiari), data la stretta connessione familiare e la piena consapevolezza della situazione illecita da parte dell’amministratrice, rendendo la società non estranea al contesto criminale.

Cosa significa ‘società schermo’ nel contesto di un reato urbanistico?
Significa una società che, pur avendo una propria personalità giuridica, viene utilizzata di fatto come uno strumento per nascondere i reali autori del reato o per permettere loro di continuare a beneficiare dei proventi dell’attività illecita. La Corte ha ritenuto che una tale società non possa godere della tutela prevista per i terzi in buona fede e, di conseguenza, i suoi beni sono soggetti a confisca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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