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Confisca reati tributari: come ridurla con l’accordo

Un imprenditore, condannato per reati tributari tramite patteggiamento, ha impugnato la sentenza lamentando l’eccessivo ammontare della confisca disposta. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che in tema di confisca per reati tributari, il giudice deve sottrarre dall’importo da confiscare le somme che l’imputato si è impegnato a versare all’erario tramite accordi formali, come l’accertamento con adesione, e quelle già pagate. La sentenza è stata annullata con rinvio per un nuovo calcolo della confisca.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Reati Tributari: La Cassazione Stabilisce i Limiti in Caso di Pagamento del Debito

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13835/2024) ha fornito chiarimenti fondamentali sui limiti della confisca per reati tributari nel caso in cui il contribuente abbia già intrapreso un percorso di definizione del debito con l’erario. La decisione sottolinea un principio cruciale: la misura patrimoniale non può ignorare gli accordi formali e i pagamenti già effettuati, dovendo riflettere il profitto effettivo del reato ancora nella disponibilità dell’imputato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un imprenditore individuale accusato del delitto previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000, per aver utilizzato fatture relative a operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte sui redditi e l’IVA. Con una sentenza di patteggiamento, il Giudice per l’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Aosta aveva applicato una pena di 10 mesi di reclusione (convertita in pena pecuniaria) e disposto la confisca di beni per un valore complessivo di oltre 73.000 euro.

Tuttavia, l’imprenditore, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’importo della confisca fosse palesemente errato e sproporzionato.

L’Appello e la Violazione della Norma sulla Confisca per Reati Tributari

Il motivo centrale del ricorso si basava sulla violazione dell’art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000. La difesa ha evidenziato due punti fondamentali:

1. Accordo con il Fisco: L’imputato aveva già concluso un “accertamento con adesione” con l’Agenzia delle Entrate, che aveva ricalcolato il debito tributario in misura notevolmente inferiore rispetto a quanto contestato inizialmente nel procedimento penale.
2. Pagamenti Effettuati: Era stata ottenuta una rateizzazione del debito e l’imputato aveva già provveduto al versamento di diverse rate, per un totale di oltre 11.000 euro.

Nonostante queste circostanze fossero state documentate, il GUP aveva disposto la confisca per l’intero importo originario, senza fornire alcuna motivazione e, anzi, contraddicendo una sua precedente ordinanza con cui aveva ridotto un sequestro preventivo proprio sulla base di tale documentazione.

Il Principio dell’Art. 12-bis D.Lgs. 74/2000

La norma richiamata dalla difesa (art. 12-bis, comma 2) stabilisce che la confisca, diretta o per equivalente, “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”. Questa disposizione mira a incentivare la regolarizzazione del debito tributario, prevedendo che gli impegni formali assunti con l’amministrazione finanziaria (come l’accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale o le rateizzazioni) neutralizzino la misura ablativa penale per la parte corrispondente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando la sentenza limitatamente all’ammontare della confisca. I giudici di legittimità hanno censurato l’operato del GUP per due ragioni principali.

In primo luogo, il giudice di merito ha completamente omesso di valutare l’esito dell’accertamento con adesione, un documento correttamente depositato agli atti che riduceva significativamente il perimetro del profitto del reato. Questa omissione è risultata ancora più grave perché in contrasto con una precedente decisione dello stesso giudice, che aveva riconosciuto la validità di tale accordo.

In secondo luogo, l’organo giudicante ha mancato di verificare l’effettiva entità del debito residuo, non tenendo conto né della rateizzazione ottenuta né dei versamenti già eseguiti dall’imputato. La confisca, infatti, deve avere come oggetto il profitto del reato che è ancora nella disponibilità del reo al momento della decisione, e non può duplicare somme già restituite allo Stato.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante promemoria del corretto rapporto tra procedimento penale tributario e procedure di definizione con il Fisco. La Corte di Cassazione ribadisce che il giudice penale non può ignorare gli accordi formali e i pagamenti effettuati dal contribuente. La confisca per reati tributari non è una sanzione automatica e fissa, ma una misura che deve essere parametrata all’effettivo profitto illecito residuo. Per i contribuenti, ciò significa che avviare tempestivamente un dialogo con l’amministrazione finanziaria e adempiere agli accordi presi non solo regolarizza la posizione fiscale, ma ha anche un impatto diretto e positivo sulla potenziale aggressione del patrimonio in sede penale.

Se un contribuente si accorda con il Fisco per pagare un debito tributario, la confisca penale può ancora essere applicata per l’intero importo evaso?
No. Secondo la sentenza, la confisca per reati tributari non si applica per la parte di debito che il contribuente si impegna a versare all’erario tramite accordi formali come l’accertamento con adesione o la rateizzazione.

I pagamenti parziali del debito tributario, effettuati prima della sentenza, hanno effetto sull’ammontare della confisca?
Sì. Il giudice deve tenere conto dei versamenti già effettuati per ridurre l’importo della confisca, la quale deve corrispondere al profitto del reato ancora nella disponibilità dell’imputato, non all’importo originariamente evaso.

Cosa succede se il giudice di primo grado ignora le prove di un accordo con l’Agenzia delle Entrate?
La sentenza che dispone una confisca senza valutare un accordo formale con il Fisco, come l’accertamento con adesione, è viziata. Come stabilito in questo caso, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza su questo punto, rinviando il caso a un nuovo giudice per ricalcolare correttamente l’importo da confiscare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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