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Confisca sproporzione: annullata per vizio di forma

Un soggetto, condannato per associazione mafiosa, subisce la confisca di un immobile per sproporzione tra il valore del bene e il reddito dichiarato. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento perché il giudice di merito non ha valutato un aspetto cruciale sollevato dalla difesa: la mancanza di una correlazione temporale tra l’acquisto dell’immobile, avvenuto nel 2003, e i fatti delittuosi contestati, risalenti al 2008. La sentenza ribadisce che per la confisca sproporzione è necessaria una ragionevole vicinanza temporale tra l’arricchimento e la manifestazione della pericolosità sociale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Sproporzione: L’Importanza della Correlazione Temporale

La confisca sproporzione, disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale, è uno strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede la sussistenza di precisi presupposti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18449/2024) ha annullato un provvedimento di confisca proprio per la mancata verifica di uno di questi requisiti fondamentali: la correlazione temporale tra l’acquisto del bene e la pericolosità sociale del condannato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato con sentenza definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), per fatti commessi fino al 2011. In fase esecutiva, la Corte di Appello disponeva la confisca di un immobile a lui riconducibile, acquistato nel 2003. La misura si basava sul presupposto che il valore del bene fosse sproporzionato rispetto ai redditi leciti del nucleo familiare.

L’interessato proponeva opposizione, la quale veniva rigettata. Decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Un errore nel calcolo della capacità reddituale, per aver escluso i redditi di due fratelli conviventi.
2. L’assenza di un collegamento cronologico tra l’acquisto dell’immobile (avvenuto nel 2003) e i fatti che avevano portato alla sua condanna, i quali, secondo la difesa, risalivano all’ottobre del 2008, ben cinque anni dopo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo, ritenendo che la valutazione dei redditi familiari rientrasse nella discrezionalità del giudice di merito. Al contrario, ha accolto il secondo motivo, giudicandolo fondato.

La Corte di Appello, nel respingere l’opposizione, si era concentrata esclusivamente sulla questione della capacità patrimoniale della famiglia, omettendo completamente di analizzare la specifica censura relativa al divario temporale tra l’investimento immobiliare e l’insorgenza della pericolosità sociale del soggetto.

L’analisi della correlazione temporale nella confisca sproporzione

Questo secondo punto è il cuore della decisione. Il ricorrente aveva lamentato che i primi elementi a suo carico per il reato associativo risalivano al 2008, mentre l’acquisto dell’immobile era del 2003. Un lasso di tempo di cinque anni che, a suo dire, interrompeva quel nesso logico e temporale necessario per giustificare il provvedimento ablatorio. La Corte di Appello aveva liquidato la questione affermando genericamente che i fatti della condanna fossero “ovviamente precedenti” all’acquisto, senza però fornire alcuna prova o motivazione a sostegno.

Il Principio di Diritto richiamato dalla Cassazione

La Cassazione ha richiamato un importante principio stabilito dalle Sezioni Unite (sentenza Crostella, n. 27421/2021): la confisca ex art. 240-bis c.p. può essere disposta per i beni entrati nella disponibilità del condannato fino alla pronuncia della sentenza per il cosiddetto “reato spia”, ma sempre nel rispetto del criterio di “ragionevolezza temporale”. Questo significa che deve esistere un collegamento logico e cronologico tra l’arricchimento anomalo e la pericolosità sociale del soggetto. Un acquisto avvenuto molti anni prima della commissione del reato non può essere automaticamente confiscato senza una specifica motivazione che ne dimostri il collegamento con attività illecite.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un vizio procedurale e sostanziale. Il giudice dell’esecuzione, di fronte a una specifica doglianza della difesa su un presupposto essenziale della confisca (la correlazione temporale), aveva l’obbligo di fornire una risposta puntuale e motivata. Non facendolo, ha creato una “lacuna motivazionale” che ha reso illegittima la sua decisione. La Corte territoriale si è limitata a riaffermare la sproporzione economica, ignorando del tutto la censura sulla distanza temporale tra l’acquisto del bene e il manifestarsi della condotta criminale contestata. Questo silenzio ha determinato l’annullamento del provvedimento.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la confisca sproporzione non è una sanzione automatica, ma una misura che richiede un accertamento rigoroso dei suoi presupposti. Tra questi, la ragionevolezza temporale tra l’acquisizione del patrimonio e la pericolosità sociale del condannato è un elemento imprescindibile. Il giudice non può ignorare le specifiche censure della difesa su questo punto, ma deve confrontarsi con esse e fornire una motivazione adeguata. La decisione della Cassazione, annullando con rinvio, impone alla Corte di Appello di riesaminare il caso, questa volta tenendo in debita considerazione il fattore tempo.

Quando può essere disposta una confisca per sproporzione ai sensi dell’art. 240-bis c.p.?
Può essere disposta nei confronti di chi è stato condannato per specifici reati (come l’associazione di tipo mafioso) quando vi sia una sproporzione tra il valore dei beni di cui il soggetto ha la disponibilità e il suo reddito dichiarato o l’attività economica svolta, e non sia in grado di giustificarne la legittima provenienza.

È necessario un collegamento temporale tra l’acquisto del bene e il reato per cui si è condannati?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite, ha stabilito che deve esistere un criterio di “ragionevolezza temporale”. La confisca può riguardare beni entrati nella disponibilità del condannato in un periodo ragionevolmente vicino alla manifestazione della sua pericolosità sociale, fino alla sentenza di condanna per il “reato spia”.

Cosa succede se il giudice dell’esecuzione non risponde a uno specifico motivo di opposizione?
Se il giudice omette di analizzare una censura specifica e rilevante sollevata dalla difesa, come quella sulla mancanza di correlazione temporale, la sua decisione è viziata da una “lacuna motivazionale”. Questo vizio determina l’annullamento del provvedimento, con rinvio a un nuovo giudice per un esame completo della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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