Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14013 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14013 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Andria il 25/01/1959
COGNOME NOMECOGNOME nato Trani il 11/07/1979
COGNOME nato a Trani il 10/09/1961
COGNOME NOMECOGNOME nato a Trani il 11/07/1977
COGNOME MarcoCOGNOME nato a Troni il 18/06/1975
Fore.se NOMECOGNOME nato a Foggia il 27/06/1975
COGNOME NOMECOGNOME nata a Trani il 8/10/1973
NOME NOMECOGNOME nato a Brienza il 28/06/1968
COGNOME NOMECOGNOME nato a Carpinone il 03/07/1976
RAGIONE_SOCIALE in persona del I.r.p.t.
Di NOME nata a Napoli il 02/02/1969
avverso la sentenza dei 28/11/2022 della Corte di appeilo di Bari;
visti ali atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la inammissibilità dei ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e il rigetto degli altri; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, Avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME nonché per NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, i quali hanno chiesto accogliersi i ricorsi; uditi gli Avv. NOME COGNOME per il Comune di Trani e l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per “RAGIONE_SOCIALE“, costituite parti civili, i quali hanno chiesto rigettarsi i ricorsi; preso atto della rinuncia alla trattazione orale del difensore, Avv. NOME
COGNOME, anche a nome del codifensore, Avv. NOME COGNOME.
RITENUTO IN IFATTO
Il Tribunale di Trani, con sentenza del 29 gennaio 2020, pronunciata nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e “RAGIONE_SOCIALE“, in persona del I.r.p.t., ha così statuito:
GLYPH ha condannato alle pene ritenute di giustizia NOME COGNOME riconosciuto il ruolo di partecipe – NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il reato di associazione a delinquere (artt. 416, comma 2, cod. pen.) di cui al capo A); NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (artt. 110 e 640-bis cod. pen.) di cui al capo B1);
ha condannato NOME COGNOME‘ NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME limitatamente ai capi per cui è stata pronunciata condanna, al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili costituite Comune di Trani in persona del Sindaco p.t. e “RAGIONE_SOCIALE“, in persona del I.r.p.t. da liquidare in separato giudizio, assegnando agli stessi una provvisionale immediatamente esecutiva, in misura rispettivamente di euro 20.000,00 a favore del primo e di euro 50.000,00, a favore della seconda, oltre spese e accessori;
ha ordinato la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, siti in Trani, contrada INDIRIZZO, ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001;
ha dichiarato “RAGIONE_SOCIALE” unipersonale responsabile ai sensi degli artt. 10, 11, 24 e 69 d.lgs. n. 231 del 2000 dell’illecito amministrativ dipendente dal reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. ascritto al capo G) ed ha applicato nei suoi confronti la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 400.000,00;
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in relazione a tutti gli ulteriori reati loro rispettivamente ascritti perché estinti prescrizione.
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Trani sopra indicata:
ha assolto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME dal reato di cui al capo A) perché il fatto non sussiste;
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME in ordine al reato ascritto al capo B1), perché estinto per intervenuta prescrizione;
ha limitato la provvisionale immediatamente esecutiva imposta a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME al reato di cui al capo B1), riducendone l’importo ad euro 15.000,00 in favore del Comune di Trani e ad euro 40,000,00 in favore di “RAGIONE_SOCIALE ;
-ha ridotto la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata a RAGIONE_SOCIALE all’importo di euro 100.000,00, revocando le ulteriori sanzioni irrogate a carico della medesima società;
ha confermato nel resto la sentenza impugnata, con le conseguenti statuizioni relative alle spese.
Hanno proposto ricorso gli imputati nonché “RAGIONE_SOCIALE“, in persona del I.r.p.t., dichiarata responsabile dell’illecito amministrativo dipendente da reato di cui al capo G), e NOME COGNOME, quale ter -za proprietaria dei terreni attinti da confisca, i quali hanno dedotti i motivi di seguito sintetizzati limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Ricorsi nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con un unico ricorso, l’Avv. NOME COGNOME denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 319 e 32.1 cod. pen. e vizi della motivazione.
La Corte di appello ha erroneamente confermato la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di cui al capo Al), operata dal Tribunale.
Punto nodale della condotta corruttiva ascritta ai ricorrenti era la revoca, da parte di COGNOME, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Trani, delle pregresse sospensioni delle DDIIAA presentate dalle società di gestione degli impianti fotovoltaici; revoca che, in tesi accusatoria, sarebbe ingiustificata da punto di vista burocratico-amministrativo e costituirebbe l’oggetto di un patto corruttivo, prevedente la corresponsione di compensi per euro 900.000,00 in favore di COGNOME, compagna di Affatato, per una fittizia attività di consulenza, a favore delle ridette società produttrici di energie rinnovabili.
Assume la difesa che le sospensioni delle DDIIAA furono disposte per acquisire chiarimenti in una materia rispetto alla quale gli apparati comunali erano impreparati a causa della complessità della normativa di settore, in continua evoluzione, e per la ambiguità della circolare interpretativa della Regione Puglia dell’i agosto 2008; le successive revoche erano state disposte in seguito alla acquisita conferma della pluralità dei punti di connessione dei distinti impianti alla rete elettrica, ossia della insussistenza di un criterio primario apprezzamento di eventuali condotte elusive della normativa vigente per gli impianti fotovoltaici di potenza superiore.
Quanto a NOME COGNOME la condotta corruttiva sarebbe indimostrata, non avendo la stessa mai neppure comunicato al compagno COGNOME di avere accettato un incarico di consulenza da COGNOME e COGNOME, per l’esecuzione del quale aveva percepito l’importo, del tutto congruo, di euro 30.000,00 da ciascuno dei predetti.
3.2. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME denuncia, con un unico motivo complesso, inosservanza ed erronea applicazione di legge, in relazione agli artt. 640-bis cod. pen., 3 d.lgs. n. 387 del 2003; 27 legge regionale Puglia n. 1 del 2008 e 3 L.R. Puglia n. 31 del 2008, e vizi della motivazione.
La Corte di appello ha erroneamente confermato la declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di truffa di cui al capo C1), pronunciata dal Tribunale nei confronti di Cormio, ritenendo illegittima la procedura per la costituzione di un parco fotovoltaico mediante DIA ai fini del conseguimento degli incentivi statali per la produzione di energie rinnovabili.
Le DDIIAA per cui è processo risultano tutte presentate nella vigenza dell’art. 27 legge regionale Puglia, n. 1, del 2008.
La Corte di appello ha erroneamente interpretato l’art. 1 -quater dl. 8 luglio 2010, n. 5, conv. in legge n. 129 del 2010, con cui il legislatore aveva inteso preservare la legittimità delle procedure avviate con DIA che si fossero
consolidate per la inutile decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato, e ha riferito la nozione di “rapporto esaurito” alle DDIIAA presentate nella vigenza della legge regionale n. 31 del 2008 (che aveva introdotto limiti al frazionamento dei fondi), e non a quelle presentate nella vigenza dell’anteriore legge n. 1 del 2008.
In virtù della circolare interpretativa dell’agosto 2008, il rapporto si sarebb esaurito con il decorso del termine di 120 giorni dalla data di presentazione della DIA.
Essendo legittime le DDIIAA, in quanto mai caducate e consolidatesi prima delle dichiarazioni di incostituzionalità del 2010, gli impianti fotovoltaici per cu processo erano legittimati ad operare in forza delle convenzioni sottoscritte con “GSE s.p.a.”
Sul punto viene richiamata Sez. 2, n. 31370 del 2008 che, proprio con riferimento al caso concreto, ha ritenuto non sussistente la prova della attività decettiva, e ha in particolare escluso il dolo, in quanto non possono ritenersi truffaldini comportamenti alla cui base vi sia una opinabile interpretazione delle norme relative al settore del fotovoltaico.
3.3. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME hanno articolato due motivi.
3.3.1. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt.
157 e ss. cod. pen., 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e mancanza di motivazione.
La Corte di appello ha confermato la decisione di confisca dei terreni siti in contrada INDIRIZZO di Trani, in relazione al reato di lottizzazione abusiva di cui al capo B), dichiarato prescritto in primo grado, sebbene, alla stregua della svolta istruttoria, avuto in particolare riguardo alla deposizione del teste COGNOME ed alla documentazione prodotta in giudizio, la permanenza risulti essere cessata, al più tardi, nel settembre 2011, epoca in cui gli impianti erano stati completati, e non invece alla data del sequestro, risalente al 6 dicembre 2012; sicché, considerato che il decreto che dispone il giudizio risale al 10 marzo 2017, la prescrizione del reato urbanistico sarebbe maturata prima dell’inizio della fase dibattimentale.
Ne consegue che la Corte di merito non ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite “Perroni”, secondo cu confisca di cui all’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 può essere dis anche in presenza di una causa estintiva del reato, quale è la prescrizione, restando che, una volta intervenuta detta causa estintiva, il giudizio n proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento.
E’ stato violato dal Tribunale l’obbligo di immediata declaratcria di una causa di non punibilità, obbligo che, diversamente da quanto argomentato dai Giudici di merito: a) non è subordinato alla richiesta della parte; b) va osservato anche in un processo cumulativo, che legittimamente continui con riferimento a reati diversi da quello per cui sia maturata la causa estintiva.
3.3.2. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all’art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Nessuna ipotesi di lottizzazione abusiva è configurabile in relazione al terreno di cui al mappale 87, p.11a. 2, sede degli impianti “RAGIONE_SOCIALE“, perché fisicamente autonomo e separato (da una strada poderale) dagli altri due lotti oggetto di suddivisione particellare (mappale f.lo 72, p.11e 120, 232 e 233).
Nel ritenere integrata la condotta di lottizzazione – costituente il presupposto della ablazione – la Corte ha sovrapposto i due piani, che vanno invece distinti, del frazionamento del terreno a fini edilizi e del frazionamento degli impianti produttivi per ridurne la potenza.
Alla data dell’entrata in vigore della legge 21 ottobre 2008, n. 31, era già spirato il termine di 30 giorni per il perfezionamento delle denunce di inizio attività, che, presentate il 7 e il 25 luglio 2008, si erano consolidate.
3.3.3. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 640-bis cod. pen., 74, 129 cpv. e 539 cod. proc. pen. con riferimento alla condanna al risarcimento dei danni in relazione al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, di cui al capo B1), per cui vi era stata condanna in primo grado, con la previsione di una provvisionale in favore di “RAGIONE_SOCIALE” e Comune di Trani, e conferma della prescrizione in appello.
La condotta truffaldina non è configurabile perché la presentazione di una DIA illegittima non ha idoneità decettiva nei confronti della società pubblica erogatrice “RAGIONE_SOCIALE“, la quale era investita di poteri di istruttoria e controllo fini della erogazione del contributo; l’elemento ingannatorio consistente, secondo la sentenza di appello, nelle false dichiarazioni di inizio e termine dei lavori di c ai capi B4), B5), B6), presentate all’UTC di Trani, non è oggetto di contestazione in questo ambito.
Il danno all’immagine riconosciuto in favore del Comune sarebbe potuto derivare solo dalla vicenda corruttiva ascritta al dirigente tecnico COGNOME, non certo dalla condotta truffaldina.
3.4. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME ha dedotto due motivi:
3.4.1.Inosservanza dell’art. 321 cod. pen. in relazione al reato di corruzione di cui al capo Al), dichiarato estinto per prescrizione nella sentenza di
primo grado; nutilizzabilità a fini di prova del contenuto della mail sequestrata all’interno del “personal computer” presso la sede di “RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di merito avrebbe dovuto assolvere COGNOME, ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., essendo evidente la prova della sua innocenza. La ma/I, in cui COGNOME discorre con COGNOME del compenso da corrispondere a COGNOME in veste di legale, in esecuzione dell’accordo corruttivo con COGNOME, non può ritenersi genuina in quanto, come evidenziato nel giudizio di primo grado dal perito, nonostante l’utilizzo delle “best practices” per l’estrazione della copia forense, non è stato possibile recuperare nella memoria del dispositivo il testo originario del messaggio, inviato da COGNOME a Ccvelli, in cui i due interloquivano del compenso da versare a COGNOME, sicchè non è dato escludere che il contenuto sia stato modificato, anche inavvertitamente, dal ricevente.
3.4.2. Violazione dell’art. 27 legge. Reg. Puglia n. 1 del 2008. La prova della insussistenza dell’accordo corruttivo si desume dalla veridicità dell’attestato rilasciato da COGNOME in ordine al termine di esecuzione dei lavori e, in generale, dalla legittimità della DIA a valere quale titolo abilitativo per realizzazione degli impianti alla data dei fatti. Ed invero:
tutte le DDIIAA che vengono in rilievo erano state presentate in data 8 agosto 2008, nella vigenza della legge reg. Puglia n. 1 del 2008 e prima della entrata in vigore della legge reg. Puglia n.31 del 2008;
la sospensione delle denunce di inizio attività, disposta dal C:omune di Trani il 4 agosto 2008, era dovuta alla incompletezza della documentazione tecnica degli elaborati progettuali;
GLYPH la disciplina, più restrittiva, dettata dalla legge n. 31 del 2008, non può trovare applicazione in relazione agli impianti in oggetto in quanto la norma transitoria di cui all’art. 7, stessa legge, stabilì che essa dovesse applicarsi all procedure in corso per le quali non risultavano formalmente concluse le conferenze di servizi di cui all’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003, ovvero non fosse validamente trascorso il termine di trenta giorni dalla formale presentazione di dichiarazione di inizio attività;
detti titoli abilitativi si erano perfezionati a seguito della revoca de sospensione disposta il 17 dicembre 2009, prima della prcnuncia della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 3 della legge n. 31 del 2008;
la Corte di appello ha attribuito alla circolare dell’Assessorato Sviluppo Economico Regione Puglia del 1 agosto 2008 – in cui le amministrazioni venivano invitate a vigilare su possibili elusioni della normativa – valore vincolante in malam partem, in chiara violazione del principio di riserva di legge di cui all’ art 25 Cost;
avuto riguardo ai criteri sintomatici di condotte elusive indicati nella medesima circolare, gli impianti in questione presentavano autonomi punti di connessione e dunque non poteva neppure ipotizzarsi che si trattasse di un impianto unico, solo artificiosamente frazionato;
erroneamente i Giudici di appello hanno ritenuto le DDIIAA non consolidate per essere stato sospeso il termine di trenta giorni dalla loro presentazione, essendo tali sospensioni inidonee ad incidere sul consolidamento;
la sentenza Corte cost. n. 366 del 2010, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge Reg. Puglia 19 febbraio 2008, n. 1, art. 27, comma 1, lett. b) si riferisce ai soli impianti eolici “on shore”, non a quelli fotovoltaici. In ogni caso, la retroattività delle sentenze di incostituzionalità trova un limite n rapporti regolati in via definitiva dalla norma incostituzionale.
Erroneamente la Corte di merito ha ritenuto non operante, nella fattispecie al vaglio, la norma c.d. “salva DIA”, di cui al dl. n. 105 dell’ 8 luglio 2010, conv. legge 13 agosto 2010, n. 129
3.5. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME ha dedotto cinque motivi.
3.5.1. Inosservanza ed erronea applicazione di legge, in relazione agli artt. 12 d.lgs. n. 387 del 2003; 27 legge reg. Puglia n. 1 del 2008; 3 e 7 legge reg. Puglia n. 31 del 2008; 2 cod. pen.; 7 CEDU, e contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
La Corte di appello ha erroneamente ritenuto essere inibita la possibilità di avviare il procedimento per la costituzione di un parco fotovoltaico mediante DIA.
Le DDIIAA per cui è processo risultano tutte conformi all’art. 27 legge Reg. Puglia n. 31 del 2008 e sono state presentate quando non erano precluse.
La Corte di merito ha erroneamente interpretato l’art. 1-quater d.l. 8 luglio 2010, n. 5, conv. in legge n. 129 del 2010,
In virtù della ridetta circolare interpretativa, il rapporto era da considerar esaurito decorsi 120 giorni dalla data di presentazione della DIA.
A fronte di un dedalo di fonti normative intervenute a disciplinare il settore fotovoltaico, difetterebbe, nella specie, la conoscibilità del precetto normativo, che deve, invece, definire con chiarezza i reati e le pene che li reprimono, ai sensi dell’art. 2 cod. pen. e dell’art. 7 CEDU.
3.5.2. Inosservanza ed erronea applicazione di legge, in relazione agli artt. 12 d.lgs. n. 387 del 2003; 27 legge reg. Puglia n. 1 del 2008; 3 e 7 legge reg. Puglia n. 31 del 2008; 2 cod. pen.; 7 CEDU; 44, lett. b) e lett. c) e 30 d.lgs. n. 380 del 2001) e contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Non può ritenersi integrata la lottizzazione abusiva di cui al capo B), e non avrebbe potuto essere disposta la confisca, atteso che la realizzazione degli impianti fotovoltaici, costituiti da pannelli rirnovibili, non ha comportato un trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio nei terreni a destinazione agricola.
3.5.3. Inosservanza ed erronea applicazione di legge, in relazione agli artt. 12 d.lgs. n. 387 del 2003; 27 legge reg. Puglia n. I. del 2008; 3 e 7 legge reg. Puglia n. 31 del 2008; 2, comma 159, legge n. 244 del 2007, contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
La Corte di merito ha ritenuto che il reato di cui al capo B1) si sia prescritto I’ settembre 2020, avuto riguardo all’epoca a cui risale l’ultima tranche di incentivi erogati alla società (11 dicembre 2012), laddove, in difetto di prova certa del momento consumativo, ed in applicazione dei favor rei, avrebbe dovuto essere dichiarata l’estinzione del reato in epoca antecedente.
Gli stessi incentivi si sarebbero potuti conseguire presentando domanda con riferimento ad un unico impianto di potenza triplicata, in luogo che per tre impianti distinti.
Essendo le opere de quibus assentibili mediante denuncia di inizio attività, non sarebbe configurabile il mendacio con riguardo alle dichiarazioni di inizio e termine lavori, né alcuna condotta decettiva.
A norma dell’art. 2, comma 159, legge n. 244 del 2007, la dimostrazione dell’avvio della iniziativa ai fini del rispetto del termine di inizio lavori è fo anche dalla mera acquisizione della disponibilità giuridica delle aree destinate ad ospitare l’impianto (presupposto soddisfatto al 31 dicembre 2009, in cui l’imprenditore aveva accettato il preventivo di allacciamento alla rete elettrica fornito da “RAGIONE_SOCIALE“).
Analoghe considerazioni vengono svolte con riguardo alle condotte di truffa di cui ai capi C1) e C2).
Quanto ai reati di falso di cui ai capi B4) e C6), relativi alla data di inizi termine dei lavori, sono richiamate le deduzioni già articolate a proposito dell’art. 2, comma 159, legge n. 244 del 2007.
Quanto ai capi C3) e C6), è di tutta evidenza che le relazioni tecniche allegate alle DDIIAA e funzionali alla richiesta di accesso alle tariffe incentivanti sono solo il frutto di una errata valutazione tecnica, scevra da ogni volontà di mendacio.
3.5.4. Manifesta illogicità della motivazione.
E’ stata liquidata una provvisionale di 15.000,00 sul risarcimento danni subiti dal Comune di Trani, senza spiegare i criteri di una tale quantificazione, che presupponeva la certezza della prova limitatamente a tale importo.
3.5.5. Inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 319, 483, 481 cod. pen., 12, comma 159, legge n. 244 del 2007 in relazione all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. e vizi della motivazione.
La Corte ha ritenuto, con riguardo ai reati dichiarati prescritti in primo grado, che non si evidenziassero ragioni di proscioglimento nel merito aventi connotati di evidenza. Di contro, non consta dall’istruttoria svolta che il ricorrente ed coimputati abbiano avuto contatti con l’avv. COGNOME nell’anno 2009, ovvero nel periodo in cui si era posto il problema di riavviare l’iter amministrativo sospeso.
La prima corrispondenza con la predetta è successiva alla revoca della sospensione delle DDIIAA e l’unico elemento indiziario è costituito dalla mail inviata da COGNOME a COGNOME, in cui si era fatto riferimento all’emolumento da corrispondere alla COGNOME, pari ad euro 225.000,00 euro per MW con riferimento a ciascuno dei quattro impianti di contrada Cuneo, alla quale COGNOME era rimasto estraneo.
3.6. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME ha dedotto quattro motivi.
3.6.1. Violazione dell’art. 640-bis cod. pen. e travisamento probatorio. L’imputato avrebbe dovuto essere mandato assolto dai reati di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui ai capi C1) e D1) ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., avendo la Corte espresso una valutazione puramente congetturale sulla consapevolezza, da parte sua, delle vicende sottostanti alle domande di incentivi relativi agli impianti di “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, ossia, in buona sostanza, del meccanismo di spacchettamento degli impianti.
Nella sentenza di appello il proscioglimento nel merito è stato denegato in relazione a due atti ritenuti ideologicamente falsi e di portata decettiva: la attestazione di idoneità della DIA e la comunicazione di inizio lavori, atti che, tuttavia, non sono stati prodotti da Forese al Comune di Trani.
L’attestazione di idoneità rilasciata dal dirigente tecnico del Comune, in particolare, si sostanzia in un giudizio di conformità legale puramente valutativo, rispetto al quale non è configurabile la ipotizzata falsità ideologica, se non correlata a dati di fatto falsi; essa risale ad epoca antecedente alle sentenze della Corte cost. pronunciatesi sulle leggi regionali n. 1 del 2008 e n. 31 del 2008 e non ha avuto alcuna rilevanza ai fini della attivazione degli impianti, e comunque non è stata prodotta dal Forese o in allegato alla domanda per il rilascio degli incentivi Conto Energia in quanto non richiesta, sicché non ha avuto alcun effetto decettivo per l’ente erogatore.
3.6.2. Violazione dell’art. 27 della legge Reg. Puglia n. 1 del 2008 in ordine alla legittimità del titolo abilitativo con cui sono stati realizzati gli imp
fotovoltaici di proprietà di RAGIONE_SOCIALE“; violazione dell’art. 25 Cost., riguardo ai reati di cui ai capi C1) e D1).
Con argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle svolte dai coimputati, la difesa ha rimarcato la legittimità della procedura semplificata di attivazione degli impianti fotovoltaici mediante DIA, posto che, per quelli di INDIRIZZO Cuneo (Queensland e Canberra), essa fu depositata in data 8 agosto 2008, mentre, per quelli di “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, in data 12 settembr 2008, dunque nella vigenza della legge reg. Puglia n. 1 del 2008, sicché sarebbero ininfluenti tanto le sospensioni delle DDIIAA da parte dell’ufficio tecniccys -algono rispettivamente al 4 settembre 2008 e al 12 settembre 2008 . le revoche rispettivamente al 17 dicembre 2009 e al 22 gennaio 2010, sicché il termine di trenta giorni per il consolidamento delle denunce di inizio attività si sarebbe perfezionato prima delle sentenze della Corte costituzionale n. 119 del 2010 e n. 336 del 2010, comunque inapplicabili retroattivamente con riguardo ai rapporti esauriti; c) che ciascun impianto aveva un autonomo punto di connessione sicché la fictio iuris della loro unicità, prevista dalla c.d. norma antifrazionamento, non poteva trovare applicazione; d) che non poteva attribuirsi valore precettivo alla ridetta circolare del 1 agosto 2008, ostandovi i principio di riserva di legge, come chiarito dalla circolare interpretativa de Ministero dello Sviluppo Economico in data 15 dicembre 2010.
3.6.3. Violazione degli artt. 640-bis e 40 cod. pen., nonché difetto di motivazione in ordine alla mancata induzione in errore dell’ente pubblico “RAGIONE_SOCIALE
La sentenza non motiva adeguatamente sulla idoneità decettiva della condotta nei confronti dell’ente pubblico erogatore degli incentivi, desunta dagli atti e documenti prodotti, destinati a provare la verità di quanto in essi dichiarato.
3.6.4. Violazione degli artt. 43, 110 e 640-bis cod. pen., nonché difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Forese si era limitato a presentare la richiesta di incentivi a “RAGIONE_SOCIALE“, ma senza avere contezza del carattere illegittimo dei titoli abilitativi (anche perché gli episodi di corruttela erano anteriori di anni), e la sentenza si limita a ritene
tale inconsapevolezza inverosimile.
3.7. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
L’Avv. NOME COGNOME ha articolato quattro motivi.
3.7.1 Violazione dell’art. 640-bis cod. pen.: “sulla legittimità degl interventi edilizi in forza delle domande di inizio attività del 7 luglio e del luglio 2008”, quanto al risarcimento dei danni per i capi B), B L) e B6), dichiarati prescritti.
Con argomentazioni nella sostanza sovrapponibili a quelle svolte dai coimputati, viene censurata la sentenza della Corte di appello per avere ritenuto integrata la condotta di truffa aggravata di cui al capo B1) per la realizzazione di due impianti fotovoltaici contigui (“RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“). procedure si sono consolidate pur in considerazione delle sospensioni disposte dall’ufficio tecnico, risalenti al 4 settembre 2008, al 6 luglio 2009, al settembre 2008 e al 6 luglio 2009.
3.7.2. Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 640-bis cod. pen. in relazione al capo B1).
Per effetto delle ridette sentenze demolitive della Corte costituzionale n. 119 del 2010 e 336 del 2010 non sarebbe potuto rivivere “ex tunc” il regime dell’autorizzazione unica, essendosi l’iter amministrativo già perfezionato (in tal senso v. Cass. civ., Sez 1, 27 giugno 2018, n. 16990; Corte Cost. n. 191 del 2001; Sez. 4, n. 46415 del 22/06/2018, Rv. 273990).
3.7.3. Mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. contestato nel capo B1).
La sentenza impugnata attribuisce efficacia ingannatoria al deposito di mendaci dichiarazioni di inizio e fine dei lavori relative alla installazione delle opere “RAGIONE_SOCIALE“, ai fini della ammissione alla tariffa incentivante.
. Di contro, le uniche dichiarazioni riferibili a COGNOME sono quelle relative al ultimazione dei lavori di “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, risalenti al dicembre 2011 e al 28 febbraio 2012, comunque ininfluenti sulla attestazione di idoneità delle DDIIAA già rilasciata da Affatato il 30 giugno 2011, inidonee ad indurre in errore “RAGIONE_SOCIALE” sulla sussistenza dei requisiti per la regolarità delle DDIIAA ed inconferenti ai fini dell’ammissione di entrambe le società alle tariffe incentivanti ex d.m. 5 maggio 2011.
3.7.4. Mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen.
Non è configurabile il dolo del reato di cui al capo B1), in relazione alla illegittimità di realizzazione degli impianti a mezzo DDIIAA, per la pletora di leggi, decreti ministeriali e circolari interpretative, che avallavano legittimazione a realizzare interventi a mezzo di procedura semplificata.
Ai tempi era vigente il secondo “Conto energia” di cui al cl.m. 19 settembre 2007, che non premiava con differenze tariffarie i piccoli impianti, prevedendo una tariffa unitaria a prescindere dalle soglie, essendo stata introdotta una distinzione tariffaria solo con il d.m. 6 agosto 2010.
3.8. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
L’Avv. NOME COGNOME e l’Avv. NOME COGNOME hanno dedotto tre motivi, sostenuti da argomentazioni sovrapponibili a quelle del coimputato COGNOME.
3.8.1. Violazione dell’art. 640-bis cod. pen. in relazione al capo B1). Erroneamente la sentenza della Corte di appello ha ritenuto integrata la condotta di truffa aggravata per la realizzazione degli impianti fotovoltaici contigui di “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, essendo legittima la procedura semplificata di attivazione mediante DDIIAA, depositate in data 7 luglio 2008 e in data 25 agosto 2008 e consolidatesi nonostante le sospensioni cia parte dell’ufficio tecnico, rispettivamente risalenti al 4 settembre 2008, al 6 luglio 2009, al 15 settembre 2009 e al 6 luglio 2009.
3.8.2. Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 640-bis cod. pen., in relazione al reato di cui al capo B1).
Le ridette sentenze della Corte costituzionale non avrebbero potuto comportare la reviviscenza ex tunc del regime dell’autorizzazione unica in violazione del principio di irretroattività.
3.8.3. Mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. ascritto al capo B1), i ragione della mancata realizzazione di una condotta ingannatoria ai danni di “RAGIONE_SOCIALE
Le uniche dichiarazioni mendaci riferibili al ricorrente sono quelle relative all :t GLYPH il GLYPH Il ultimazione dei lavori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, risalenti al 2 dicembre 2011 e al 28 febbraio 2012, ininfluenti sulla attestazione di idoneità delle DDIIAA rilasciata da Affatato il 30 giugno 2011, perché posteriori e non dotate di idoneità decettiva ai fini dell’ammissione delle società alle tariff incentivanti ex d.m. 5 maggio 2011.
3.8.4. Mancanza ed illogicità della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. di cui al capo B1), ovvero per difetto di dolo in relazione alla illegittimità di realizzazione degli impianti a mez RAGIONE_SOCIALE.
Il Conto energia di cui al d.m. settembre 2007 non premiava con differenze tariffarie i piccoli impianti, prevedendo una tariffa unitaria a prescindere dall soglie.
9. Ricorso nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE
L’Avv. NOME COGNOME ha dedotto cinque motivi.
3.9.1.Violazione dell’art. 27 legge reg. Puglia n. 1 del 2008, in ordine alla legittimità del titolo abilitativo con cui è stato realizzato l’impianto fotovoltai proprietà di “RAGIONE_SOCIALE
La procedura semplificata di attivazione degli impianti fotovoltaici era legittima ratione temporis quando la DIA fu depositata da “RAGIONE_SOCIALE“, in data 12 settembre 2008; la sospensione da parte dell’ufficio tecnico comunale fu disposta solo il 21 ottobre 2008; la DIA fu volturata a “RAGIONE_SOCIALE” il 13 novembre 2009 e la voltura fu autorizzata nel mese di gennaio successivo; la DIA si era perfezionata, a seguito della revoca della sospensione, in data 22 gennaio 2010, prima della sentenza della Corte cost. n. 119 del 2010; ciascuno degli impianti contigui oggetto del procedimento aveva un autonomo punto di connessione alla rete elettrica; la sola presunta unicità della iniziativa industriale non potev dimostrare l’elusione della normativa in vigore.
3.9.2. Violazione degli artt. 640-bis cod. pen. e 24 d.lgs. n. 231 del 2001 e difetto di motivazione in ordine al requisito degli artifici e raggiri posti in ess nei confronti dell’ente pubblico “RAGIONE_SOCIALE” e travisamento della prova.
La sentenza non spiega in che cosa siano consistiti gli artifici.
Di contro, non si è considerato che: a) l’inizio dei lavori era ininfluente rispet alla validità della DIA, posto che essa si era già consolidata prima della sentenza della Corte costituzionale; b) l’attestazione di inizio lavori non è stata ma presentata a “RAGIONE_SOCIALE” perché non richiesta dal “Conto energia” ai fini del rilascio degli incentivi; c) l’attestazione di idoneità della DIA da parte d dirigente dell’ufficio tecnico è atto valutativo basato su un giudizio di conformit legale.
3.9.3. Violazione degli artt. 640-bis e 40 cod. pen. La condotta in addebito non era idonea ad indurre in errore “RAGIONE_SOCIALE” in ragione del carattere degli atti e documenti prodotti, destinati a provare la verità di quanto in essi dichiarato, in quanto l’ente disponeva di tutti gli element necessari 0 alla relativa verifica.
3.9.4. Violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001.
In riferimento al reato di cui al capo D1), non sarebbe provata una condotta concorsuale ascrivibile agli amministratori dell’ente nella commissione del reato presupposto di truffa aggravata.
Nulla è precisato quanto alla condotta di COGNOME, che ha costituito “RAGIONE_SOCIALE” nel 2009, rimanendone il legale rappresentante fino a giugno 2011, in relazione al frazionamento ed alla dichiarazione di cui al capo D7), asseritamente falsa, inviata al Comune di Trani, e della voltura da “RAGIONE_SOCIALE” a “RAGIONE_SOCIALE
Di COGNOME è detto che è difficile ipotizzare che potesse avere agito nella inconsapevolezza della vicenda sottostante, sulla base di un ragionamento puramente presuntivo.
3.9.5. Vizi di motivazione.
Mancherebbe il presupposto del frazionamento, in quanto l’impianto fotovoltaico di proprietà di “RAGIONE_SOCIALE” non è contiguo agli ulteriori impianti di contra S. Chiara, da cui lo separano altre proprietà.
3.10. Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
L’Avv. NOME COGNOME ha formulato un unico motivo, chiedendo che, qualificato il ricorso come incidente di esecuzione, sia disposta la trasmissione degli atti al Giudice dell’esecuzione, annullando la statuizione sulla confisca.
La ricorrente è stata inizialmente indagata, poi destinataria di richiesta di archiviazione. Nondimeno, con la sentenza di primo grado, è stata disposta la confisca del terreno.
Quale terza estranea, COGNOME non aveva legittimazione ad impugnare la sentenza, nemmeno in relazione alla sola confisca, sicché l’appello avrebbe dovuto esser dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione, con trasmissione degli atti al Giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.
Essendo stati i terreni dissequestrati e restituiti, non era statc possibile avanzare richiesta di restituzione al giudice che procede ed impugnare innanzi al riesame l’eventuale diniego ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen.
La Corte cost., con sentenza n. 253 del 2017, ha dato atto di un indirizzo “favorevole all’immediato ricorso all’incidente di esecuzione, non superato in via definitiva” ancorchè la sentenza non sia definitiva e non sia configurabile un giudicato.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso nei termini riportati in epigrafe.
All’udienza del 6 ottobre 2023, all’esito della discussione delle parti, la deliberazione è stata differita all’udienza odierna, ai sensi dell’art. 615, comma 1, cod. proc. pen.
Considerato in diritto
I ricorsi sono infondati, taluni ai limiti della inammissibilità, e vann respinti per le ragioni che di seguito si espongono.
Tutti gli imputati ricorrenti lamentano, in relazione ai reati di cui è stat dichiarata l’estinzione per prescrizione, il mancato riscontro alle richieste di assoluzione per ragioni di merito.
Il tema è, anzitutto, quello della valenza da adribuire alla regola processuale dell’obbligo di immediata declaratoria ex officio delle cause di non punibilità, in esse compresa la prescrizione, il cui paradigma si rinviene nell’art. 129 cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite, con una serie di pronunciamenti, a partire da Sez. U 27 febbraio 2002 n. 17179, Conti, Rv. 221403 – 01, hanno focalizzato la duplice funzione cui l’obbligo è preordinato: a) quella di favorire l’imputato da prosciogliere; b) quella di agevolare in ogni caso l’exitus del processo, scongiurandone la prosecuzione infruttuosa, in un’ottica deflattiva e semplificatoria, con l’eliminazione di ogni attività non essenziale.
Tale ricostruzione non evidenzia frizioni con l’interesse dell’imputato ad una più ampia possibilità di vedere proseguire l’attività processuale al fine di conseguire il proscioglimento con formula liberatoria di merito, il quale può trovare massima espansione attraverso la rinuncia alla prescrizione (Corte cost. n. 275 del 1990), consentendo la rinuncia un adeguato contemperamento tra l’interesse detto e l’obiettivo, non meno rilevante – o che, comunque, non può essere considerato aprioristicamente di rango inferiore – della ragionevole durata del processo, presidiato costituzionalmente ex art. 111 Cost.
In linea di continuità con la sentenza COGNOME, Sez. U n. 12283 del 25/01/2005, COGNOME, RV. 230529 hanno ricostruito ancor più compiutamente le ragioni giustificative dell’obbligo di immediata declaratoria della causa di non punibilità, precisando la nozione di immediatezza – per vero presente nella rubrica, ma non nel corpo dell’art. 129 – la quale non esprime una connotazione di “tempestività temporale” assoluta (fino a legittimare, ad esempio, il rito de plano), ma sta a significare che, qualora ne sussistano le condizioni, tale declaratoria deve avere la precedenza su altri eventuali provvedimenti decisionali adottabili dal giudice.
Su tale sostrato teorico si innestano i principii affermati da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244273NUMERO_CARTA, le quali hanno definito i rapporti tra la declaratoria della causa di non punibilità, ai sensi dell’a 129 cod. proc. pen., e la pronuncia assolutoria di cui all’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite muovono dalla considerazione che il presupposto della “evidenza” della prova, postulato dal secondo comma dell’art, 129 cod. proc. pen. – che perimetra il contenuto dell’obbligo di immediata cleclaratoria della causa di non punibilità indicato dal primo comma – vada inteso nel senso che il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione nel merito, pur in presenza di una causa estintiva del reato, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu ocu/i”, che a quello di “apprezzamento”.
Le Sezioni Unite hanno individuato due ipotesi derogatorie rispetto a tale regola di giudizio: a) quella in cui, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili; b) quella in giudice di appello ritenga infondata nel merito l’impugnazione del pubblico ministero proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art. 530, comma secondo, cod. proc. pen.
La stessa sentenza ha puntualizzato che, se si dovesse ritenere, pur in presenza di una causa estintiva, che debba rendersi una decisione assolutoria nel merito in forma dubitativa, ex art. 530 cpv. cod. proc. pen., non sarebbero comprensibili né la collocazione sistematica, sub art. 129, cornma 1, dell’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ivi comprese le cause di estinzione del reato – e la previsione della sua operatività in “ogni stato e grado del processo”, né la clausola di esclusione di cui all’art. 531, comma 1, cod. proc. pen., il quale stabilisce che, all’esito dell’istruttoria, il gi pronuncia sentenza di non doversi procedere se il reato è estinto “salvo quanto disposto dall’art. 129, comma 2”, vale a dire, salvo che non risulti già acquisita in atti la prova “evidente” che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.
In applicazione dei principi espressi dalla sentenza COGNOME, più recenti arresti di questa Corte hanno puntualizzato che, a fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione adottata in primo grado, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., sia tenuto ad individuare i motivi che permettono di apprezzare “ictu oculi”, con una mera attività di “constatazione”, I”evidenza” della prova di innocenza dell’imputato, idonea ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione da parte dello stesso, ovvero la sua rilevanza penale (Sez. 6, n. 33030 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 285091 – 01; Sez. 6, n. 27725 del 22/03/2018, Princi, Rv. 273679-01).
I principii espressi nella sentenza COGNOME vanno coordinati, nel giudizio impugnatorio, con l’assetto normativo in forza del quale il giudice di appello o la Corte di cassazione, nel prendere atto di una causa estintiva, sono
tenuti a pronunciarsi funditus, vagliando nel merito le deduzioni proposte: a) ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen., quando sia stata pronunciata condanna in primo grado, con le correlate statuizioni civili; b) ai sensi dell’art. 578-bis, in caso di disposta confisca (Sez. 6, n. 41308 del 13/09/2023, COGNOME, Rv. 285361 – 01).
E’ appena il caso di evidenziare che, secondo un più recente orientamento, il giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale, in primo grado, sia intervenuta anche condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in separata sede ai sensi dell’art 539 cod. proc. pen., sarebbe tenuto a decidere sull’impugnazione ai soli effetti civili relativi alla generica condanna risarcitoria e, a tal fine, non dovrebb neppure verificare se si sia perfezionato il reato contestato, bensì dovrebbe limitarsi ad accertare se la condotta dell’imputato sia stata idonea a provocare un danno ingiusto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., facendo applicazione del criterio del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” (Sez. 2, n. 11808 del 14/01/2022, COGNOME, Rv. 283377 – 01); tale errneneusi valorizza il portato della sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, la quale ha chiarito come la natura civilistica dell’accertamento richiesto al giudice penale dell’impugnazione con riferimento alle pretese risarcitorie della parte civile, differenziato -da un ormai precluso accertamento della responsabilità penale, emerge soprattutto riguardo al nesso causale ed all’elemento soggettivo dell’illecito.
Alla luce di tale premessa ricostruttiva, deve osservarsi che tutti i ricorrenti prosciolti in primo grado con sentenza di non doversi procedere per prescrizione non hanno dedotto elementi dimostrativi di una situazione di “evidenza di innocenza”.
Per tutti i reati dichiarati prescritti, la sentenza di prime cure, dopo una analitica ricostruzione dei fatti, ha spiegato come non residuasse spazio per una pronuncia assolutoria, e tale valutazione è stata condivisa dalla Corte territoriale con motivazione esauriente e scevra da illogicità ( v. pag. 105 e ss.).
I motivi proposti nei ricorsi non sono idonei a neutralizzare le emergenze dibattimentali con argomentazioni univoche ed autoevidenti, là dove lamentano la insufficienza degli elementi dimostrativi a carico degli indagati ovvero propongono complesse questioni implicanti ora la ricostruzione di un quadro normativo ai tempi in evoluzione – come di qui a poco si vedrà – relativo alla disciplina applicabile in tema di regime abilitativo per la realizzazione di impiant fotovoltaici; ora accertamenti in fatto, comunque preclusi in questa Sede, al fine di individuare il momento consumativo dell’attività di trasformazione urbanistica;
ora l’inutilizzabilità della prova documentale estrapolata da un dispositivo informatico alla luce dell’accertamento peritale, la cui incidenza sulle responsabilità degli indagati avrebbe imposto quantomeno una c.d. prova di resistenza.
Sotto altro profilo, deve osservarsi che si sono dedotti dai ricorrenti, ai fin del proscioglimento con formula liberatoria più favorevole, per lo più vizi di motivazione, i quali – come puntualizzato dalle stesse Sezioni Unite COGNOME non potrebbero essere in ogni caso rilevati in questa Sede, in quanto il giudice del giudizio rescissorio, all’esito dell’annullamento, sarebbe egualmente tenuto a procedere alla immediata declaratoria della causa estintiva.
In applicazione delle indicate coordinate ermeneutiche, vanno invece vagliati i motivi di ricorso relativi a:
il reato di lottizzazione abusiva di cui al capo B), per cui è stata disposta la confisca dei terreni di INDIRIZZO, senza preventiva condanna, a reato prescritto;
il reato di truffa aggravata di cui al capo B1), contestato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, unica fattispecie per cui la causa estintiva della prescrizione è maturata nel corso del giudizio di appello ed è stata in tale ambito dichiarata, con valutazione del compendio probatorio ai fini della conferma delle statuizioni civili;
il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazione pubbliche di cui al capo D1), in relazione al quale è stata ritenuta la responsabilità dell’ente RAGIONE_SOCIALE per l’illecito amministrativo dipendente da reato contestato al capo G).
I ricorsi relativi alle predette fattispecie incriminatrici prospettan questioni comuni, che possono essere unitariamente affrontate.
8. Il quadro normativo
Tutti i ricorrenti lamentano che i Giudici di merito abbiano erroneamente individuato la disciplina applicabile ratione temporis agli interventi di trasformazione urbanistica per cui è processo.
Nella evoluzione della normativa, il regime abilitativo per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stato correlato alla potenza elettrica degli impianti stessi.
Più in dettaglio, mette conto evidenziare che:
l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 – legge quadro nazionale, emanata in attuazione della direttiva CEE n. 77 del 2001 – subordinava, al comma 3,
la realizzazione e l’esercizio di tali impianti al rilascio della Autorizzazion Unica regionale e, dunque, alla indizione di una conferenza di servizi; era consentito, al comma 5, il ricorso alla disciplina semplificata di cui agli artt. 22 e 23 del d.P.R. n 380 del 2001 (denuncia di inizio attività) per gli impianti con potenza nominale inferiore alle soglie previste dalla tabella A, pari a 20 KW, fermo restando che soglie diverse di generazione avrebbero potuto essere stabilite dal Ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’Ambiente, con lo strumento della conferenza unificata;
nelle more della indizione della conferenza, con delibera di giunta Regionale n. 35 del 2007, la Regione Puglia aveva disposto che, per gli impianti di potenza superiore a 20 Kw, ma inferiori a 1 MW, realizzati in zone classificate agricole, fosse sufficiente la DIA;
-l’art. 27 della legge Reg. Puglia 19 febbraio 2008, n. 1, confermava tale previsione, consentendo l’applicazione della disciplina semplificata della DIA per gli impianti con potenza elettrica nominale inferiore a 1MW in zone classificate agricole;
-l’art. 3 della legge Reg. Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, adottata per porre un freno alla c.d. frantumazione degli impianti, in un momento di forte espansione del settore del fotovoltalico, consentiva l’applicazione della disciplina della Dia per impianti, con potenze elettriche nominali fino a 1 MW, se insistenti in zona agricola, a condizione che l’area asservita all’intervento fosse GLYPH estesa almeno due volte la superficie radiante, precisando tuttavia che “gli impianti collocati a terra in un’area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di un’area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto”;
-la norma transitoria di cui all’art. 7 della stessa legge stabiliva che l nuova disciplina di applicasse a tutte le procedure in corso per le quali non risultassero formalmente concluse le conferenze di servizi di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, ovvero non fosse validamente trascorso il termine di trenta giorni dalla formale presentazione di dichiarazione di inizio attività;
la Corte costituzionale ha in seguito ritenuto che tale normativa regionale del 2008 contrastasse con il principio fondamentale posto dall’art. 12, comma 5, del d. Igs. n. 387 che riservava al Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente d’intesa con la
Conferenza unificata, di individuare maggiori soglie di capacità di generazione (v. sent. Corte Cost. n. 119 del 22 marzo 2010, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2 e 3, 3, commi 1 e 2, legge Reg. Puglia n. 31 del 2008 e sent. Corte Cost. n. 366 del 2010, con cui è stata dichiarato incostituzionale l’art. 27, comma 1, legge Reg. Puglia, n. 1 del 2008);
il d. Igs. n. 3 marzo 2011, n. 28, ha infine dato attuazione alla direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009, che, in materia di procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili, invita gli Stati membri a preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l’altro forme procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13); in particolare, analoga disposizione a quella dell’art. 12, reca ora il d. Igs. 3 marzo 2011, n. 28, art. 5, comma 1, che ha dettato specifiche disposizioni per gli impianti collocati a terra in aree agricole, con condizioni per l’accesso ai benefici;
con d. I. 8 luglio 2010 n. 105 convertito in legge 13 agosto 2010, n. 219 (art. 1-quater) (c.d. salva DIA) sono stati fatti salvi gli effetti relativi al procedure di denuncia di inizio attività, per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili avviate in conformità a disposizioni regionali, recanti soglie superiori a quelle di cui alla tabell “A” del d. Igs. 29 dicembre 2003, n. 387 (20 Kw) a condizione che gli impianti fossero entrati in esercizio entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ossia entro la data del 16 gennaio 2011.
9. Il reato di lottizzazione abusiva
9.1. Tanto premesso, ritiene il Collegio che i Giudici di merito, le cui sentenze, sul punto conformi, si saldano a formare un unitario corpo motivazionale, abbiano fatto corretta applicazione della normativa sopra richiamata, nel ritenere integrato il reato di lottizzazione abusiva.
In forza di elementi inequivocabilmente emersi in istruttoria, è stata ritenuta la riconducibilità degli impianti fotovoltaici, siti in Trani, alla Cont Santa Perpetua, ad un unico centro di interessi e, dunque, la sostanziale unicità della iniziativa imprenditoriale (v. pag. 89 e ss. della sentenza di primo grado).
Si tratta di elementi- identità della impresa esecutrice dei lavori; caratte strutturali convergenti degli impianti; procedure amministrative paralle perfettamente sovrapponibili, giacché il proprietario del terreno era lo stes diritto di superficie era stato ceduto alle società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE con atti rogati nello stesso giorno, dallo stesso notaio e con numero di repe
consecutivo – analiticamente ricostruiti, che non è dato sindacare in questa Sede di legittimità, in cui non possono trovare ingresso alternative ricostruzioni dei presupposti fattuali della decisione adottata.
Si è dato dunque diffusamente conto, con argomentazioni scevre da illogicità, dell’artificioso frazionamento del parco fotovoltaico oggetto del contestazione, di potenza complessiva di 3 MW, in tre distinti impianti tra loro contigui, ciascuno di potenza elettrica nominale di poco inferiore ad 1 MW, con modalità elusive dei limiti di potenza nominali consentiti, e della finalizzazione d tale operazione di spacchettamento a far conseguire alle società titolari degli impianti, attraverso la procedura semplificata della denuncia di inizio attività ex artt. 22 e 23 d.P.R. n. 380 del ‘2001, il titolo abilitativo necessario ai fini erogazione degli incentivi del c.d. Conto Energia.
Anche se le denunce di inizio attività sono state richieste nell’anno 2008, e pur a voler ammettere che si fossero regolarmente perfezionate nel vigore della disciplina regionale più permissiva, quel che rileva – come correttamente evidenziato dai Giudici di merito – è il dato che, al momento della realizzazione delle opere, tale normativa era stata dichiarata incostituzionale con le citate sentenze del 2010, sicché non poteva ritenersi legittima la posa in opera e la messa in esercizio degli impianti senza il rispetto del limite di potenza previsto dal legislatore statale in regime semplificato; e ciò perché. è ius receptum che la legittimità del titolo edilizio debba sussistere con riguardo al momento della esecuzione degli interventi di trasformazione del territorio.
Sotto altro profilo, non può essere invocata l’applicazione dell’art. 1quater della legge 13 agosto 2010, n. 219 (c.d. salvaDIA), la quale ha stabilito la salvezza degli effetti relativi alle procedure di denuncia di nizio attività per realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, s ed in quanto avviate in conformità a disposizioni regionali rec:anti soglie superiori a quelle di cui al d.lgs. n 387 del 2003 ed in relazione ad impianti entrati i esercizio entro la data del 16 gennaio 2011. Tale duplice condizione non si è, all’evidenza, realizzata nella specie, stante, da un lato, l’artificiosa suddivisio di un intervento in concreto unitario, e, dall’altro, il superamento dell’indica sbarramento temporale ( in tal senso, Sez. 3, n. 48506 del 07/11/2013, Rv. 258288 – 01).
La dichiarazione di incostituzionalità ha dunque definitivamente travolto i rapporti sorti sulla base di quelle DDIIAA perché non ancora esauriti (i rilievi fotografici del Sistema Informativo Agricolo Internazionale e i fotogrammi estrapolati da “Google Earth”avevano dimostrato che a luglio 2010 non era stato realizzato alcun lavoro e i terreni erano ancora coltivati), non potendo ritenersi che i titoli abilitativi fossero, ai tempi, consolidati ed intangibili.
Si è specificamente evidenziato, per ciascuna delle società coinvolte, come l’artificio della indicazione di una diversa data di ultimazione delle opere, da parte degli imputati che ne avevano la rappresentanza, rosse strumentale a mantenere validità alle DDIIAA, le quali sarebbero, diversamente, decadute, trattandosi di atti con validità triennale.
Dunque, non è fondata la censura difensiva per cui si sarebbe fatta applicazione retroattiva di una normativa sfavorevole, indebitamente fatta rivivere, anche in relazione a rapporti oramai esauriti, dalle sentenze demolitive della Consulta.
9.2. Ciò posto, sono integrati gli elementi costilutivi del reato d lottizzazione contestato sub capo B), concretizzatosi nel pregiudizio alla riserva pubblica della programmazione territoriale, essendosi trasformati terreni a vocazione agricola in terreni adibiti ad attività industriale (Sez. 3, n. 11981 de 05/02/2014, COGNOME, Rv. 258735- 01, con riferimento alla cautela reale applicata nei confronti di uno degli odierni imputati).
Va poi data continuità al principio per il quale, trattandosi di reato consumazione anticipata, la contravvenzione di lottizzazione abusiva è integrata non solo dall’effettiva trasformazione del territorio, né dall’avvenut frazionamento catastale del bene – al riguardo, si è qui dedotto che, per alcune particelle, era stata trasferita la sola proprietà superficiaria – ma da qualsia attività che comporti anche il mero pericolo di un’urbanizzazione non prevista o diversa da quella programmata, purché si traduca in interventi mirati alla realizzazione di opere che, per caratteristiche o dimensioni, pregiudichino la riserva pubblica di programmazione territoriale; sicché, in c:aso di lottizzazione abusiva materiale, è necessario e sufficiente che la condotta tenuta, valutata con giudizio “ex ante”, sia idonea ed oggettivamente adeguata a determinare l’evento, ben potendo integrare, sul piano oggettivo, gli estremi del reato le condotte di inizio di esecuzione di opere suscettibili di determinare una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio in violazione di previsioni piano o normative ovvero in assenza di autorizzazione (Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, Licata, Rv. 283325 – 03).
Sul punto, la giurisprudenza è consolidata e non possono che ribadirsene i principii.
Proprio con specifico riferimento alla realizzazione ed alla attivazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili d potenza nominale superiore a 1MW elettrico, si è ritenuta la necessità, al fine di escludere le fattispecie di cui alle lett. b) e c) dell’art. 44 del d.P.R. n. 380 2001, della previa acquisizione dell’autorizzazione unica regionale, la quale, avendo come contenuto essenziale anche la verifica della compatibilità urbanistica ed edilizia dell’intervento, è sostitutiva del permesso di costruire e
costituisce titolo idoneo per la costruzione e l’esercizio delle strutture produttiv in conformità al progetto approvato (Sez. 3, n. 11981 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 258735 – 01 in relazione alla medesima vicenda processuale, in cui è stato ritenuto legittimo il sequestro preventivo di distinti impianti, riconducib al medesimo centro di interessi, artificiosamente frazionati e dimensionati in modo da far apparire sufficiente il rilascio della DIA in luogo della autorizzazione unica). L’autorizzazione unica è strumento che, a differenza della procedura semplificata, consente di verificare che la ubicazione degli impianti tenga conto delle tradizioni agroalimentari locali, della tutela della biodiversità, nonché de patrimonio culturale e del paesaggio rurale (Sez. 3, n. 38733 del 20/03/2012, COGNOME, Rv. 253285 – 01), dunque di operare quella ponderata valutazione degli interessi implicati da trasformazioni del territorio di impatto tutt’altro contenuto.
La giurisprudenza di questa Corte, con indirizzo assolutamente prevalente, ha ritenuto che il reato in questione si configuri quando vi sia stata la realizzazione di un impianto fotovoltaico di grandi dimensioni, ancorché distinta in singole parti per mezzo dell’artificiosa divisione del complessivo progetto posto in essere, in quanto tale intervento è idoneo a stravolgere la destinazione urbanistica del territorio (v. Sez. 3, n. 363 del 11/09/2019, dep. 2020, Caforio, Rv. 278593 – 02).
Nella stessa pronuncia si è condivisibilmente valutato che la trasformazione della originaria destinazione agricola dei terreni interessati non possa ritenersi esclusa dal fatto che la superficie radiante installata sia pari ad una quota-parte (nella specie, pari al 25%) di tali terreni, in particolare quando le strisce di suo poste tra gli impianti fotovoltaici non erano comunque utilizzabili per lo scopo agricolo, cui invece era destinato solo uno spazio residuo.
Il che significa che non ha rilevanza ostativa ai fini della integrazione dell contravvenzione urbanistica il dato – qui rimarcato dalle difese – per cui due particelle di terreno interessate dalla installazione degli impianti sarebbero tra loro non strettamente contigue.
In senso contrario al prevalente orientamento, si registra una isolata pronuncia (Sez. 2, n. 31731 del 28/06/2018, non mass.), la quale non appare tuttavia pertinente, in quanto relativa al solo delitto di truffa aggravata per conseguimento di erogazioni pubbliche, nella quale si è ritenuto non configurabile il dolo sul presupposto che non possa essere ritenuto integrativo di un’ attività truffaldina un comportamento alla cui base vi sia una – peraltro ritenuta opinabile – interpretazione delle norme relative agli impianti fotovoltaici.
11. La confisca urbanistica.
Vale anzitutto puntualizzare che, per giurisprudenza consolidata, la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi illegittimamente costruite, ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che sia stata disposta in primo grado per essersi accertata la sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del reato, deve essere mantenuta dal giudice dell’impugnazione, in caso di intervenuta prescrizione del reato, anche in relazione ai reati commessi prima della entrata in vigore clell’art.578-bis cod. proc. pen., in quanto detta disposizione, in relazione alla confisca in oggetto, ha natura esclusivamente processuale (Sez. 3, n. 21910 del 07/04/2022, Licata, Rv. 283325 – 02).
Come precisato da Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 02, deve riconoscersi al richiamo contenuto in tale norma alla confisca “prevista da altre disposizioni di legge”, formulato senza ulteriori specificazioni una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere anche le confische disposte da fonti normative extracodicistiche.
Ciò premesso, a proposito della confisca hanno svolto censure soltanto i ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quale terza proprietaria dei terreni.
Le posizioni vanno tuttavia scisse e separatamente considerate.
10.1. I primi due hanno dedotto che la confisca sia stata disposta in relazione ai terreni e agli impianti, ma in realtà risultano essere stati confiscat solo i primi, avendo il Tribunale fatto dichiaratamente applicazione, con una ablazione selettiva, del principio di proporzionalità, espresso da Sez. 3, n. 31282 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 277167 – 03, che è da ritenere un principio coessenziale alla materia delle misure ablatorie reali, in una prospettiva di ragionevole contemperamento con i diritti di proprietà che ne sono incisi.
I ricorrenti imputati hanno formulato censure, invocando i principii espressi dalla sentenza Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, cit., in forza della quale “In tema di lottizzazione abusiva, la confisca di cui all’art. 44, cornma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva del reato determinata dalla prescrizione, purché la sussistenza del fatto sia stata già accertata, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di u giudizio che abbia assicurato il pieno contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non può proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento”.
Quanto al momento consumativo del reato, correttamente i difensori hanno dedotto che esso non possa coincidere con la data dell’operato sequestro (6
dicembre 2012), come indicato nelle sentenze di merito, essendo piuttosto correlato alla anteriore ultimazione delle opere (in tal senso, tra le molte Sez. 3, n. 12459 del 13/01/2021, Merico, Rv. 281576 – 01) che, al più tardi, risalirebbe al mese di settembre 2011.
Le deduzioni sul punto svolte dagli stessi imputai:i sono tuttavia al riguardo ininfluenti in quanto, non essendo gli stessi anche proprietari dei terreni attinti dall’ablazione, ma solo legali rappresentanti della società che hanno presentato le denunce di inizio attività, essi non vantano alcun interesse qualificato ad impugnare la confisca, in quanto non avrebbero titolo ad ottenere I restituzione.
E’ stato affermato al riguardo, da questa Suprema Cori:e, che l’onere per il giudice dell’impugnazione di valutare approfonditamente, in caso di intervenuta prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, il compendio probatorio ai fini della conferma della statuizione di confisca dei terreni, e di non limitarsi considerare l’assenza di elementi indicativi, con evidenza, di cause di proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., presuppone che della confisca il ricorrente sia legittimato a dolersi, diversamente potendo egli investire con le proprie doglianze il solo criterio di valutazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Fattispecie di ricorso del dirigente del servizio edilizia, privata di un comune che lamentava, anc:he con riferimento all’illegittimità della confisca di terreni ed opere tuttavia appartenenti ad soggetto terzo, la mancata motivazione nel merito, secondo i parametri di cui all’art. 533 cod. proc. pen., in ordine alla sussistenza del reato (Sez. 3, n. 12731 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281569).
Analogamente, si è chiarito che, in tema di lottizzazione abusiva, in difetto dell’allegazione di uno specifico interesse, concreto ed attuale, debba ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’imputato prosciolto per intervenuta prescrizione con il quale sia dedotta l’illegittimità della confis disposta ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite appartenenti a terzi ( Sez. 3, n. 372 del 09/10/2019, Acampora, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
La richiamata sentenza delle Sezioni Unite COGNOME, in parte motiva, ha richiamato in senso adesivo i principi espressi da Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, dep. 2016, Rv. 266141 – 01, sia pure in relazione al procedimento di prevenzione, per cui è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di confisca di beni sebbene solo formalmente intestati a terzi, dal soggetto presunto interponente, che assuma l’insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarità effettiva ed esclus dei beni in capo al terzo intestatario, in quanto la legittimazione all’impugnazione
spetta solo a quest’ultimo, quale unico soggetto avente, in ipotesi, diritto alla restituzione.
10.2. Quanto a NOME COGNOME – terza proprietaria dei terreni ed in quanto tale legittimata a dolersi della confisca – deve tuttavia evidenziarsi che ella risulta già indagata per i medesimi fatti e che nei suoi confronti era stata disposta l’archiviazione.
Per tale motivo, ella non ha preso parte al giudizio di primo grado, essendosi costituita per la prima volta in appello, nella veste di terza interessata. Al riguardo deve osservarsi che ella avrebbe potuto far valere le proprie ragioni proponendo l’appello cautelare avverso il sequestro, alla stregua di quanto affermato da Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270938 – 01, secondo cui, in tema di misure cautelari reali, il terzo r masto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene, contestando il vincolo cautelare e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame. La stessa pronuncia ha affermato che, qualora venga erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa vada qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame.
Il fatto che il rimedio, nel caso in esame, sia divenuto non più esperibile dalla ricorrente per essere venuto meno, con la disposta restituzione, il vincolo cautelare, non consente di disporre la riqualificazione di quel gravame, in questa Sede, previa declaratoria della sua genetica inammissibilità.
Il principio di conservazione dell’impugnazione, desumibile dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., invocato dalla difesa, è stato difatti precisato dalle Sezioni kinite secondo cui «In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza cii una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente» (Sez. U., n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 2202211). Dunque, l’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che il meccanismo della conversione postula che il giudice verifichi l’ammissibilità della proposizione del mezzo d’impugnazione diverso da quello previsto (in tal senso Sez. 6, n. 50239, del 16/11/2023, non mass.; Sez. 6, n. 36597 dell’11/11/2020, Troqe, Rv. 280150).
Deve dunque darsi continuità all’indirizzo, che il Collegio condivide, per cui lo strumento con cui il terzo proprietario può far valere le proprie ragioni avverso la confisca – dimostrando, più che l’assenza dei presupposti della misura ablativa, la sussistenza del diritto di proprietà e l’assenza di ogni addebito di negligenza a suo carico – vada identificato nell’incidente di esecuzione (Sez. 3, n. 50304 del 10/11/2023, COGNOME, Rv. 285695 – 02; nello stesso senso Sez. 2, n. 5806 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269239 – 01 che ha precisato che tale linea ricostruttiva non contrasta con i principi costituzionali a tutela del diritt proprietà, in quanto incide soltanto sui modi e sui tempi nei quali il terzo può far valere i propri diritti sui beni, allo scopo di evitare la possibilità che si ins contestualmente un procedimento parallelo, che potrebbe portare ad un contrasto di decisioni).
11.La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui al capo
B1.
11.1. I motivi proposti in relazione al reato di truffa di cui al capo B1) sono pedissequamente reiterativi di deduzioni già formulate e compiutamente disattese dai Giudici di merito, i quali hanno spiegato con argomentazioni logicamente coerenti quali siano state le modalità realizzative della truffa.
Essendone elemento costitutivo l’artificiosa dissimulazione del reato urbanistico dal momento che la regolarità dell’intervento sotto tale profilo era condicio sin qua non del conseguimento degli incentivi del c.d. “Conto energia” – deve rinviarsi ai paragrafi che precedono, per quanto attiene alle censure formulate avverso la configurabilità di tale contravvenzione.
Le sentenze di merito hanno spiegato, con argomentazioni logiche ed esaurienti, che con la progressione dei decreti ministeriali che hanno previsto i benefici per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono diminuiti progressivamente gli incentivi erogati per KW/h, secondo una relazione di proporzionalità inversa; il meccanismo di incentivazione prevedeva, difatti, che le tariffe fossero commisurate ai costi degli impianti (v. pag 26 e pag. 33 della sentenza di primo grado, ove sono indicati i pagamenti effettuati da “RAGIONE_SOCIALE” e le modalità operative dei conti ricostruite dal teste COGNOME).
Se è vero che, come spiegato dal teste COGNOME (v. pag. 67 della sentenza del Tribunale), il primo decreto ministeriale istitutivo del “Conto energia”, venne introdotta una apprezzabile differenza tariffaria per impianti superior 1MW reca la data del 6 agosto 2010 (c.d. terzo “Conto energia”) ed impensabile che nel 2008, quando vennero presentate le DDIIAA, si potesse prevedere una tale, futura, convenienza tariffaria, è anche vero che l’obi degli imputati era quello di accedere a benefici che, ab origine, non erano stati
previsti in misura illimitata, atteso che anche i primi due conti e prevedevano un plafond, peraltro non elevato.
Il fine avuto di mira con le DDIIAA del 2008 non era, dunque, la realizzazione di incentivi di superiore importo (perché non era forse prevedibi decalage dei meccanismi incentivanti), ma la acquisizione di incentivi che, assenza dei requisiti di regolarità urbanistica, non sarebbero spettati ovv cui i richiedenti non avrebbero avuto titolo a fruire, prevedendo il conto en un plafond limitato.
E’ stato ripetutamente spiegato dai Giudici di merito che l’artificio retrodatazione della data di ultimazione era preordinato: 1) ad utilizz regime semplificato; 2) ad avvalersi degli incentivi statali, e che i due erano strettamente connessi in quanto la regolarità del titolo urbanistic condicio sine qua non per l’accesso agli incentivi; ma anche che il meccanismo complessivo, logicamente ritenuto incompatibile, per la complessità degli arti e per il ricorso ad una onerosa pattuizione corruttiva, con la assenza di d / -fu posto in essere dai coimputati, succedutisi nella rappresentanza delle so interessate, con chiara consapevolezza del proprio contributo alla realizzaz collettiva, già prefigurata nella sue linee essenziali al momento presentazione delle prime, illegittime, denunce di inizio attività.
Ogni contraria allegazione difensiva mira ad una diversa ricostruzione tali profili di stretto merito e non può trovare accoglimento nella Se legittimità.
Sotto altro profilo, risultano infondate le deduzioni relative alla inid decettiva della condotta atteso che, ai fini della sussistenza del delitto d per il conseguimento di erogazioni pubbliche, non ha rilievo la mancanza diligenza da parte dell’ente erogatore nell’eseguire adeguati controlli in alla veridicità dei dati forniti dal richiedente il contributo pubblico, in qu circostanza non esclude l’idoneità del mezzo truffaldino, risolvendosi piuttos una mancanza di attenzione determinata dalla fiducia ottenuta proprio mediant gli artifici ed i raggiri. A ciò si aggiunge che la responsabilità per tal collegata al fatto dell’agente ed è indipendente dalla eventuale cooperazione o meno colposa, della vittima negligente (Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Ri Rv. 268960 – 19). rt.t
. 11.2. Devono, da ultimo71,,COGNOME -S -Thili le censure formulate in relazione alla entità della provvisionale in favore delle parti civili, non essendo impug con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata, relativamente concessione e quantificazione, in quanto decisione di natura discreziona meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e comunque destinata ad essere trav
dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (Sez. 2, GLYPH n. 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773 – 02).
Peraltro, sono state spese argomentazioni logicamente coerenti – con le quali il ricorso non si confronta – sulla ricorrenza del danno all’immagine risentito dal Comune di Trani, ancorchè lo stesso non sia persona offesa e ancorchè non abbia risentito un pregiudizio patrimoniale diretto dalla condotta truffaldina, avuto riguardo al coinvolgimento nella vicenda del dirigente dell’Ufficio tecnico Affatato, in quanto autore della attestazione di idoneità delle DDIIAA illegittime e dei provvedimenti di revoca delle sospensioni.
12.L’illecito amministrativo da reato.
Il ricorso nell’interesse di “RAGIONE_SOCIALE” reitera temi, sulla n configurabilità della lottizzazione abusiva e sull’assenza di accertamento di responsabilità per il reato presupposto di truffa, già posti all’attenzione dei Giudici di merito e dagli stessi puntualmente risolti. A siffatte ragioni d doglianza, già trattate nei precedenti capi della presente decisione, si fa dunque rinvio.
Deve poi osservarsi che, in presenza della declaratoria di prescrizione del reato presupposto, è il dato normativo, nel richiamare le ipotesi in cui il reato si sia estinto per un motivo diverso dall’amnistia (art. 8, comma 1, lett. b) d.lgs. n. 231 del 2001), a prevedere che il Giudice proceda egualmente all’accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso, stante l’autonomia di tale illecito rispetto a fatti dotati di rilevanza penale.
E se è vero che non possa in tal caso prescindersi da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del reato presupposto (tra le altre, Sez. 4, n. 22468 del 18/04/2018, Eurocos S.n.c., Rv. 273399 – 01; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla, Rv. 255369 – 01), deve osservarsi che, nel presente caso, emerge con tutta chiarezza, dalla motivazione della sentenza impugnata (alle pagg. 74 e ss.) e soprattutto da quella di primo grado (v. pagg. 193 e ss., là dove sono individuati i ruoli avuti da ciascuno dei correi e la modalità della loro interazione), il meccanismo realizzativo della truffa di cui al capo D1), sicché tale onere di accertamento “per incidens” può ritenersi compiutamente assolto dai Giudici del merito.
Quanto al reato detto ed alla parte che hanno avuto i legali rappresentanti dell’ente, COGNOME e COGNOME, le censure sono egualmente aspecifiche. Si sono all’evidenza obliterati atti o condotte ritenuti di inequivoca pregnanza probatoria, ai fini della realizzazione collettiva, da imputarsi ai predetti, al di della richiesta di incentivi. In particolare, vanno considerati, quanto a
COGNOME, la falsa attestazione inviata al Comune di Trani sulla data di avvio dei lavori dell’impianto Santa Chiara, preordinata ad avvalersi della norma c.d. salva DIA, e, quanto al Forese, la duplicità di ruoli, assolutamente speculari, assunti ‘ai fini del conseguimento degli incentivi in almeno due delle società coinvolte nell’artificioso frazionamento, che hanno adottato il medesimo, illegittimo, modus operandi.
E’ al riguardo evidente che ogni diverso apprezzamento sulla valenza significativa di tali condotte si risolve in una censura in fatto, tesa ad accreditar una alternativa ricostruzione, in questo ambito non consentita.
Non possono condividersi, sotto altro profilo, le deduzioni relative alla insufficiente prospettazione dei profili colposi riferibili all’ente, con riferiment fatto commesso dagli apicali.
(4)
Deve considerarsi infatti che il sistema normativo introdotto dal d. Igs. n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell’ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un “tertium genus” di responsabilità, compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza rispetto alla quale acquista particolari connotazioni il ruolo svolto dai soggetti che nell’ente rivestano ruoli di vertice. Entro tale prospettiva, in relazione al fa degli apicali grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare l’esistenza dell’illecito dell’ente, mentre a quest’ultimo incombe quello di dimostrare, con effetti liberatori, di avere adottato ed anche efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (Sez. U. n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261112 – 01); modelli noApredisposti che, nel caso in disamina, avrebbero dovuto riguardare l’assunzione di un adeguato patrimonio informativo e di ogni altra cautela finalizzata a garantire l’osservanza delle norme in materia edilizia ed urbanistica.
Al rigetto dei ricorsi, che discende da tutto quanto precede, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali ed alla refusione delle spese di costituzione e difesa sostenute dalle parti civili, che si ritiene congru quantificare nella misura indicata in dispositivo.
PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME NOME alla rifusione delle spese di costituzione e
difesa rispettivamente sostenute dalle parti civili Comune di Trani e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, che liquida per ciascuna di esse nella complessiva misura di euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 16/11/2023