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Confisca terzo estraneo: l’opposizione è il rimedio

Una società, ritenendosi un terzo estraneo al reato, ha contestato la confisca dei propri beni disposta per reati tributari commessi da un precedente amministratore. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che lo strumento corretto per tale contestazione non è il ricorso per cassazione, ma l’opposizione davanti al giudice dell’esecuzione. La Corte ha quindi riqualificato l’impugnazione e rinviato gli atti al Tribunale competente, sottolineando l’importanza di garantire al terzo le più ampie tutele procedurali e un pieno contraddittorio.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Terzo Estraneo: La Cassazione Sceglie la Via dell’Opposizione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: quali tutele ha una società, considerata un confisca terzo estraneo, quando i suoi beni vengono sequestrati a seguito di reati tributari commessi da un precedente amministratore? La Corte ha fornito una risposta chiara, privilegiando la via dell’opposizione all’esecuzione rispetto al ricorso diretto, per garantire un contraddittorio pieno ed effettivo.

I fatti del caso: la confisca a una società per reati del vecchio amministratore

Il caso nasce dalla richiesta di una società di consulenza di revocare la confisca di oltre 219.000 euro disposta sui propri conti correnti. Tale misura era scaturita da una sentenza di condanna nei confronti del suo ex legale rappresentante per reati tributari (omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli anni 2014 e 2015).

La società, ora con una nuova compagine sociale e un nuovo amministratore, sosteneva la propria estraneità ai fatti. Evidenziava di aver subito un totale mutamento dell’assetto societario dopo la commissione dei reati e che le somme sequestrate erano frutto della nuova e lecita attività aziendale. Inoltre, la società aveva aderito a una procedura di “definizione agevolata” con l’Agenzia delle Entrate per sanare i debiti tributari pregressi. Nonostante queste argomentazioni, il Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza, ritenendo la società beneficiaria dell’evasione fiscale e la confisca di tipo “diretto” sul profitto del reato. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione giuridica: Ricorso per Cassazione o Opposizione all’Esecuzione?

Il nodo centrale su cui la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi non riguardava il merito della confisca, ma la procedura corretta per contestarla. Esistevano, infatti, due orientamenti giurisprudenziali contrastanti:
1. Ricorso per Cassazione diretto: secondo una prima tesi, contro il provvedimento del giudice dell’esecuzione che nega la restituzione di un bene confiscato con sentenza definitiva, l’unico rimedio esperibile è il ricorso per cassazione.
2. Opposizione all’esecuzione: un secondo e più recente orientamento, invece, sostiene che il terzo estraneo possa proporre opposizione davanti allo stesso giudice dell’esecuzione ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4, c.p.p. Questo strumento consente un esame più approfondito del merito e un contraddittorio pieno.

La decisione della Cassazione sulla confisca al terzo estraneo

La Suprema Corte ha aderito al secondo orientamento. Ha deciso di non esaminare il ricorso nel merito, ma di riqualificarlo come opposizione all’esecuzione. Di conseguenza, ha disposto la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale di Torino, che dovrà procedere con il rito dell’opposizione, garantendo così alla società ricorrente un giudizio più completo per far valere le proprie ragioni.

Le motivazioni: la tutela del terzo e le garanzie procedurali

La Corte ha motivato la sua scelta sulla base della necessità di assicurare una maggiore tutela al terzo che, non avendo partecipato al processo penale di cognizione, si trova a subire gli effetti di una sentenza di condanna. L’opposizione all’esecuzione, a differenza del più contratto rito camerale che porta al ricorso per cassazione, rappresenta uno “strumento di minima contropartita” rispetto all’assenza di diritti partecipativi nel giudizio di merito. Questo procedimento permette una valutazione completa dei fatti e delle prove, in un contraddittorio effettivo tra le parti. La Corte ha interpretato l’art. 676 c.p.p., che affida al giudice dell’esecuzione la competenza a “decidere in ordine […] alla confisca”, in senso ampio, includendo non solo i provvedimenti che dispongono la confisca ma anche quelli che ne decidono la revoca o la modifica su istanza di un terzo.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica. Un soggetto terzo (sia esso una persona fisica o una società) che si veda colpito da una confisca disposta con sentenza penale definitiva e si ritenga estraneo ai fatti, ha a disposizione uno strumento processuale efficace per difendersi: l’opposizione all’esecuzione. Scegliere questa via, anziché il ricorso diretto in Cassazione, significa poter ottenere un riesame approfondito della propria posizione davanti al giudice, con la possibilità di presentare prove e argomentazioni in un pieno contraddittorio. La decisione rafforza le garanzie difensive del terzo, bilanciando l’esigenza di repressione dei reati con la tutela dei diritti di chi non ha preso parte al processo che ha generato la sanzione patrimoniale.

Cosa può fare una società se i suoi beni vengono confiscati per un reato commesso dal precedente amministratore?
Può presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione per chiedere la revoca della confisca, sostenendo la propria estraneità ai fatti illeciti. Se l’istanza viene rigettata, può contestare tale decisione tramite un’opposizione all’esecuzione.

Qual è il rimedio giuridico corretto per un terzo estraneo che vuole contestare una confisca disposta con sentenza definitiva?
Secondo l’ordinanza, il rimedio corretto è l’opposizione all’esecuzione davanti allo stesso giudice che ha rigettato l’istanza di restituzione, ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4, del codice di procedura penale, e non il ricorso diretto per cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha preferito l’opposizione al ricorso diretto?
La Corte ha preferito l’opposizione perché offre maggiori garanzie procedurali e un contraddittorio più ampio al terzo, il quale non ha partecipato al processo penale originario. Questo strumento assicura una tutela più efficace dei suoi diritti, permettendo un esame approfondito del merito della sua richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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