LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca profitto reato: l’intero ricavato va incluso

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di autoriciclaggio, la confisca del profitto del reato deve riguardare l’intero ricavato della vendita illecita e non solo la plusvalenza. Nel caso esaminato, una galleria d’arte aveva venduto un’opera d’arte di provenienza illecita. La Corte ha chiarito che l’operazione costituisce un “reato-contratto”, rendendo l’intero negozio giuridico contaminato dall’illiceità. Di conseguenza, i costi sostenuti per l’acquisto del bene non possono essere detratti dal profitto confiscabile. La sentenza ha inoltre precisato che la confisca obbligatoria non è nella disponibilità delle parti durante il patteggiamento, e il giudice non è vincolato da eventuali accordi sul punto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Profitto Reato: La Cassazione chiarisce che si confisca l’intero ricavato

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione Penale ha affrontato un tema cruciale in materia di reati economici: la corretta quantificazione della confisca del profitto del reato di autoriciclaggio. La decisione stabilisce un principio rigoroso: quando l’attività illecita si realizza attraverso un contratto di vendita, il profitto da confiscare è l’intero ricavato, senza possibilità di dedurre i costi sostenuti per acquisire il bene di provenienza delittuosa.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava una galleria d’arte e il suo legale rappresentante, accusati del reato di autoriciclaggio per aver venduto un prezioso dipinto. L’opera d’arte era, a sua volta, il provento di un precedente reato di ricettazione commesso da un’altra persona. La galleria aveva acquistato il quadro per 280.000 euro e lo aveva successivamente rivenduto a un terzo per 750.000 euro.

Il Giudice per le indagini preliminari, in sede di patteggiamento, aveva disposto la confisca dell’intera somma di 750.000 euro. Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il profitto del reato di autoriciclaggio dovesse essere individuato solo nella plusvalenza realizzata, ovvero nei 470.000 euro ottenuti dalla differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto. A loro avviso, confiscare l’intero importo avrebbe significato duplicare la misura ablativa e punire oltre il vantaggio economico effettivamente conseguito.

L’analisi della Cassazione sulla confisca del profitto del reato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti sul concetto di profitto e sulla sua confiscabilità, specialmente quando l’illecito è commesso nell’interesse di un ente (società) e si configura come “reato-contratto”.

Il concetto di “Reato-Contratto” e le sue conseguenze

Il punto centrale della motivazione risiede nella qualificazione dell’operazione come “reato-contratto”. Secondo la Corte, nel delitto di autoriciclaggio realizzato tramite la vendita di un bene illecito, la condotta criminale si immedesima con il negozio giuridico stesso. La stipula del contratto non è un’attività lecita a cui si aggiunge un profitto illecito; è l’intera operazione contrattuale ad essere “integralmente contaminata da illiceità”.

Questa impostazione ha una conseguenza fondamentale: se l’intero contratto è illecito, non è possibile distinguere tra “costi leciti” e “utili illeciti”. Il prezzo pagato per acquistare il quadro (280.000 euro) non è un costo operativo deducibile, ma parte di un'”attività intrinsecamente criminosa”. Pertanto, il profitto del reato coincide con l’intero ricavato derivante dall’operazione illecita, ovvero 750.000 euro.

Confisca Obbligatoria e Patteggiamento

Un altro argomento dei ricorrenti riguardava la presunta violazione del principio di affidamento, poiché in fase cautelare era stata sequestrata solo la somma corrispondente alla plusvalenza. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, chiarendo la natura della confisca del profitto del reato nel contesto del patteggiamento.

La Corte ha ribadito che la confisca, quando prevista come obbligatoria dalla legge (come nel caso dell’art. 648-quater cod. pen. e dell’art. 19 D.Lgs. 231/2001), è una misura sottratta alla disponibilità delle parti. Anche se le parti si accordano sulla pena, non possono negoziare l’applicazione o l’entità della confisca. Il giudice rimane obbligato a disporla nella misura corretta prevista dalla legge e non è vincolato da quanto indicato dalle parti o disposto in fase cautelare.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su una lettura rigorosa della normativa e della giurisprudenza consolidata. Le motivazioni principali possono essere così sintetizzate:
1. Natura del Profitto nel Reato-Contratto: Quando l’illecito penale si identifica con la conclusione di un contratto, il profitto non è solo l’utile netto, ma l’intero vantaggio economico che deriva dall’operazione, poiché l’intera attività è illecita. Non vi è spazio per una differenziazione tra costi e ricavi come in un’attività lecita.
2. Indisponibilità della Confisca Obbligatoria: La confisca obbligatoria è un atto dovuto per il giudice. Esula dall’area di negozialità del patteggiamento e deve essere applicata conformemente alla legge, a prescindere dall’accordo tra accusa e difesa.
3. Distinzione tra Fase Cautelare e di Merito: Le decisioni prese in fase cautelare (come il sequestro preventivo) non vincolano il giudice del merito, che deve determinare l’esatta entità della confisca al momento della sentenza definitiva.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento di grande rigore nella lotta alla criminalità economica. Stabilendo che la confisca del profitto del reato di autoriciclaggio deve colpire l’intero ricavato lordo dell’operazione illecita, la Corte di Cassazione lancia un messaggio chiaro: nessuna componente del provento criminale può essere legittimata o sottratta all’ablazione statale. Questa interpretazione rafforza l’efficacia deterrente della confisca, assicurando che il crimine non solo non paghi, ma comporti la perdita totale dei beni coinvolti nell’operazione delittuosa.

Come si calcola il profitto da confiscare in un reato di autoriciclaggio che si realizza tramite un contratto di vendita?
Secondo la sentenza, il profitto confiscabile corrisponde all’intero ricavato ottenuto dalla vendita del bene di provenienza illecita. Non si deve calcolare solo la plusvalenza (differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto), poiché l’intera operazione contrattuale è considerata illecita.

È possibile dedurre i costi sostenuti per l’acquisto del bene illecito dal profitto da confiscare?
No. La Corte ha stabilito che, trattandosi di un’attività “intrinsecamente criminosa” e di un “reato-contratto”, i costi sostenuti per l’acquisto del bene fanno parte dell’operazione illecita e, pertanto, non possono essere dedotti dal ricavato totale ai fini della determinazione del profitto confiscabile.

In un patteggiamento, l’accordo tra le parti sull’importo da confiscare è vincolante per il giudice?
No. La confisca, se prevista dalla legge come obbligatoria, è una misura sottratta alla disponibilità delle parti. Il giudice non è vincolato dall’accordo eventualmente raggiunto tra accusa e difesa sulla quantificazione del profitto e ha il dovere di disporre la confisca nella misura corretta prevista dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati