Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5158 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Chioggia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 gennaio 2023, la Corte di appello di Roma ha rigettato il gravame proposto dall’odierno ricorrente avverso la sentenza di condanna alla pena di anni uno di reclusione in ordine al reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 per aver omesso il versamento di IVA dovuta per l’anno 2013 nell’importo di C. 556.192,00. Prendendo atto del fatto che medio tempore era stata versata la prima rata del piano di rateizzazione concordato con l’RAGIONE_SOCIALE per il versamento dell’imposta dovuta, in sentenza è stato corrispondentemente ridotto l’importo sino alla concorrenza del quale è stato disposto il sequestro preventivo in atto, finalizzato all’esecuzione della confisca del profitto del reato disposta in primo grado.
Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, la violazione dell’art. 12 bis, comma 2, d.lgs. 74 del 2000 ed il vizio di motivazione nella parte in cui la confisca è stata disposta nonostante il manifestato impegno dell’imputato al pagamento del debito tributario con le somme sottoposte a sequestro.
Si lamenta, in particolare, che la Corte territoriale – rendendo al proposito motivazione soltanto apparente – non abbia dato seguito alla pur inizialmente disposta citazione in grado di appello di funzionario dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE finalizzata a perfezionare la procedura di “voltura” della somma in sequestro all’Amministrazione finanziaria per estinguere il debito tributario ed evitare così una inutile e dannosa duplicazione sanzionatoria attraverso la confisca, di cui si chiedeva la revoca ai sensi dell’invocata disposizione di legge.
In via subordinata si eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 12 bis, comma 2, d.lgs. 74 del 2000 nella parte in cui non consentirebbe all’imputato contribuente di adempiere all’obbligazione tributaria attraverso l’utilizzo dei beni sottoposti a sequestro, per contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost.
Con il secondo motivo di ricorso, dolendosi del diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena, si deducono violazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. e omessa motivazione in merito alle censure svolte col gravame, con le quali si segnalavano il buon comportamento processuale dell’imputato e la non elevata gravità del fatto, valutabile con riguardo all’unico reato non prescritto oggetto di condanna. Il manifestato e concreto impegno dell’imputato ad estinguere il debito fiscale costituiva peraltro un novum rispetto ai fatti valutati in primo grado, che legittimava una prognosi favorevole sulla futura condotta, non essendo di ostacolo
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ad una nuova concessione del beneficio la precedente pronuncia di applicazione pena, relativa a reati risalenti ed estinti ai sensi dell’art. 167, primo comma, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato ed irrimediabilmente generico.
1.1. L’art. 12 bis d.lgs. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, al secondo comma prevede che «la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta». Secondo il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte, la previsione va intesa nel senso che la confisca – così come il sequestro preventivo ad essa preordinato – può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro ed incerto costituit dal mancato pagamento del debito, non potendo altrimenti operare e dovendosi comunque ridurre l’importo della stessa in considerazione di rate eventualmente versate (Sez. 3, n. 28488 del 10/09/2020, COGNOME, Rv. 280014; Sez. 3, n. 9355 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281480). Costituisce applicazione di tale principio la più recente decisione che, a fronte del perfezionamento di un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, ha escluso che il sequestro potesse essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, affermando la necessaria riduzione in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria (Sez. 3, n. 26874 del 18/02/2021, RAGIONE_SOCIALE Rv. 282326). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. La sentenza impugnata ha fatto buon governo di tali principi, disponendo, come si è accennato, la riduzione dell’importo sino alla concorrenza del quale era stato disposto il sequestro – con conseguente restituzione dell’eventuale eccedenza – in relazione all’intervenuto pagamento della prima rata del piano di rateizzazione del debito fiscale onorata dall’imputato.
Del tutto correttamente, per contro, non è stata revocata la confisca, essendosi osservato come – in ossequio alla citata disposizione – la stessa potrà trovare esecuzione soltanto con riguardo agli importi ancora effettivamente dovuti.
1.3. Quanto alla “voltura” RAGIONE_SOCIALE somme sequestrate all’RAGIONE_SOCIALE, si tratta di procedura non disciplinata dalla legge, rispetto alla quale non è dunque ravvisabile – né è stata argomentata nel generico ricorso – alcuna violazione di
disposizioni normative. Questa Corte, ad es., ha ripetutamente affermato che l’art. 85 disp. att. cod. proc. pen., dedicato alle “disposizioni relative alle prove”, che prevede la possibilità di restituzione RAGIONE_SOCIALE cose in sequestro previa esecuzione di specifiche prescrizioni, trova applicazione con riguardo al solo sequestro probatorio e non anche a quello preventivo (Sez. 4, n n. 39179 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285066; Sez. 3, n. 14738 del 12/12/2019, dep. 2020, Marchio, Rv. 279462, alla cui diffusa e condivisibile motivazione si rimanda quanto all’insussistenza di disposizioni normative che consentano il trasferimento all’Amministrazione finanziaria, a copertura del debito fiscale, RAGIONE_SOCIALE somme cadute sotto sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto di reato tributario). Soltanto in ca eccezionali ed in presenza di stringenti condizioni – di cui nella vicenda in esame non si è in alcun modo allegata l’esistenza – questa Corte, in ossequio al principio di proporzionalità della misura cautelare, ha talvolta ritenuto possibile il dissequestro parziale RAGIONE_SOCIALE somme di denaro sottoposte a vincolo ai fini di confisca del profitto del reato onde provvedere al pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute (cfr. Sez. 6, n. 13936 del 11/01/2022, RAGIONE_SOCIALE. Rv. 283281, relativa alla responsabilità dell’ente derivante da reato ed al sequestro di somme finalizzato alla confisca del profitto del reato presupposto in un caso in cui, per la concreta dimensione afflittiva della misura, erano messe in pericolo l’esistenza stessa del soggetto economico e la sua operatività corrente).
La sentenza impugnata, peraltro, attesta che, nonostante alcuni rinvii del processo disposti in grado di appello, non è stato possibile trovare una soluzione pratica che consentisse l’utilizzo del denaro in sequestro per effettuare il pagamento del debito fiscale già iscritto a ruolo ed il generico ricorso non indica quale concreta strada sarebbe invece stata praticabile per dimostrare l’illogicità di tale argomentazione.
1.4. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 bis, comma 2, d.lgs. 74 del 2000 sollevata in via subordinata è ictu ocu/i irrilevante e manifestamente infondata, non essendo state neppure compiutamente argomentate le ragioni dell’ipotizzato contrasto con gli artt. 3 e 25 Cost., essendosi il ricorrente limitat ad evocare una asserita “disparità di trattamento tra situazioni analoghe”. Per quanto è dato comprendere, il riferimento – peraltro, del tutto incongruo quanto all’evocato art. 25 Cost. – va alla «inaccettabile disparità di trattamento tra l’imputato/indagato che, a fronte di un sequestro/confisca pienamente satisfattivo e corrispondente al profitto del reato, abbia modo di adempiere alla relativa obbligazione tributaria con risorse ulteriori e speculari rispetto a quelle oggetto di ablazione e il reo che, invece, non abbia modo di duplicare temporaneamente l’importo corrispondente al profitto».
Or bene, al di là del difetto di rilevanza della questione – posto che il ricorrente non ha dimostrato, e neppure allegato, l’insussistenza di risorse diverse da quelle rimaste in sequestro per provvedere al versamento dell’imposta evasa (mentre la sentenza dà atto che il sequestro era stato inizialmente eseguito su importi ben più consistenti medio tempore restituiti) – la stessa è all’evidenza manifestamente infondata. La evocata disparità di trattamento, infatti, si fonda non già su situazioni analoghe dalla legge disciplinate in modo irragionevolmente diverso, ma su un’unica disciplina normativa la cui concreta attuazione può dipendere (tra l’altro) dalla maggiore o minore disponibilità di risorse del soggetto obbligato, senza che venga tuttavia argomentata la intrinseca irragionevolezza della previsione. Previsione che, peraltro, mira non già ad escludere nei confronti di taluno soltanto – così irragionevolmente favorendolo rispetto ad altri – la applicazione della regola sulla sottrazione del profitto del reato a che ne abbia beneficiato (o, anche per equivalente, all’autore dello stesso), ma, più semplicemente, ad evitare che la misura ablatoria possa colpire chi abbia altrimenti assolto al debito tributario così oggettivamente riducendo l’entità del profitto di reato confiscabile.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile per manifesta infondatezza, genericità e perché proposto per ragioni non consentite, avendo la Corte territoriale, con giudizio di merito in questa sede incensurabile, argomentato in modo non manifestamente illogico la propria decisione sulle doglianze proposte dall’appellante con riguardo al trattamento sanzionatorio.
2.1. Quanto al giudizio sul riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, è noto che il giudice del merito esprime al riguardo un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269), senza che sia necessario prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, rimanendo tutti gli altri disa o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Il dedotto buon comportamento processuale per aver l’imputato partecipato al giudizio di appello e per aver tentato di trovare un accordo con l’RAGIONE_SOCIALE per estinguere il debito fiscale con il denaro in sequestro di cui si lamenta l’omessa valutazione, dunque, è stato evidentemente – e non illogicamente ritenuto subvalente rispetto allo sfavorevole giudizio, in sentenza ben argomentato, in relazione all’intensità del dolo ed a plurimi altri profili, che questa sede non vengono specificamente contestati, circa la personalità
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dell’imputato quali emergenti dai precedenti penali e giudiziari e dalla condotta di vita antecedente al reato.
2.2. Quanto al diniego della sospensione condizionale della pena, va innanzitutto affermata l’irrilevanza del laconico richiamo all’art. 167, primo comma, cod. pen., essendo pacifico che l’estinzione del reato non comporta l’estinzione degli effetti penali diversi da quelli ivi espressamente previsti, sicch di esso deve comunque tenersi conto ai fini della sussistenza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 277457), costituendo precedente penale valutabile anche quello risultante da sentenza di applicazione della pena pur se sia già intervenuta, anche ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione del reato cui essa si riferisce (Sez. 3, n. 43095 del 12/10/2021, Cecchinato, Rv. 282377).
Ciò premesso, va poi rilevato che, in forza di un risalente e consolidato orientamento che va qui certamente ribadito, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla presunzione che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati e il relativo giudizio, da formularsi alla stregua dei criteri di cui al 133 cod. pen., avendo riguardo alla specificità della condotta posta in essere, si sottrae, se adeguatamente motivato, ad ogni sindacato in sede di legittimità (Sez. 1, n. 2328 del 22/05/1992, COGNOME, Rv. 191311). Né, secondo l’orientamento maggioritario condiviso dal Collegio, il giudice è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quegl elementi che egli ritiene prevalenti (Sez. 5, n. 57704 del 14/09/2017, P., Rv. 272087; Sez. 3, n. 35852 del 11/05/2016, COGNOME, Rv. 267639; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263534; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Avveduto e aa., Rv. 260136), sia per concedere che per negare il beneficio, senza che sia possibile muovere contestazione attinente alla attendibilità del giudizio prognostico, positivo o negativo, trattandosi di prospettazione di merito che non può trovare ingresso in un controllo di legittimità (Sez. 1, n. 326 del 24/01/1992, Galati, Rv. 189611).
La sentenza impugnata, con motivazione non contraddittoria né manifestamente illogica e, dunque, in questa sede non ulteriormente scrutinabile, ha adeguatamente giustificato le ragioni della ritenuta prognosi sfavorevole, valutando con attenzione la natura, il numero e la gravità RAGIONE_SOCIALE condotte imprenditoriali illecite oggetto del pur risalente giudizio concluso con la sentenza di applicazione pena oggetto di sospensione condizionale e la plurima, successiva, reiterazione di fatti penalmente rilevanti anche con riguardo alle altre fattispecie di reato tributario giudicate nel medesimo processo per fatti ritenuti prescritti ma non già insussistenti. Contrariamente a quanto allega il ricorrente, l’omessa
valutazione del manifestato e concreto impegno dell’imputato a versare all’Erario l’originario profitto del reato non è idonea ad inficiare tale valutazione, posto che, da un lato, la sentenza dà atto dell’inottemperanza all’impegno assunto con la rateizzazione del debito fiscale (essendo stata pagata soltanto la prima rata) e che, d’altro lato, poco rileva, al proposito, il prospettato utilizzo del denaro caduto in sequestro e di cui già in primo grado era stata disposta la confisca, trattandosi di condotta di per sé non certo valutabile come spontaneo adempimento ed idonea a dimostrare una discontinuità rispetto al passato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186 e rilevato che nella presente fattispecie non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., oltre all’onere del pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento anche quello del versamento in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende della somma equitativamente fissata in Euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 29 novembre 2023.