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Confisca telefono e patteggiamento: motivazione basta

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di patteggiamento per spaccio di stupefacenti, la confisca del telefono utilizzato per il reato è legittima anche con una motivazione implicita. La Corte ha rigettato il ricorso di un imputato che lamentava la carenza di motivazione, affermando che il riferimento al bene come “corpo del reato” o strumento per commettere il reato è sufficiente, data la natura sintetica delle sentenze di patteggiamento e l’evidente nesso tra il telefono e l’attività di spaccio.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Telefono e Patteggiamento: La Cassazione chiarisce i limiti della motivazione

In una recente sentenza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema di grande attualità: la confisca telefono cellulare nel contesto di una condanna per spaccio di stupefacenti definita con il rito del patteggiamento. La decisione offre importanti chiarimenti sui requisiti di motivazione richiesti al giudice in questi casi, bilanciando la necessità di giustificare il provvedimento ablativo con la natura snella e sintetica del procedimento speciale.

I Fatti del Caso: Patteggiamento e Ricorso

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Crotone. Un soggetto, a seguito di accordo con la pubblica accusa, veniva condannato a una pena detentiva e pecuniaria per detenzione a fini di spaccio di cocaina. Oltre alla pena principale, il giudice disponeva la confisca di tutti i beni in sequestro, tra cui due telefoni cellulari con le relative schede SIM.

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione avverso tale pronuncia, limitatamente al punto sulla confisca. La difesa lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che il provvedimento fosse stato adottato senza un’adeguata spiegazione della pertinenzialità dei telefoni rispetto al reato contestato. In sostanza, si contestava al giudice di non aver chiarito perché quei specifici apparecchi fossero da considerarsi strumenti del delitto.

La questione giuridica: motivazione della confisca telefono

Il cuore della questione legale riguarda l’articolo 240 del codice penale, che disciplina la confisca. In particolare, la confisca delle cose che “servirono o furono destinate a commettere il reato” è, in questo caso, una misura facoltativa. La giurisprudenza consolidata richiede che, proprio perché discrezionale, la sua applicazione sia supportata da una motivazione che dia conto delle ragioni della decisione.

La sfida interpretativa sorge quando questa esigenza di motivazione si scontra con la procedura del patteggiamento, la cui sentenza è caratterizzata da una motivazione tipicamente sintetica. Il ricorso sollevava quindi un interrogativo fondamentale: fino a che punto la sintesi motivazionale del patteggiamento può giustificare un’apparente omissione nel spiegare il nesso tra il bene confiscato e il reato?

La Decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo gli Ermellini, il Tribunale di Crotone ha fornito una motivazione sufficiente, sebbene in forma implicita e sintetica, come tipico delle sentenze di patteggiamento.

Il Collegio ha osservato che il giudice di merito, pur limitandosi ad affermare genericamente che si trattava di “cose costituenti corpo del reato o che comunque servirono o furono destinate a commettere il reato”, aveva implicitamente adempiuto all’obbligo motivazionale. La Corte ha valorizzato il contesto complessivo: l’entità del traffico di droga gestito dall’imputato e il suo spessore criminale, elementi desumibili dagli atti, consentivano di ritenere ampiamente comprovato che i due telefoni cellulari fossero stati utilizzati per la commissione del reato.

In altre parole, in un reato come lo spaccio di stupefacenti, l’utilizzo di telefoni cellulari per mantenere i contatti con fornitori e acquirenti è talmente connaturato alla condotta illecita che il nesso di strumentalità può essere considerato palese. Pertanto, una motivazione concisa che richiama la categoria generale dell’art. 240 c.p. è stata ritenuta adeguata e non censurabile in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio importante: nell’ambito del patteggiamento, l’obbligo di motivazione per la confisca facoltativa non viene meno, ma può ritenersi soddisfatto anche attraverso formule sintetiche o implicite, a condizione che il collegamento tra il bene e il reato sia chiaramente desumibile dalla natura del reato stesso e dal contesto fattuale. La decisione sottolinea come la strumentalità di un bene, come un telefono cellulare nel reato di spaccio, possa essere talmente evidente da non richiedere una disamina analitica nella motivazione della sentenza, specialmente in un rito processuale orientato alla celerità e alla semplificazione come il patteggiamento.

La confisca del telefono è sempre obbligatoria in caso di condanna per spaccio?
No, la confisca delle cose che servirono a commettere il reato, come un telefono per lo spaccio, è prevista dall’art. 240 c.p. come facoltativa. Ciò significa che il giudice ha la discrezionalità di disporla o meno, motivando la sua scelta.

In una sentenza di patteggiamento, il giudice deve spiegare in modo dettagliato perché confisca un telefono?
Secondo questa sentenza, non è necessaria una motivazione dettagliata. La Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente una motivazione sintetica e persino implicita, che faccia riferimento alla natura del bene come “corpo del reato” o strumento del delitto, specialmente quando il collegamento tra l’oggetto e il reato (come un telefono per lo spaccio) è evidente.

È possibile fare ricorso contro la sola statuizione sulla confisca in una sentenza di patteggiamento?
Sì. Come dimostra questo caso, l’imputato può impugnare la sentenza di patteggiamento anche solo per contestare l’applicazione di misure accessorie come la confisca, lamentando ad esempio un vizio di motivazione su quel punto specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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