Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1220 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1220 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
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sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Francavilla Fontana il 02/05/1969, avverso la sentenza del 23/10/2023 della Corte di appello di Lecce; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sesti Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammh!.sibi del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Brindisi, difensore di fiducia cl NOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e, dunqu.g, l’annullamento della sentenza con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 settembre 2018, il G.U.P. del Tribunale di 13rindis condannava NOME alla pena di tre anni di reclusione, prev riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contest aggravante ex art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74/2000, in quanto ritenuta responsabile di diciotto violazioni del reato di cui all’art. 10-quater digs. n. 74/2000 ascritte ai capi dall’i al 18, avendo costei, quale ragioniere con , :ompiti di consulenza fiscale e tenuta delle scritture contabili, non versato le ; dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti (con codice tribut) 6 “credito d’imposta, incentivi per le medie e piccole imprese” e/o codice tri 2300 “IRES saldo”), per ammontari superiori alla soglia di punibilità, in cc nco con i legali rappresentanti delle società tenute al versamento delle impo applicando le pene accessorie di legge e disponendo la confisca del prof tto reato.
Con sentenza del 23 ottobre 2023, la Corte di appello di Lecce, in p arzi riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedE re p intervenuta prescrizione per i reati di cui ai capi 2 (limitatamente alle co relative agli anni 2012 e 2013), 14, 15, 16, 17 e 18, rideterminando la pela le residue imputazioni, in anni due di reclusione, riducendo la durata delle accessorie temporanee e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena principale e delle pene accessorie, infine riducendo l’ammontare de confisca ad euro 1.504.024,38 e confermando nel resto.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, NOME COGNOME ramit il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre rr o
2.1 Con il primo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell’art. 606, le cod. proc. pen., violazione dell’art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74/2000, ionché vizio motivazionale.
In sintesi, la difesa deduce che la ricorrente avesse insei compensazione crediti di propri clienti riguardanti una normativa sul crE dit imposta ormai desueta, limitandosi a presentare semplicemente un modello F24 per il pagamento delle tasse, con apposizione dei codici 6700 e 2300. Ai fi li integrazione della circostanza aggravante occorreva da un lato porsi il pri)bl del concorso con i clienti, in quanto l’aggravante può essere applicai .a quando il professionista è concorrente nel predetto reato, dall’altro era eccepito che difettava l’elaborazione di un modello, atteso che la condotte s estrinsecata in una ordinaria attività di commercialista, vale a dire presentazione di alcuni modelli F24 sulla piattaforma informatica di Agenz El delle
Entrate o dell’INPS a seconda del tributo, mentre invece l’integrazion a della circostanza aggravante richiedeva un percorso di condotte, magari anche apparentemente lecite, che nel proprio complesso portassero ad un risultato illecito voluto dell’evasione fiscale.
La ricorrente, dopo aver ripercorso l’iter di formazione della disposizione normativa di cui all’art. 13-bis d.lgs. n. 74/2000, ribadisce la necessità, ai fini dell’integrazione dell’aggravante, del concorso con il beneficiario dell’operazione e della elaborazione di un modello che vada oltre il semplice, per quanto infedele, adempimento fiscale. Conclude, pertanto, che nel caso di specie l’indagine non aveva disvelato alcun artificioso modello, anche in considerazione delle modalità’ attraverso le quali era stato dato avvio all’indagine, ov rerosia muovendo da una verifica fiscale nei confronti di una società che aveva effettuato compensazioni per importi sopra la soglia di punibilità penale, utilizzando il codice 6700, da tempo in disuso, risalendo quindi al coni>ulente della ditta, per poi verificare che anche per altre ditte seguite dallo stesso consulente erano state effettuate simili compensazioni. In sostanza, nessuna elaborazione di un modello di evasione, ma semplicemente un grossclano e banale utilizzo di un normale F24 con codice scaduto, la cui scopeita era avvenuta in pochissimi step da parte degli inquirenti. Richiama giurisprudenza di legittimità a sostegno ed evidenzia che la insussistenza della circc stanza aggravante di cui all’art. 13-bis d.lgs. n. 74/2000 comporta la dichiarazione di prescrizione dei reati.
2.2 Con il secondo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell’art. 606, I ett. e), cod. proc. pen., difetto di motivazione in punto di pena e di aggravanti.
Deduce la ricorrente che, con appositi motivi di appello, era stata eccepita la mancata individuazione della pena base nel minimo della pena edittale ed era stato invocato un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti ge ‘eriche sull’aggravante contestata. I giudici di secondo grado, pur riconoscendo una pena base inferiore a quella individuata dal giudice di primo grado, non hanno individuato la pena base nel minimo edittale, senza confrontarsi con la richiesta difensiva, ed hanno omesso di pronunciarsi sulla richiesta prevalenza delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche, nonostante la ricorrentE fosse soggetto incensurato, senza pendenze di altra natura, alla prima esp arienza criminale e collaborativo. Tanto doveva portare a ritenere applicabile anche l’istituto della non menzione.
2.3 Con il terzo motivo, la difesa lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett b) ed e), cod. proc. pen., violazione dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000 in mia1 eria di confisca e motivazione apodittica ed illogica.
In sintesi, la difesa si duole dell’aver la Corte di merito conferma statuizione in materia di confisca anche in capo alla ricorrente, nonostant arresti giurisprudenziali di legittimità secondo i quali il sequestro prev funzionale alla futura confisca non possa eccedere, per ciascuno dei conc.orren la misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile. La se impugnata, pertanto, aveva commesso un duplice errore: da ur lato assommando apoditticamente tutti i profitti; dall’altro, non considera i mancata dimostrazione che la ricorrente avesse ottenuto un profitto, con conseguenza che, in mancanza di tale dimostrazione, la misura della quota profitto a lei attribuibile dovrà essere pari a zero. Conclude, pertanto, chie di annullare la confisca o, in subordine, di rimettere alle Sezioni Unite il se, in caso di pluralità di imputati, quali concorrenti in un medesimo reato disporsi la confisca per equivalente di beni corrispondenti al prezzo o al pr del reato, senza eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della criot prezzo o profitto a lui attribuibile ovvero se invece è possibile disporre a solo dei concorrenti la confisca dell’intero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dall’id. 12 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, dispone: «Le pene stabilite per i d al cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal conc:orre nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionist intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione commercializzazione di modelli di evasione fiscale».
E’ stato affermato che la circostanza di cui all’ad. 13-bis, comma 3, d lgs. n. 74 del 2000 sviluppa le indicazioni della legge delega, la quale preved revisione delle sanzioni sulla base anche di «criteri di predeterminazior e proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti», perché attribui specifico rilievo a condotte che si manifestano «attraverso l’elaborazior e commercializzazione di modelli di evasione fiscale», e che, quindi, sono dc tate caratteri di diffusività e sistematicità, e, come tali, connotate da par pericolosità (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281589 – 08).
La giurisprudenza è concorde nel rilevare la necessità di un iupl presupposto, uno soggettivo, concernente la qualifica soggettiva dell’agente l’altro oggettivo, riguardante la tipologia della condotta contestata, nor necessità della serialità e ripetitività della stessa (cfr., per tutte, Sez. 3
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del 03/04/2019, COGNOME, Rv. 277831-01 e Sez. 3, n. 1999 del 14/11/201 7 , dei:. 2018, Addonizio, Rv. 272713-01).
La «serialità» si ritiene possa consistere «nel ricorso a iniziative alusive sistematiche, perché già sperimentate in casi analoghi, e perché comunque riproducibili in futuro a beneficio di altri potenziali evasori», quale «adesior e a un ben preciso modello comportamentale che, in quanto elaborato o applicatc da un esperto del settore, denota la maggiore pericolosità del fatto, stante ar che la possibilità di replica del sistema di operazioni preordinate all’illecito in favore una pluralità indifferenziata di altri utenti» (così Sez. 3, n. 36212 del 2019, cit in motivazione). Ed ancora, «l’elabora zione di modelli di evasione f scale» può consistere in un’attività di svolgimento e di sviluppo, in concreto, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale, sempre che tale attività sia svolta in modo SE date e ripetitivo, oltre che da un professionista o un intermediario finanziario o bencario nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale, o in concorso con un scggetto dotato di una delle qualità appena precisate (Sez. 3, n. 2351 del 18/11(2022, Almanza, Rv. 284057).
Nella specie, i giudici di merito hanno accertato che la ricorrente ara un professionista abilitato, in quanto iscritta all’albo dei commercialisti di COGNOME amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di “consulenza amministrativa”, oltre che titolare di partita IVA come professionista, ed ella, avvalendosi di tale qualifica professionale, come consulente di diverse società (ben diciotto), in concorso con i legali rappresentanti delle ditte clienti, per più anni di imposta ed in modo ripetuto, aveva predisposto dichiarazioni fiscali utilizzando in compensazione crediti inesistenti, attraverso il codice tributo 6700 (non più in vigore dopo il 31.12.2008) e il codice tributo 2300 (saldo IRES, in mancanza di versarrenti in acconto o di IRES negativa), con un danno complessivo per l’erario di i:irca 2 milioni di euro, considerando soltanto gli episodi contestati (altri episodi non erano stati contestati perché non superavano la soglia di punibilità). Sottolinea il giudice di primo grado che, diversamente da quanto sostenuto in ricerso, il sistema fraudolento era stato organizzato in modo tale da non permettere alcun incrocio tra i dati sia da parte dell’INPS, sia da parte dell’Agenzia delle Entrate, tanto che i sistemi informatici di detti enti non avevano rilevato alcuna anomalia. In particolare, mancavano le comunicazioni di accesso al credito e non era stato compilato il quadro RU delle dichiarazioni, in tal modo non consentendo ai sistemi informatici di incrociare i dati e rilevare eventuali anomalie. Il Tribunal di Brindisi osserva pertanto come ciò presupponesse una specifica cono3cenza dei sistemi di controllo dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS ed una peculiare
competenza nell’utilizzo di software applicativi, oltre alla necessità di fo -zare il sistema di trasmissione telematica imposto dall’utilizzo del codice tributc 6700, non più in vigore. Tanto che, negli episodi contestati in rubrica, il sistema di indebita compensazione risulta essere stato utilizzato con riferimento a diciotto diverse società e per anni di imposta che vanno dal 2012 al 2016.
In questo modo, i giudici di merito hanno correttamente affermato la responsabilità della ricorrente (cfr., Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713 – 01, secondo cui il consulente fiscale è responszibile, a titolo di concorso, per la violazione tributaria commessa dal cliente, qua ido, in modo seriale, ossia abituale e ripetitivo, attraverso l’elaborazione e commercializzazione di modelli di evasione, sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo ellen:e); ed altrettanto correttamente hanno ritenuto la sussistenza dei presupposti necessari per la sussistenza dell’aggravante, mettendo in luce, sulla base dei plurimi, univoci e convergenti elementi richiamati, come il descritto modello di compensazione indebita fosse elaborato da un professionista e suscett bile di essere utilizzato ripetutamente, per più anni di imposta in favore di un cospicuo numero di ditte contribuenti.
2. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
2.1 In via »preliminare, occorre richiamare l’affermazione costante di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 42195 del 21/09/2023, Rv. 285226 e Sez. 3, n. 1E57 del 27/09/2018, dep. 2019, Rv. 275474 e Sez. 3, n. 19994 del 21/09/2016, dep. 2017, Rv. 269763), secondo cui, in tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (e dunque anche della confisca ex art. 12 bis del d.lgs. n. 74 del 2000), costituisce profitto del -eato il risparmio di spesa o l’incremento patrimoniale concreto per il contribuente, determinati da qualsiasi artificiosa alterazione unilaterale dell’obblicazione tributaria che, fuori dei casi previsti dalla legge, comporti la sottrazione degl importi evasi alla destinazione fiscale, senza che rilevi che l’imposta evasa sia stata in concreto non pagata o indebitamente portata a credito dal contribuente.
E, dunque, se nei reati tributari il profitto del reato si identifica rei risparmio di spesa, nella fattispecie in esame esso coincide con il totale dell’importo portato a compensazione, ossia con il 100% del debito, )roprio perché il credito è inesistente: con la compensazione, cioè, l’agente otti ane un beneficio, il risparmio totale di spesa, utilizzando crediti inesistenti.
Coerentemente, è stato affermato che, in tema di omesso verszlmento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000, è legittimo il sequestro preventivo,
finalizzato alla confisca per equivalente, dell’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità e non alla sola parte che eccede la soglia di punibilità prevista dalla legge, in quanto il profitto del reato si identifica nel ‘int ammontare del tributo non versato (Sez. 6, n. 6705 del 16/12/2014, dep. 2015, Rv. 262394 – 01).
2.2 Nella fattispecie, la ricorrente è stata ritenuta responsabile, in concorso, delle fattispecie di reato ex art. 10-quater d.lgs. n. 74/2000 come individuate dalla Corte di merito, per aver predisposto dichiarazioni fiscali, utilizzando in compensazione crediti inesistenti, con corrispondente quantificazione del Profitto dei reati accertati cui è stato parametrato l’importo della confisca.
E, al conseguimento del profitto, non può ritenersi estranea la ricorrer te, dal momento che il concorso di persone nel reato implica l’imputazione del ‘intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrer te e il sequestro non è collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito (Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713 – 01, cit.; Sez. 3, rc 24967 del 14/05/2015, COGNOME, fattispecie quest’ultima relativa ad un professionista ritenuto concorrente, a titolo di istigazione, delle violazioni tributarie imputabili contribuente nell’interesse del quale espletava gli adempimenti fiscali).
2.3 Tuttavia, la Sesta Sezione di questa Corte, con la pronuncia n. 22935 del 05/03/2024, ha rilevato un contrasto interpretativo nella giurisprudE nza di legittimità sul tema della necessità o meno della ripartizione della confisca per equivalente del profitto del reato in caso di pluralità di concorrenti nel medesimo, se, cioè, tale misura possa comunque essere disposta per l’intero valere del profitto nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente dal consegu mento di una quota dello stesso o dalla misura di quella individualmente per:epita; oppure se l’ablazione indifferenziata possa avvenire soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognur o, non potendo altrimenti la confisca superare, per ciascuno di essi, il valore di tale quota; ovvero, ancora, se alla ripartizione debba provvedersi comunque, anche quando, cioè, non possa determinarsi la quota di profitto realizzata da c iascun concorrente, e, in questo caso, secondo quale criterio; precisando, infine, che tali questioni controverse si pongono in termini pressoché speculari anche con riferimento al sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in funzione strumentale a tal specie di confisca.
Conseguentemente, è stata sottoposta alle Sezioni Unite’ la questione di diritto «se, in caso di pluralità di concorrenti nel reato, la confisca p equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l’intero nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente da quanto da ognuno eventua mente
percepito, oppure se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile s:abi con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno; od ancora se, quest’ultimo caso, la confisca debba comunque essere ripartita tra i concc rre in base al grado di responsabilità di ognuno oppure in parti eguali, seccnd disciplina civilistica delle obbligazioni solidali».
Le Sezioni Unite hanno affrontato la questione all’udienza del 26/09/21)24 e è Stata pubblicata la seguente informazione provvisoria: «In caso di cono)rso persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confi disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto d medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto cll prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizi parti uguali. I medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato confisca per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazi allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti».
La sentenza impugnata non è in linea con l’indirizzo espresso dalle sezio Unite, poiché afferma come il sequestro preventivo funzionale alla confisca poss essere disposto, sì entro i limiti quantitativi del profitto, ma indifferentenne confronti di uno o più tra i diversi concorrenti allo stesso reato, non e ricollegabile all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, berpà corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito.
Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza con rinvio alla C )rte appello di lecce affinchè riesamini la pronuncia sulla confisca alla luc principio affermato dalle Sezioni Unite.
3. La non manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso e la fondatezza del terzo rendono il rapporto processuale validamente instaurato e la se ite della Corte di appello di Lecce in data 23/10/2023 deve essere annullata sen rinvio limitatamente alle condotte di cui all’anno di imposta 2014 contes:at capi 1) e 2) dell’imputazione (quest’ultima con riguardo all’addebito r2la all’anno di imposta 2014 residuato all’esito del giudizio di appello) p€ r relativi reati sono estinti per prescrizione.
E’ infatti principio del tutto pacifico che l’obbligo di dichiarazione imrr di una causa di non punibilità determina l’annullamento senza rinvic de sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di presc-izio del reato.
In specie, il termine massimo di prescrizione di anni sette e mesi considerati i periodi di sospensione della prescrizione intervenuti dal 24/10/ al 12/07/2018 in primo grado e dal 14/02/2022 al 05/12/2022 in secondo grado
per complessivi 555 giorni, è maturato limitatamente alle condotte relative all’anno di imposta 2014, contestate ai capi 1 e 2 dell’imputazione e commesse sino al 16/12/2014, termine di prescrizione maturato il 23/12/2023.
Poiché i giudici di merito avevano assunto come pena base la pena del reato contestato al capo 1, considerato come reato più grave, segue il rirvio ad un’altra sezione della Corte di appello di Lecce per la rideterminaziene del trattamento sanzionatorio; nel contempo, ai sensi dell’art. 624, comma 2, coi proc. pen., deve essere dichiarata l’irrevocabilità dell’affermazic ne di responsabilità in ordine ai reati residui.
Conseguentemente, il secondo motivo di ricorso sul trattzi mento sanzionatorio resta assorbito perché la rideternninazione del trattiimento sanzionatorio è interamente devoluta al giudice di rinvio.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senzz, rinvio limitatamente alle condotte di cui all’anno di imposta 2014 contestate ai :api 1) e 2) dell’imputazione perché i relativi reati sono estinti per prescrizione, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per le determinai ioni in ordine al trattamento sanzionatorio quanto alle residue imputazioni e alla confisca; relativamente alla confisca, il giudice del rinvio dovrà cons derare anche le condotte dichiarate prescritte da questa Corte, alla iUCE della disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen., rendendosi al djuardo necessarie valutazioni di merito non consentite in questa sede. Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle condotte di cui all’anno di imposta 2014 contestate ai capi 1) e 2) dell’imputazione perché i relativi reati sono estinti per prescrizione e rinvia ad altra sezione della CDrte di appello di Lecce per le determinazioni in ordine al trattamento sanziona orio e alla confisca. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 29/10/2024