LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca telefono cellulare: serve la prova del nesso

La Corte di Cassazione ha annullato la confisca di un telefono cellulare disposta nei confronti di un imputato per reati di droga. La decisione si fonda sulla mancanza di prove concrete che legassero l’apparecchio ai reati contestati. Le prove a carico dell’imputato provenivano da intercettazioni ambientali effettuate in un’auto e non da intercettazioni telefoniche sul cellulare sequestrato, rendendo così ingiustificata la misura della confisca per assenza del cosiddetto nesso di strumentalità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Telefono Cellulare: Quando è Illegittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26301/2024, ha affrontato un tema di grande attualità: la confisca del telefono cellulare in caso di reati di spaccio di sostanze stupefacenti. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: per poter sottrarre definitivamente un bene all’imputato, non è sufficiente che questi sia stato condannato, ma è necessario dimostrare con prove concrete che quel bene sia stato effettivamente utilizzato per commettere il reato. Vediamo nel dettaglio la vicenda.

I Fatti del Caso

Il procedimento trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Busto Arsizio. L’imputato aveva concordato la pena per diversi reati legati alla detenzione, cessione e importazione di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice di primo grado aveva disposto la confisca di tutti i telefoni cellulari sequestrati agli imputati, motivando la decisione sul fatto che fossero stati utilizzati per le comunicazioni legate all’attività di spaccio, come emerso da una ‘copiosa attività di intercettazione’.

Tuttavia, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando specificamente la confisca del suo apparecchio telefonico. La tesi difensiva era semplice ma incisiva: non esisteva alcuna prova che collegasse quel particolare telefono ai reati contestati. Le indagini, infatti, si erano basate esclusivamente su intercettazioni ambientali condotte all’interno di un’autovettura e non su intercettazioni delle chiamate o dei messaggi del cellulare in questione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla parte relativa alla confisca del telefono e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la censura della difesa, evidenziando un vizio di motivazione nella decisione del giudice di primo grado.

Le motivazioni sulla confisca del telefono cellulare

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra le diverse fonti di prova. Il giudice di merito aveva giustificato la confisca in modo generico, affermando che i telefoni erano stati usati per l’attività illecita basandosi sull’ ‘attività di intercettazione’.
La Cassazione ha però chiarito che tale motivazione non era sufficiente. Le conversazioni che provavano il coinvolgimento dell’imputato erano state captate tramite un’intercettazione ambientale all’interno di un’auto di proprietà di un co-indagato. Non vi era, invece, alcuna traccia di intercettazioni telefoniche effettuate sull’utenza dell’imputato. Di conseguenza, mancava la prova regina, ovvero il ‘nesso di strumentalità’ tra il telefono confiscato e i reati commessi.
In altre parole, per poter disporre una misura ablativa così incisiva come la confisca, il giudice deve indicare gli elementi probatori specifici da cui si desume che proprio quel bene è servito a commettere il crimine. Non è ammissibile una motivazione generica basata su un contesto investigativo più ampio se questo non tocca direttamente l’oggetto della confisca.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale nel diritto penale: le misure che incidono sul patrimonio di un individuo, come la confisca, devono essere sorrette da una motivazione rigorosa e puntuale. Non si può procedere per presunzioni. La confisca del telefono cellulare non può essere una conseguenza automatica di una condanna per spaccio. È onere dell’accusa, e dovere del giudice, verificare e dimostrare che l’apparecchio è stato un vero e proprio strumento del reato. In assenza di tale prova, come nel caso di indagini basate unicamente su intercettazioni ambientali che non coinvolgono direttamente il dispositivo, la confisca diventa illegittima e deve essere annullata.

È possibile confiscare un telefono cellulare solo perché appartiene a un imputato condannato per spaccio?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente. È necessaria la prova specifica che quel determinato telefono sia stato concretamente utilizzato come strumento per commettere il reato contestato.

Le intercettazioni ambientali in un’auto possono giustificare la confisca del telefono di uno degli occupanti?
Non automaticamente. La sentenza chiarisce che se le prove del reato derivano da intercettazioni ambientali, queste non dimostrano di per sé che uno specifico telefono cellulare, non sottoposto a intercettazione diretta, sia stato utilizzato per l’attività illecita.

Cosa accade quando la Cassazione annulla una sentenza limitatamente alla confisca?
La Corte di Cassazione annulla la decisione solo su quel punto specifico (la confisca) e rinvia il caso a un altro giudice dello stesso grado del precedente giudizio (in questo caso, il Tribunale di Busto Arsizio) per una nuova valutazione. Il nuovo giudice dovrà decidere nuovamente sulla questione attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati