Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46289 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46289 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a AVERSA il 17/07/1983
avverso l’ordinanza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorsa;,
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RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 9 gennaio 2024, la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento con cui il medesimo ufficio giudiziario, il 14 luglio 2020, ha rigettato la richiesta di revoca della confisca della quota del 50% della società RAGIONE_SOCIALE intestata a COGNOME, disposta, ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, nel procedimento penale promosso nei confronti di NOME COGNOME fratello di NOME e conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna dell’imputato.
La Corte partenopea ha, a tal fine, rilevato che le conclusioni raggiunte nel processo a carico di NOME COGNOME, al quale il fratello NOME non ha partecipato, non risultano contraddette dagli elementi indicati da quest’ultimo il quale, in passato, ha già reiteratamente adito il giudice dell’esecuzione che ha, però, costantemente disatteso la sua prospettazione – e consistenti:
nella revoca ex nunc della misura di prevenzione della sorveglianza speciale già applicata a NOME COGNOME, disposta dalla competente autorità giudiziaria con provvedimento del 10 dicembre 2015 in ragione dell’insussistenza di elementi attestanti la protrazione della sua militanza camorristica in epoca successiva al gennaio del 2006;
nell’acquisizione, da parte della società confiscata, del ramo di azienda di altra impresa grazie a risorse fornite, a titolo di donazione, da NOME COGNOME padre di NOME ed NOME;
nella disponibilità, in capo ad NOME COGNOME, di introiti ulteriori rispetto a quelli sottoposti all’imposizione tributaria, di ammontare tale da far venir meno la sproporzione tra entrate ed accrescimenti patrimoniali.
A tal fine, ha, in primo luogo, rilevato che l’istante non ha addotto alcuno specifico elemento atto a comprovare l’autonoma titolarità delle quote sociali de quibus agitur e la sua capacità reddituale, risultando, al contrario, che egli è impossidente, ciò che conferma la fittizietà dell’intestazione, già acclarata nel giudizio di merito.
Ha aggiunto che la tesi secondo cui NOME COGNOME avrebbe donato al figlio NOME la complessiva somma di 137.000 euro, destinata ad assicurare il funzionamento della società di nuova costituzione, non è supportata da congruo riscontro sul piano documentale e, comunque, probatorio.
Ha, infine, rimarcato che la revoca ex nunc della misura di prevenzione applicata a NOME COGNOME non scalfisce la legittimità della disposta confisca per sproporzione, avuto riguardo, da un canto, alla reciproca autonomia dei
procedimenti, penale e di prevenzione, e dei presupposti applicativi dei provvedimenti emessi al loro esito e, dall’altro, alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2005, ovvero in costanza della militanza associativa di NOME COGNOME.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione articolato su un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, e vizio di motivazione.
Rileva, preliminarmente, di avere introdotto, con la più recente istanza di revoca della confisca, disattesa dal giudice dell’esecuzione anche in sede di opposizione, elementi nuovi perché mai in precedenza valutati, dei quali la Corte di appello ha, a suo modo di vedere, indebitamente sottostimato la portata.
Specifica, al riguardo, che la RAGIONE_SOCIALE, costituita il 12 marzo 2055 dai fratelli NOME ed NOME COGNOME, i quali hanno sottoscritto quote di capitale sociale dell’importo di euro 5.000 ciascuna, ha cominciato ad operare solo dopo il 2006, proseguendo l’attività svolta dall’azienda del padre (titolare di impresa operante nel settore delle opere edili, stradali, fognarie e di sistemazione idraulica), che la ha trasferita a titolo gratuito.
Osserva, ancora, che la legislazione vigente al tempo dei fatti di causa consentiva il superamento della presunzione di illecita accumulazione connessa alla sproporzione tra redditi ufficiali ed impieghi «attraverso la dimostrazione dell’avvenuto esercizio di una attività economica lecita accompagnato dalla mancata sottoposizione dei guadagni alla imposizione fiscale».
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che «La statuizione, contenuta in una sentenza divenuta irrevocabile, con cui sia stata disposta la confisca fa stato nei confronti dei soggetti che hanno partecipato al procedimento di cognizione, con la conseguenza che solamente i terzi che non abbiano rivestito la qualità di parte nel predetto giudizio sono legittimati a richiedere la revoca della confisca in sede esecutiva» (Sez. 1, n. 4096 del 24/10/2018, dep. 2019, Lacatus, Rv. 276163; Sez. 3, n. 29445 del 19/06/2013, COGNOME, Rv. 255872; Sez. 1, n. 3311 del 11/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251845).
Essendo NOME COGNOME rimasto estraneo al procedimento penale nel quale il fratello è stato imputato – suggellato, tra l’altro, dalla confisca della quota sociale della quale egli ha chiesto la restituzione – deve senz’altro ritenersi la sua legittimazione a chiedere la revoca del provvedimento ablatorio e ad attivare, a tal fine, lo strumento dell’incidente di esecuzione (così, tra le tante, Sez. 1, n. 27201 del 30/05/2013, COGNOME, Rv. 257599).
D’altro canto, è unanime, presso la giurisprudenza di legittimità, il convincimento che «Gli elementi di prova acquisiti nel corso del giudizio di cognizione, all’esito del quale è stata disposta la confisca, possono essere utilizzati anche nel procedimento di esecuzione intentato dai terzi proprietari dei beni oggetto della misura ablativa, i quali, ove rimasti estranei a suddetto giudizio, sono abilitati a fornire prove valide e conducenti in proprio favore» (Sez. 1, n. 30319 del 05/06/2013, Agenzia A.N.A.D., Rv. 256214; Sez. 1, n. 22860 del 03/05/2011, COGNOME, Rv. 250444).
Nel caso in esame, la Corte di appello ha sancito, sulla scorta di un apparato argomentativo lineare e convincente, l’inidoneità delle allegazioni di NOME COGNOME a contraddire le conclusioni raggiunte nel procedimento di cognizione promosso a carico del germano.
Ha chiarito, quanto alla correlazione cronologica tra il reato commesso da NOME COGNOME e l’acquisizione patrimoniale oggetto di ablazione, che l’immissione dei capitali di origine sospetta nella RAGIONE_SOCIALE risale già al tempo della sua costituzione, avvenuta in un frangente temporale in cui l’imputato era pienamente attivo in ambito associativo, secondo quanto confermato anche dagli esiti, richiamati dall’odierno ricorrente, del procedimento di prevenzione e, in particolare, dal provvedimento di revoca ex nunc della sorveglianza speciale, emesso dal Tribunale il 10 dicembre 2015.
Ha ribadito che la tesi secondo cui NOME COGNOME avrebbe donato ai figli l’azienda, rinunziando alla percezione del prezzo dichiarato nell’atto di trasferimento del 12 marzo 2005, non ha trovato alcuna conferma, e risulta, anzi, palesemente contraddetta dal tenore del contratto, ove si dà formalmente atto del pregresso pagamento del corrispettivo.
Ha rilevato, infine, che NOME COGNOME non ha in alcun modo comprovato di avere avuto, nel periodo considerato, la disponibilità di risorse ulteriori rispetto a quelle risultanti dagli accertamenti compiuti ed ampiamente sproporzionate, per difetto, rispetto all’operato investimento.
Il giudice dell’esecuzione ha, dunque, riproposto le considerazioni già sottese alla confisca delle quote sociali ed al rigetto delle istanze in precedenza presentate da NOME COGNOME il quale, con il libello introduttivo della presente fase, si è
e COGNOME astenuto dall’introdurre nuovi ed ulteriori elementi, in fatto o in diritto, id giustificare la rivalutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione provvedimento ablatorio, in tal modo articolando censure viziate da un crisma di tangibile ed irrimediabile genericità.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso il 18/09/2024.