Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 317 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 317 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Vito al Tagliamento (PN) il 10/04/1996
avverso la sentenza del 12/06/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone;
letti gli atti del procedimento, il ricorso ed il provvedimento impugnato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con atto del proprio difensore, NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa all’udienza preliminare del 12 giugno scorso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone, con la quale gli è stata applicata la pena ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., per il reato di cu all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver ceduto sostanza stupefacente del tipo hashish a due consumatori ed averne detenuto un ulteriore quantitativo pari a circa 1.280 dosi medie singole, nonché è stata disposta la confisca del denaro sequestratogli, pari a 6.600 euro in contanti.
Con il ricorso si deducono violazione di legge e vizi della motivazione su tal ultimo punto.
Premesso che, non avendo la sentenza indicato espressamente la disposizione di legge a mente della quale la confisca è stata disposta, e dovendo ritenersi che ciò sia avvenuto a norma dell’art. 240, comma 1, cod. pen., o 73, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, giacché detta somma è stata ritenuta «profitto dell’attività di spaccio e/o cosa pertinente al reato di cessione di sostanza stupefacente», il ricorrente censura come illogica la relativa motivazione, che è fondata essenzialmente su tre argomenti: a) la compatibilità tra quella somma ed il corrispettivo delle cessioni effettuate all’acquirente Visintin tra gennaio ed agosto 2021 e gennaio ed aprile 2022, oggetto d’imputazione; b) la titolarità, da parte dell’imputato, di un conto corrente bancario, con un saldo di oltre 25.000 euro, ove riceve l’accredito dello stipendio; c) il prelievo dallo stesso, nel periodo dal 31 gennaio al 14 aprile 2022, di complessivi 1.938 euro: di una somma, quindi, nettamente inferiore a quella in contanti rinvenuta in suo possesso, e perciò tale da far ritenere che egli disponesse di fonti illecite di guadagno.
Replica a tali osservazioni il ricorso:
-che, stando all’imputazione, COGNOME avrebbe acquistato droga dall’imputato in circa venticinque occasioni per il prezzo di venti euro per volta, ammontando perciò il complessivo ricavo a 500 euro, e dunque ad una somma nettamente inferiore a quella confiscata;
che, secondo quanto rilevato dalla stessa sentenza sull’esistenza di prelievi di contante dal conto corrente bancario, la somma detenuta dall’imputato, quanto meno per l’ammontare di quelli, pari a 1.938 euro, non potrebbe considerarsi profitto del reato;
che la mancata giustificazione dell’ulteriore somma detenuta non legittima l’inferenza della derivazione di essa dal reato oggetto d’addebito, e quindi dell’assoggettabilità a confisca come relativo profitto, ben potendo quelle
disponibilità provenire da ulteriori ma diversi reati, se non proprio da attività non illecite o, quanto meno, non tali per il diritto penale;
che, comunque, la sentenza ha tenuto in considerazione le operazioni bancarie successive al 31 gennaio 2022, nulla permettendo di escludere che detta liquidità fosse conseguenza dell’accumulo di precedenti prelevamenti.
Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l’annullamento della sentenza con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, anzitutto, è ammissibile.
In tema di applicazione di pena su richiesta delle parti, la doglianza relativa alla mancata motivazione circa la confisca può essere oggetto di ricorso per cassazione, anche se la sentenza sia stata emessa dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ad opera dell’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, trattandosi di un’ipotesi di “illegalità della misura di sicurezza”, perciò rilevante come violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., e comunque riguardando un aspetto della decisione estraneo all’accordo sull’applicazione della pena (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279348).
Nel merito, poi, l’impugnazione è fondata.
La confisca è stata giustificata in sentenza sul presupposto della natura di detta somma quale «profitto dell’attività di spaccio e/o cosa pertinente al reato di cessione di sostanza stupefacente»: quindi – come correttamente dedotto dal difensore – a norma dell’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990.
A tal proposito, va precisato che il “profitto” del reato consiste nel vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta da esso. Il criterio selettivo di ciò che può essere confiscato a titolo di profitto, dunque, è rappresentato dalla pertinenzialità della cosa rispetto al reato: occorre, cioè, una correlazione diretta del vantaggio con il reato ed una stretta affinità con l’oggetto di questo, escludendosi qualsiasi estensione indiscriminata o dilatazione indefinita a qualsiasi vantaggio patrimoniale che possa comunque scaturire dall’illecito (per tutte, Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 239924; Sez. U, n. 10280 del 25/10/2007, COGNOME, Rv. 238700; nonché, quantunque non massimate su tali specifici punti: Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert; Sez. U, n. 38691 del
25/06/2009, COGNOME; Sez. U, n. 29952 del 24/05/2004, COGNOME; Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, COGNOME; Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, COGNOME);
Occorre avere riguardo, però, allo specifico reato oggetto di contestazione, quand’anche la tipologia e le modalità esecutive dello stesso – come sovente accade nella materia degli stupefacenti – rendano logicamente probabile, l’esistenza di precedenti condotte analoghe, tuttavia ipotizzabili solo in astratto.
4 Tanto premesso, al ricorrente si addebita di avere venduto sostanza stupefacente ad una persona per circa venticinque volte nell’arco di poco più d’un anno, di averne ceduta in qualche occasione ad un altro soggetto a titolo gratuito e di averne detenuto un quantitativo più ampio.
Ne consegue che potrebbero qualificarsi come “profitto” del reato soltanto le somme corrispondenti ai corrispettivi ottenuti dalle vendite, non potendo ritenersi derivato dalla semplice detenzione, come pure dalle cessioni gratuite, alcun vantaggio economico in via immediata e diretta. Non può rilevare, infatti, l’ipotetica provenienza di quel denaro da precedenti attività illecite, quand’anche dello stesso tipo, che, peraltro, sono al più presumibili e che, comunque, esulano dalla contestazione.
Valuterà, inoltre, il giudice di merito se detta somma sia sproporzionata rispetto ai redditi leciti del ricorrente e quegli non ne abbia giustificato provenienza mediante verificabili allegazioni, potendo in tal caso essere sottoposta a confisca ai sensi dell’art. 85-bis, d.P.R. n. 309, cit..
Questa misura, infatti, è applicabile – per effetto dell’art. 4, comma 3-bis, dl. 15 settembre 2023, n. 123, conv. dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 – anche in caso di condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 5, stesso d.P.R., non avendo essa carattere sanzionatorio, punitivo, né, dunque, natura penale, ma costituendo piuttosto la naturale conseguenza dell’illecita acquisizione dei beni ad essa assoggettabili (così, in motivazione, Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, Rizzi, Rv. 285852, con richiami a Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, COGNOME, cit.; Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella; Corte cost., sentenza n. 24 del 2019).
Ne consegue che essa si applica retroattivamente, entro i limiti previsti dall’art. 200, comma primo, cod. pen., e, per l’individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado (così Sez. 6, n. 213 del 22/11/2023, dep. 03/01/2024, Osawaru, Rv. 285602; Sez. 4, n. 14095 del 20/03/2024, COGNOME, Rv. 286103).
La sentenza impugnata dev’essere, dunque, annullata, limitatamente alla statuizione di confisca, con rinvio al competente giudice di merito per un nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro e rinvia al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone per nuovo giudizio sul punto.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.