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Confisca terzo proprietario: annullata per motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato una confisca di un immobile intestato a una società, considerata terzo estraneo al procedimento di prevenzione. La Corte ha ritenuto che la motivazione del provvedimento fosse del tutto assente, non essendo stata fornita una prova concreta né dell’asserita interposizione fittizia tramite un contratto “rent to buy”, né della malafede del terzo proprietario. Di conseguenza, è stata ordinata la restituzione del bene.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Terzo Proprietario: Annullamento per Motivazione Insufficiente

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale a tutela del diritto di proprietà: la confisca al terzo proprietario di un bene può essere disposta solo sulla base di una motivazione solida e circostanziata, che dimostri in modo inequivocabile la fittizietà dell’intestazione o la malafede del terzo. Un semplice sospetto o un ragionamento presuntivo non sono sufficienti a giustificare una misura così incisiva. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava la confisca di un immobile formalmente intestato a una società a responsabilità limitata. L’immobile era stato oggetto di un contratto di “rent to buy” stipulato con la madre di due soggetti destinatari di una misura di prevenzione patrimoniale. La Corte d’Appello, confermando il provvedimento di primo grado, aveva ritenuto che il contratto fosse in realtà una simulazione, un’operazione di interposizione fittizia volta a mascherare la reale disponibilità del bene in capo ai due figli. A sostegno di tale tesi, venivano portati elementi come il pagamento di alcune rate da parte di uno dei fratelli e l’utilizzo di fondi di provenienza non chiaramente tracciabile.

Contro tale decisione, sia la promissaria acquirente (la madre) sia il legale rappresentante della società proprietaria hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge e la totale mancanza di motivazione in ordine alla presunta interposizione fittizia e alla buona fede del terzo.

La Decisione della Corte e la tutela nella confisca al terzo proprietario

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi, annullando senza rinvio il decreto di confisca e ordinando l’immediata restituzione dell’immobile. Il cuore della decisione risiede nella critica mossa al provvedimento impugnato, definito “sostanzialmente apodittico”, ovvero basato su affermazioni non supportate da prove concrete o da un percorso logico-giuridico stringente.

I giudici di legittimità hanno smontato l’impianto accusatorio, evidenziando come mancasse una reale argomentazione in grado di dimostrare che il contratto “rent to buy” non fosse una regolare operazione commerciale, ma una mera finzione. La Corte ha sottolineato che la titolarità dell’appartamento in capo alla società non poteva essere considerata fittizia sulla base di semplici congetture.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto il ragionamento dei giudici di merito errato e illogico. In primo luogo, l’aver accettato il pagamento di alcune rate dai figli della promissaria acquirente non è stato considerato un elemento sintomatico della consapevolezza dell’origine illecita dei fondi. Al contrario, secondo la Cassazione, tale circostanza poteva al massimo indicare la conoscenza di una limitata capacità economica del nucleo familiare, ma non certo della provenienza delittuosa del denaro.

In secondo luogo, la Corte d’Appello non aveva in alcun modo spiegato quali sarebbero stati gli “indubbi vantaggi” economici per la società venditrice nel prestarsi a tale presunta operazione fittizia. La società, dal canto suo, aveva fornito una spiegazione plausibile: la prosecuzione del rapporto, anche senza la vendita finale, le consentiva comunque di coprire le rate del mutuo acceso per la ristrutturazione dell’immobile stesso. Di fronte a questa radicale mancanza di motivazione sui presupposti essenziali della confisca (l’interposizione fittizia e la malafede del terzo), la Cassazione non ha potuto far altro che annullare il provvedimento.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio cardine dello stato di diritto: le misure ablative, come la confisca, specialmente quando colpiscono un terzo proprietario estraneo ai fatti, devono fondarsi su prove certe e su un percorso argomentativo rigoroso. Non è ammissibile sacrificare il diritto di proprietà sulla base di mere supposizioni o inferenze logiche non corrette. La decisione sottolinea l’onere della prova a carico dell’accusa, che deve dimostrare concretamente la collusione del terzo, non potendo invertire tale onere e pretendere che sia il terzo a provare la propria buona fede in assenza di elementi d’accusa solidi. Un monito importante per garantire l’equilibrio tra le esigenze di prevenzione e la tutela dei diritti dei terzi.

Un immobile può essere confiscato se il contratto di acquisto è un “rent to buy” e l’acquirente è parente di un soggetto pericoloso?
Sì, ma solo se viene rigorosamente provato che il contratto è una simulazione (interposizione fittizia) per nascondere la reale proprietà del soggetto pericoloso. La sola parentela o il pagamento di alcune rate da parte di familiari non sono, di per sé, prove sufficienti.

Accettare pagamenti da persone diverse dal titolare del contratto dimostra la malafede del proprietario?
No. Secondo la Corte, questo fatto, da solo, non dimostra la consapevolezza dell’origine illecita dei fondi. Può al massimo indicare che il proprietario era a conoscenza di difficoltà economiche della controparte, ma non costituisce prova di complicità.

Cosa succede se un decreto di confisca contro un terzo è privo di una motivazione adeguata?
Se la motivazione è radicalmente mancante o basata su affermazioni non provate (apodittiche), la Corte di Cassazione può annullare il decreto senza rinvio, disponendo la cancellazione della confisca e l’immediata restituzione del bene al legittimo proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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