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Confisca strumenti del reato: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32578/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. La Corte ha chiarito che i beni utilizzati per commettere il reato sono considerati ‘strumenti’ e possono essere oggetto di sequestro e successiva confisca per il loro intero valore, anche se questo supera l’ammontare del debito tributario. Questa decisione si basa sulla qualificazione dei beni come ‘instrumentum sceleris’ ai sensi dell’art. 240 c.p., superando la limitazione della confisca al solo ‘profitto’ del reato e rendendo irrilevante il principio di proporzionalità tra valore del bene e debito evaso. Viene così annullata la decisione del Tribunale del riesame che aveva limitato il sequestro all’importo del debito fiscale.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca strumenti del reato: sequestro totale anche se il valore supera il debito

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 32578/2024) ha fatto luce su un aspetto cruciale del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il principio affermato è di notevole importanza: i beni oggetto di atti fraudolenti per sfuggire al fisco possono essere sequestrati per il loro intero valore, anche se superiore al debito tributario. La chiave di volta sta nel qualificare tali beni non come ‘profitto’ del reato, ma come ‘strumenti’ usati per commetterlo, aprendo così la strada alla confisca degli strumenti del reato in modo integrale.

I fatti del caso: sottrazione di beni e sequestro

Il caso trae origine da un’indagine per il reato di cui all’art. 11 del D.Lgs. 74/2000. Tre soggetti erano accusati di aver posto in essere atti simulati e fraudolenti per dismettere il patrimonio di una società, al fine di rendere inefficace la riscossione coattiva delle imposte dovute. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non solo sui beni di valore pari al debito tributario, ma sull’intero valore dei beni oggetto delle transazioni fraudolente, che risultava essere superiore.

La decisione del Tribunale del Riesame: il principio di proporzionalità

In sede di riesame, il Tribunale aveva annullato parzialmente il sequestro, limitandolo al solo valore del debito tributario non pagato. Secondo il Tribunale, un sequestro di valore superiore avrebbe trasformato la confisca da misura ripristinatoria a misura sanzionatoria, una sorta di ‘overcompensation’ non prevista dalla legge e in contrasto con il principio di proporzionalità sancito dalla Costituzione e dalle fonti europee.

Confisca strumenti del reato: l’analisi della Corte di Cassazione

La Procura ha impugnato la decisione del Tribunale, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del riesame e fornendo un’interpretazione decisiva sulla natura della confisca in questi casi.

La distinzione tra ‘profitto’ e ‘strumento’ del reato

Il punto centrale della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra la confisca del ‘profitto’ del reato (prevista dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000) e la confisca delle ‘cose che servirono a commettere il reato’ (prevista dall’art. 240, comma 1, del codice penale).

Mentre il ‘profitto’ è il vantaggio economico derivante dall’illecito, lo ‘strumento’ (instrumentum sceleris) è il mezzo materiale attraverso cui il reato viene perpetrato. Nel caso della sottrazione fraudolenta, i beni stessi che vengono alienati o nascosti costituiscono la condotta materiale del reato. Non sono solo il ‘profitto’, ma lo strumento stesso della frode.

L’applicazione dell’art. 240 del Codice Penale

Qualificando i beni come strumenti del reato, la Corte ha stabilito che ad essi si applica la confisca prevista dall’art. 240 c.p. Questa norma consente di confiscare le cose utilizzate per commettere il reato, a prescindere dal loro valore e dal rapporto con il profitto o il danno causato. Di conseguenza, il limite del debito tributario diventa irrilevante. Se un bene del valore di 1 milione di euro viene fraudolentemente alienato per sottrarsi a un debito fiscale di 100.000 euro, l’intero bene, in quanto strumento del reato, è suscettibile di sequestro e confisca.

le motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che questa interpretazione è coerente con la natura del reato di sottrazione fraudolenta, che è un reato di pericolo. Lo scopo della norma è proteggere la garanzia patrimoniale dello Stato. La confisca dello strumento del reato serve a neutralizzare la pericolosità della condotta e a ripristinare l’ordine giuridico violato, a prescindere dall’esatta corrispondenza con il debito. Spostando il fondamento normativo della misura ablativa dall’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 all’art. 240 del codice penale, viene meno la necessità di un rapporto di proporzionalità tra il valore del bene e l’imposta evasa. La confisca non si lega più al ‘profitto’, ma alla strumentalità del bene rispetto alla commissione dell’illecito. La Corte ha inoltre precisato che, in caso di una pluralità di atti fraudolenti, spetterà al giudice di merito valutare quali di essi abbiano concretamente creato o aggravato il pericolo di inefficacia della riscossione, essendo solo questi penalmente rilevanti e, di conseguenza, i cui beni oggetto sono confiscabili.

le conclusioni
La sentenza n. 32578/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un importante monito. Chi pone in essere operazioni fraudolente per sottrarsi al pagamento delle imposte rischia di perdere l’intero valore dei beni utilizzati per la frode, e non solo una somma pari al debito. Questa decisione rafforza notevolmente gli strumenti a disposizione dell’autorità giudiziaria per contrastare i reati tributari, chiarendo che la confisca degli strumenti del reato è un’arma potente e non limitata dal principio di proporzionalità quando si tratta di sanzionare la condotta illecita nella sua materialità.

Nel reato di sottrazione fraudolenta, il sequestro può avere un valore superiore a quello del debito tributario?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, i beni oggetto degli atti fraudolenti sono considerati ‘strumenti’ del reato. In quanto tali, possono essere sequestrati e confiscati per il loro intero valore ai sensi dell’art. 240 del codice penale, anche se tale valore eccede l’importo del debito fiscale.

Qual è la differenza tra ‘profitto’ e ‘strumento’ del reato in questo contesto?
Il ‘profitto’ è il vantaggio economico ottenuto dal reato (in questo caso, il risparmio d’imposta). Lo ‘strumento’ è il mezzo materiale utilizzato per commettere il reato. La Corte chiarisce che i beni alienati fraudolentemente non sono solo il profitto, ma costituiscono lo strumento stesso attraverso cui si realizza la sottrazione alla garanzia del fisco.

Perché la Corte di Cassazione supera il principio di proporzionalità tra valore del bene e debito?
La Corte supera tale principio perché fonda la confisca non sul recupero del ‘profitto’ (dove la proporzionalità sarebbe rilevante), ma sulla necessità di confiscare lo ‘strumento’ del reato. La confisca dello strumento ha una finalità diversa, legata alla neutralizzazione della condotta illecita, e pertanto non è vincolata a un rapporto di equivalenza con il danno economico prodotto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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