Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37380 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37380 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nata a Chieri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/07/2025 del Tribunale di Savona; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Savona, adito ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., “confermava” la confisca dell’autovettura TARGA_VEICOLO disposta con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen. dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale che, su richiesta delle parti, aveva applicato all’imputato NOME COGNOME la pena di anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 11.270 di multa per plurime fattispecie di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R 9 ottobre 1990 n. 309, con contestuale confisca di “tutto quanto in sequestro” ai sensi degli “artt. 240, comma 2, cod. pen. e 87 d.P.R. cit.”.
Nel corso delle indagini preliminari erano stati sottoposti a sequestro, oltre ad una somma di denaro e a telefoni cellulari, anche l’autovettura Volvo V90 in uso
al COGNOME ma di proprietà della odierna ricorrente NOME COGNOME. Contro la richiamata sentenza di patteggiamento la ricorrente, quale terza interessata, aveva proposto ricorso per cassazione che altra Sezione di questa Corte aveva riqualificato come appello cautelare, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Savona, che aveva poi rigettato l’impugnazione.
Avverso l’ordinanza sopra indicata ha proposto ricorso per cassazione la NOME, con atto sottoscritto dal suo difensore e procuratore speciale, articolando due motivi di ricorso di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
I vizi denunciati sarebbero prospettabili anche sotto altro profilo, concernente la riqualificazione della confisca che, sebbene disposta in sentenza ai sensi dell’art. 240, secondo comma, cod. pen., sarebbe stata ricondotta dal Tribunale alla diversa ipotesi di confisca facoltativa prevista dal primo comma della menzionata disposizione: con una operazione che, pur definita dal Tribunale quale correzione di errore materiale, sarebbe il risultato di un indebito esercizio di un potere precluso al giudice dell’impugnazione, versandosi non in un caso di errore emendabile, bensì di un vizio di erronea applicazione di legge penale sanzionabile con l’annullamento del provvedimento.
2.1. Con il primo motivo sono stati dedotti la violazione di legge, in relazione agli art. 240, primo comma, cod. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen., e vizi di motivazione. Si rileva che l’impugnata ordinanza avrebbe indebitamente sanato, con ciò incorrendo in “eccesso di potere”, la totale assenza di motivazione della sentenza quanto alla disposta confisca dell’autoveicolo intestato alla ricorrente. Si osserva come l’orientamento interpretativo richiamato nell’impugnata ordinanza a sostegno del ritenuto potere di porre rimedio alla mancanza di motivazione del provvedimento impugnato sarebbe, oltre che non condivisibile, tutt’altro che consolidato, in quanto contraddetto da altro indirizzo giurisprudenziale in base al quale, escluso il potere integrativo della motivazione del giudice dell’appello cautelare in ipotesi di motivazione mancante in senso grafico o di apparato motivazionale del tutto inesistente (tale da precludere alla parte impugnante la possibilità di censure specifiche, in difetto dell’oggetto della critica da devolvere al giudice dell’appello), il provvedimento impugnato mancante di motivazione deve essere dichiarato nullo per violazione dell’articolo 125 co. 3 cod. proc. pen. Incertezza esegetica che potrebbe eventualmente giustificare la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Con il secondo motivo è stata ugualmente denunciata la medesima violazione delle disposizioni di legge e vizi di motivazione, per avere l’impugnata ordinanza confermato il provvedimento di confisca in totale assenza di prova circa l’esistenza di uno stabile collegamento dell’autoveicolo di proprietà della ricorrente con l’attività criminosa contestata all’imputato. Il Tribunale si sarebbe limitato a recepire acriticamente la motivazione del provvedimento di convalida e contestuale sequestro preventivo a suo tempo adottato, a sua volta fondato sul contenuto di intercettazioni telefoniche poco o nulla conferenti quanto alla specifica questione, avuto riguardo alla distonia tra gli episodi delittuosi contestati al COGNOME e il tenore e la cronologia delle conversazioni telefoniche valorizzate nel provvedimento impositivo della misura.
Il Tribunale dell’appello cautelare avrebbe, dunque, abdicato al doveroso scrutinio degli elementi posti a base del provvedimento di confisca, come anche alla necessaria verifica circa la effettiva consapevolezza da parte della ricorrente, terza estranea, in ordine alla destinazione del bene di sua proprietà a finalità illecite, basando, di contro, la decisione su elementi di fatto in parte totalmente infondati e in parte del tutto inidonei a configurare il collegamento stabile con l’attività criminosa evocato quale presupposto della legittimità della confisca.
Disposta la trattazione del procedimento nelle forme della procedura camerale, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse.
Va premesso che l’ordinanza oggetto del ricorso oggi portata all’attenzione di questo Collegio è stata emessa a seguito di una precedente sentenza di altra Sezione di questa Corte di cassazione che – decidendo sul gravame proposto da NOME COGNOME contro la pronuncia di patteggiamento adottata nei riguardi di tal NOME COGNOME, imputato di reati in materia di stupefacenti, che aveva disposto la confisca della vettura a lei intestata – aveva qualificato quel ricorso come appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen., disponendo contestualmente la trasmissione degli atti al tribunale competente.
La richiamata sentenza ribadiva, sul punto, il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo il quale in tema di misure cautelari reali il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima
che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame: con la conseguenza che per il terzo l’appello cautelare costituisce l’unico rimedio attivabile per contestare il vincolo gravante sui beni fino al passaggio in giudicato della sentenza di merito, posto che solo da tale momento il terzo è eventualmente legittimato a contestare direttamente il provvedimento ablativo mediante la proposizione di apposito incidente di esecuzione nelle forme dell’art. 676 cod. proc. pen., (Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270938).
Osservava in quella sentenza la Corte che nel caso in esame la stessa ricorrente aveva dato atto di aver formulato istanza di restituzione dell’autovettura di sua proprietà in sequestro al Giudice per le indagini preliminari, il quale aveva rigettato quella richiesta; e che, in quanto estranea al giudizio di cognizione, la ricorrente non era legittimata a proporre impugnazione avverso la sentenza per far valere il diritto alla restituzione del bene che le era stato cautelativannente sottratto, ma avrebbe potuto far valere le proprie ragioni con l’indicato mezzo di impugnazione cautelare incidentale disciplinato dal citato art. 322-bis del codice di rito.
3. Tali essendo le coordinate del giudizio rimesso al Tribunale di Savona quale giudice dell’appello cautelare, deve affermarsi che l’impugnata ordinanza è certamente errata, posto che quel Collegio, anziché pronunciarsi sulla legittimità della misura reale del sequestro, ha impropriamente integrato tanto la motivazione quanto il dispositivo della sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen. nei riguardi dell’imputato, nella parte relativa alla statuizione della confisca. La cognizione del tribunale in sede di appello cautelare ex art. 322-bis cod. proc. pen. verte, infatti, esclusivamente sulla valutazione dei presupposti per il mantenimento del vincolo cautelare, rimanendo invece preclusa ogni determinazione in tema di confisca, che è provvedimento di esclusiva competenza del giudice del procedimento principale. Il che giustificherebbe oggi, in astratto, un annullamento del provvedimento gravato.
Tuttavia, il ricorso è ancor prima inammissibile per carenza di interesse. Ed invero, a seguito e per effetto della intervenuta pronuncia della Cassazione dichiarativa della declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato COGNOME avverso la sentenza pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la predetta sentenza di patteggiamento è divenuta irrevocabile, con conseguente definitività della disposta misura della confisca. L’invocato annullamento dell’impugnata ordinanza non dispiegherebbe, dunque, alcun effetto su tale statuizione definitiva: da qui la sopravvenuta mancanza di interesse di rimettere la questione dinanzi ad un
giudice di rinvio che sarebbe chiamato ad esprimersi su una misura cautelare oramai cessata perché “assorbita” dalla intervenuta misura finale ablatoria.
Rimane, invece, fermo che le questioni poste dalla ricorrente potranno eventualmente essere fatte valere dall’interessata in sede di incidente di esecuzione ai sensi dell’art. 676 cod. proc. pen., che costituisce rimedio operante, in generale, nelle ipotesi in cui la posizione del terzo sia stata di fatto pretermessa (cfr. Sez. 6, n. 27807 del 30/04/2025, Rv. 288313-01).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ma non quella del versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Ciò in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2000 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità dell’art. 616 c.p.p., nella parte in cui non prevede che la Corte di cassazione, in caso di inammissibilità del ricorso, possa non pronunciare la condanna in favore della cassa delle ammende, a carico della parte privata che, come nel caso di specie, abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 29/10/2025