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Confisca profitto reato: limiti e presupposti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza riguardo la confisca di denaro a un soggetto condannato per spaccio. La Corte ha stabilito che la confisca del profitto del reato può applicarsi solo alle somme che sono una conseguenza diretta e provata dei crimini specifici contestati, e non a tutto il denaro contante trovato in possesso dell’imputato, anche se di origine incerta. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione, che potrebbe includere l’esame della sproporzione tra la somma e i redditi leciti secondo la nuova legislazione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca profitto reato: la Cassazione stabilisce i confini

La confisca del profitto del reato rappresenta uno strumento fondamentale per colpire le attività illecite nel loro aspetto patrimoniale. Tuttavia, la sua applicazione deve seguire criteri rigorosi per non trasformarsi in una sanzione indiscriminata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 6, Num. 317/2025) interviene proprio su questo punto, tracciando una linea netta tra ciò che può essere considerato profitto diretto del crimine e ciò che invece resta una mera presunzione. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: La Confisca Contestata

Il caso riguarda un individuo condannato, tramite patteggiamento, per cessione e detenzione di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena detentiva, il giudice di primo grado aveva disposto la confisca di 6.600 euro in contanti, trovati in possesso dell’imputato. La motivazione di tale confisca si basava sull’idea che quella somma fosse il “profitto dell’attività di spaccio”.

La difesa ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo l’illogicità della motivazione. In particolare, ha evidenziato che:

* Le cessioni di droga specificamente contestate ammontavano a un ricavo di soli 500 euro.
* L’imputato aveva un conto corrente con un saldo di oltre 25.000 euro, alimentato dal suo stipendio, e aveva effettuato prelievi per circa 1.938 euro in un determinato periodo. Almeno questa somma, quindi, aveva un’origine lecita.
* La semplice mancanza di una giustificazione per il resto del contante non poteva automaticamente portare alla conclusione che si trattasse di denaro illecito derivante dal reato contestato.

La Decisione della Corte: Annullamento con Rinvio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. Ha stabilito che l’impugnazione sulla confisca è ammissibile anche in caso di patteggiamento, poiché riguarda la legalità di una misura di sicurezza. Nel merito, ha annullato la sentenza limitatamente alla parte relativa alla confisca del denaro, rinviando il caso al giudice di primo grado per una nuova e più approfondita valutazione.

Le Motivazioni: I Limiti alla Confisca del Profitto del Reato

Il cuore della decisione risiede nella definizione di “profitto del reato”. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il profitto confiscabile è solo il vantaggio economico che deriva in via immediata e diretta dal reato oggetto di contestazione. Deve esistere una correlazione diretta e una stretta affinità tra il vantaggio patrimoniale e l’illecito specifico per cui si è stati condannati.

Applicando questo principio al caso di specie, la Corte ha chiarito che:

1. Correlazione Diretta: Il profitto poteva essere costituito unicamente dalle somme ottenute dalle specifiche vendite di droga menzionate nel capo d’imputazione. Non si può presumere che tutto il denaro contante trovato provenga da attività di spaccio.
2. Esclusione di Altre Condotte: La semplice detenzione di droga o eventuali cessioni a titolo gratuito non generano un profitto economico e, pertanto, non possono giustificare la confisca. Allo stesso modo, non si può confiscare denaro ipotizzando che provenga da altre attività illecite, non contestate nel processo.
3. Nuovi Strumenti Normativi: La Corte ha inoltre indicato al giudice del rinvio una possibile strada alternativa. Quest’ultimo dovrà valutare se la somma sia sproporzionata rispetto ai redditi leciti del ricorrente e se la sua provenienza sia ingiustificata. In tal caso, potrebbe essere applicata la confisca prevista dall’art. 85-bis del d.P.R. 309/1990, una misura di prevenzione patrimoniale che non ha natura punitiva e può essere applicata retroattivamente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza è di fondamentale importanza perché rafforza il principio di legalità e il nesso di causalità nell’applicazione della confisca del profitto del reato. Si impedisce che la confisca diventi uno strumento automatico e presuntivo, richiedendo invece un accertamento rigoroso del legame tra il bene e il crimine. Per l’accusa, ciò significa dover provare in modo specifico che le somme sequestrate sono il risultato diretto delle condotte illecite contestate. Per la difesa, apre la possibilità di contestare efficacemente le confische basate su motivazioni generiche o presuntive, anche in sede di patteggiamento, valorizzando la provenienza lecita di parte del patrimonio.

È possibile confiscare tutto il denaro trovato in possesso di una persona condannata per spaccio?
No, secondo la sentenza, la confisca del profitto del reato può riguardare solo le somme che sono provatamente il corrispettivo diretto delle specifiche cessioni di droga contestate nell’imputazione. Non può estendersi a tutto il denaro contante, la cui provenienza illecita sia solo presunta o ipotetica.

La confisca del profitto del reato è ammissibile in una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma anche in caso di patteggiamento, la statuizione sulla confisca deve essere motivata e rispettare i principi di legge. Se la motivazione è mancante o illogica, la sentenza può essere impugnata in Cassazione su questo specifico punto, in quanto si tratta di una ‘illegalità della misura di sicurezza’.

Quali criteri deve seguire il giudice per disporre la confisca?
Il giudice deve accertare una correlazione diretta e immediata tra il bene da confiscare (il denaro) e il reato specifico per cui si procede. Il profitto deve derivare direttamente dalle condotte contestate (le vendite) e non da altre attività illecite non oggetto del processo o dalla semplice detenzione della sostanza. In alternativa, può valutare la confisca per sproporzione se il bene è ingiustificato rispetto ai redditi leciti, secondo la normativa specifica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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