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Confisca quote societarie: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che disponeva l’acquisizione totale da parte dello Stato di beni societari. La decisione è scaturita da una errata valutazione sull’indivisibilità delle quote. A seguito della confisca di quote societarie del 40% appartenenti a un soggetto, i fratelli comproprietari del restante 60%, assolti da ogni accusa, si erano visti negare la restituzione. La Suprema Corte ha stabilito che il Tribunale ha travisato la perizia tecnica, la quale non affermava l’indivisibilità delle quote, ma solo quella dei singoli beni immobili, proponendo di fatto una loro divisione per valore. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca di Quote Societarie e Buona Fede: L’Analisi della Cassazione

La gestione dei beni in comproprietà diventa particolarmente complessa quando interviene una misura di prevenzione patrimoniale. Con la sentenza n. 20998 del 2024, la Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sulla confisca di quote societarie, delineando i confini tra indivisibilità dei beni e divisibilità delle quote, e il ruolo della buona fede dei terzi comproprietari. Questa decisione annulla un provvedimento che aveva esteso la confisca all’intera proprietà societaria, basandosi su un’errata interpretazione di una perizia tecnica.

Il Caso: Dalla Confisca Parziale all’Acquisizione Totale

La vicenda giudiziaria ha origine dalla confisca di prevenzione disposta sui beni di tre fratelli, soci di due società immobiliari. Inizialmente, la misura colpiva tutte le quote. Successivamente, la Corte d’Appello riformava parzialmente la decisione, rendendo definitiva la confisca solo per il 40% delle quote, appartenenti a uno dei fratelli, mentre revocava la misura per il restante 60%, di proprietà degli altri due.

A seguito di questa decisione, l’Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati richiedeva lo scioglimento della comunione sulle quote. Il Tribunale, nominato un perito, concludeva per l’indivisibilità dei beni e, ritenendo non provata la buona fede dei due fratelli comproprietari, disponeva l’acquisizione dell’intero patrimonio societario allo Stato. I due fratelli, le cui quote avrebbero dovuto essere restituite, proponevano quindi ricorso per Cassazione.

L’Errore del Tribunale sulla Confisca di Quote Societarie

Il nucleo del ricorso si è concentrato su un punto cruciale: il travisamento del contenuto della perizia da parte del Tribunale. I ricorrenti hanno sostenuto che il giudice di merito avesse erroneamente dichiarato l’indivisibilità delle quote societarie, confondendola con l’indivisibilità materiale dei singoli immobili di proprietà delle società. L’applicazione della procedura prevista dall’art. 48, comma 7-ter, del Codice Antimafia, che permette l’acquisizione totale del bene in caso di indivisibilità e mala fede del terzo, si fondava quindi su un presupposto di fatto errato.

Infatti, i ricorrenti evidenziavano come la perizia non solo non sancisse l’indivisibilità delle quote, ma proponesse concretamente un “progetto divisionale” volto a raggruppare i beni immobili in lotti di valore corrispondente al 40% (da assegnare allo Stato) e al 60% (da restituire ai ricorrenti), realizzando così una divisione ideale delle quote.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il ragionamento della Suprema Corte si è basato sulla netta distinzione tra l’indivisibilità dei singoli beni immobili (di proprietà delle società) e la divisibilità delle quote societarie (oggetto della comunione tra Stato e ricorrenti).

I Giudici hanno stabilito che il Tribunale è incorso in un “travisamento del contenuto della perizia”, equivocando la rilevata indivisibilità dei singoli immobili con l’indivisibilità delle quote stesse. La perizia, al contrario, aveva individuato una soluzione per lo scioglimento della comunione attraverso una divisione ideale, raggruppando i vari immobili in modo da rispettare le percentuali di proprietà.

Di conseguenza, venendo meno il presupposto dell’indivisibilità delle quote, l’ordinanza impugnata è stata annullata. La Cassazione ha specificato che la valutazione sulla buona fede dei comproprietari diventa rilevante solo e soltanto nell’ipotesi in cui le quote siano effettivamente indivisibili. In caso contrario, come sembra emergere dalla perizia, si deve procedere allo scioglimento della comunione, assegnando a ciascuna parte i beni corrispondenti alla propria quota.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto fondamentale: la valutazione sull’indivisibilità, ai fini della confisca di quote societarie in comproprietà, deve riguardare le quote stesse e non i singoli beni che compongono il patrimonio della società. Se le quote sono divisibili, anche attraverso un progetto che ripartisca i beni sottostanti per valore, si deve procedere alla divisione, restituendo al comproprietario di buona fede la sua parte. La questione della buona fede, peraltro, deve tenere conto di tutti gli elementi a favore del terzo, inclusa la sua completa assoluzione in sede penale e di prevenzione, come nel caso di specie. Il caso è stato quindi rinviato al Tribunale per un nuovo esame che dovrà attenersi a questi principi.

Quando si valuta la buona fede del comproprietario in caso di confisca di quote societarie?
Secondo la Corte, la valutazione della buona fede del comproprietario è necessaria solo nell’ipotesi in cui le quote societarie oggetto di comunione siano ritenute effettivamente indivisibili. Se le quote sono divisibili, si procede direttamente allo scioglimento e alla divisione senza analizzare la buona fede.

La confisca di una quota di una società si estende automaticamente a tutti i beni della società?
No. La confisca riguarda le quote societarie e non direttamente i beni. La sentenza chiarisce che l’indivisibilità dei singoli beni immobili di proprietà della società non implica automaticamente l’indivisibilità delle quote. È possibile procedere a una divisione “ideale” delle quote raggruppando i beni per valore.

L’assoluzione da un reato associativo è rilevante per dimostrare la buona fede in un procedimento di confisca?
Sì. La Corte sottolinea che, qualora si dovesse procedere alla valutazione della buona fede, il giudice deve tenere in debita considerazione il fatto che i comproprietari siano stati “radiografati” in sede penale e di prevenzione e ne siano usciti indenni da ogni conseguenza negativa, poiché ciò attesta un comportamento esente da censure.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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