Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9924 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9924 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOME NOMECOGNOME nato a Montebelluna il 05/04/1960, avverso la sentenza in data 23/05/2023 della Corte di appello di Trieste, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla confisca e l’inammissibilità del ricorso nel resto; letta per l’imputato la memoria di replica dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 23 maggio 2023 la Corte di appello di Trieste, in riforma della sentenza in data 5 dicembre 2019 del Tribunale di Pordenone, ha rideterminato la pena irrogata a NOME Poloniato in anni 1, mesi 8 di reclusione, per il reato di cui agli art. 81 cpv cod. pen. e 2 d.lgs. n. 74 del 2000, ha applicat il beneficio della sospensione condizionale della pena e ha confermato l’impugnata decisione nel resto.
2. Il ricorrente eccepisce con il primo motivo la violazione di legge perché la sentenza non aveva revocato la pena accessoria nonostante il pagamento di 2/3 dell’imposta evasa e non aveva previsto che il beneficio della sospensione condizionale della pena coprisse anche la pena accessoria; con il secondo motivo la violazione di legge e il vizio di motivazione perché non si era tenuto conto del versamento all’Erario della somma di euro 273.809,01, pari a circa 2/3 della somma dovuta, ai fini della riduzione della confisca; con il terzo motivo la violazione di legge e il vizio di motivazione per violazione dell’art. 131-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso, in origine assegnato alla Settima Sezione Penale, con ordinanza del 24 maggio 2024 è stato trasmesso alla Terza Sezione Penale, non apparendo manifestamente infondato il secondo motivo sulla confisca.
Il primo motivo di ricorso è inconsistente perché le pene accessorie dell’art. 12 d.lgs. n. 74 del 2000 conseguono automaticamente alla condanna per taluno dei delitti previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, quindi, non si giustifica la revoca presenza della condanna. Va evidenziato in aggiunta che il ricorrente ha rinunciato ai motivi di appello per cui non gli è consentito alcun recupero in sede di legittimità (Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285628 – 02).
Non ricorre, infatti, un’ipotesi di illegalità della pena (Sez. 6, n. 41254 de 04/07/2019, Leone, Rv. 277196), non sono stati dedotti vizi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato nonché al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice (Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M., Rv. 278170), né è stata rappresentata l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481).
Certamente invece il beneficio della sospensione condizionale della pena si estende anche alle pene accessorie, ai sensi dell’art. 166, primo comma, cod. pen., senza che tale estensione, operante ex lege, possa ritenersi contraddetta dall’utilizzo nel dispositivo della sentenza impugnata dell’espressione “conferma nel resto”, riferita alla sentenza di primo grado.
Del pari inconsistente è il terzo motivo.
La rinuncia dei motivi in appello preclude infatti anche l’esame di eventuali richieste ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. Nel cosiddetto concordato in appello, il giudice non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai
motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 274522 – 01) per l’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità (cfr. Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Casero, Rv. 273194 – 01).
Inoltre, va evidenziato che l’adempimento parziale del debito tributario non consente il proscioglimento a norma dell’art. 131-bis cod. pen., neanche alla luce del sopravvenuto art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3, d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, che valorizza, tra i var parametri, il pagamento dell’imposta successivo alla consumazione del reato, solo se questo pagamento sia integrale o se sia in corso una rateizzazione. Nel caso in esame, lo stesso ricorrente ha dichiarato che, dopo il pagamento dei 2/3 dell’imposta non era più in grado di adempiere ed era stata aperta la procedura di liquidazione della società a causa dell’insolvenza.
E’ fondato invece il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello, pur riconoscendo che l’imputato ha versato all’Erario circa i 2/3 del debito tributario, ha confermato la confisca diretta o per equivalente dell’intera somma corrispondente al profitto del reato tributario.
In tema di reati fiscali, la confisca anche per equivalente del profitto, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda), non può essere mantenuta sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotta in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 33602 del 24/04/2015, Pastore, Rv. 265043 – 01 e Sez. 3, n. 23962 del 10/02/2023, Monghese, in motivazione al punto 4.4, sia pure con riferimento al contiguo tema del sequestro).
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata vada annullata con rinvio limitatamente alla confisca mentre il ricorso è inammissibile nel resto.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Trieste. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso, il 17 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Pr idente