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Confisca profitto reato: Cassazione su calcolo certo

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per traffico di stupefacenti a carico di tre individui, ma ha annullato la confisca per equivalente del profitto del reato per due di essi. La Suprema Corte ha stabilito che la stima del profitto non può basarsi su calcoli presuntivi e approssimativi, ma deve corrispondere a un incremento patrimoniale effettivo, certo e quantificabile. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione sulla quantificazione del profitto da confiscare.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca del profitto da reato: la Cassazione richiede un calcolo certo e non presuntivo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4315 del 2024, ha affrontato un tema cruciale nel diritto penale patrimoniale: i criteri per la confisca del profitto del reato. La Suprema Corte ha chiarito che, per procedere alla confisca, il profitto illecito deve essere un vantaggio economico reale e quantificabile, non una mera stima potenziale basata su calcoli approssimativi. Questa decisione stabilisce un principio fondamentale a garanzia della corretta applicazione delle misure ablative, distinguendo nettamente tra l’accertamento della colpevolezza e la determinazione delle conseguenze patrimoniali.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello di Venezia nei confronti di tre soggetti per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. Oltre alle pene detentive e pecuniarie, i giudici di merito avevano disposto importanti misure patrimoniali:

* Per due degli imputati, era stata ordinata la confisca per equivalente di ingenti somme di denaro, considerate il profitto derivante dall’attività di spaccio.
* Per uno di essi, era stata inoltre disposta la confisca di un’autovettura ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, a causa della sproporzione tra il valore del bene e il reddito dichiarato.

Gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione, contestando vari aspetti della sentenza, tra cui la valutazione delle prove (in particolare le intercettazioni telefoniche), il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e, soprattutto, la legittimità delle confische patrimoniali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato una decisione articolata, separando nettamente le questioni relative alla responsabilità penale da quelle concernenti le misure patrimoniali.

1. Conferma della colpevolezza: I ricorsi volti a contestare l’affermazione di responsabilità sono stati rigettati. La Corte ha ritenuto che l’interpretazione delle conversazioni intercettate, sebbene caratterizzate da un linguaggio criptico, fosse stata condotta dai giudici di merito in modo logico e coerente, senza vizi tali da giustificare un annullamento.
2. Annullamento della confisca per equivalente: Il punto centrale della sentenza riguarda l’accoglimento dei motivi di ricorso relativi alla confisca per equivalente. La Cassazione ha censurato il metodo utilizzato per quantificare i profitti illeciti.

La Corte ha stabilito che la sentenza dovesse essere annullata su questo specifico punto, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Venezia per una nuova e più rigorosa determinazione del profitto.

I criteri per la corretta confisca del profitto del reato

La Cassazione ha evidenziato come la stima del profitto, operata dai giudici di merito sulla base degli accertamenti della Guardia di Finanza, avesse un carattere eccessivamente astratto e presuntivo. Era stata calcolata sulla base di una stima approssimativa della droga movimentata (desunta dalle intercettazioni), senza però considerare elementi concreti come i costi sostenuti per l’acquisto, il principio attivo della sostanza e le reali modalità di vendita (all’ingrosso o al dettaglio).

Questo approccio, secondo la Corte, trasforma la confisca in una sanzione basata su una ‘potenziale aspettativa di un vantaggio economico’, anziché su un ‘effettivo e definitivo incremento patrimoniale’.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio consolidato, richiamando anche le Sezioni Unite (sentenza n. 26654/2008): il profitto confiscabile è il vantaggio economico immediato e diretto derivante dal reato. Esso deve essere connotato da ‘stabilità e concretezza’ e deve essere ‘agevolmente quantificabile’. Non può coincidere con una stima generica dei ricavi, ma deve rappresentare l’effettivo arricchimento netto del reo.

I giudici di legittimità hanno sottolineato che, per accertare il profitto, è necessario superare le lacune probatorie (come la quantità effettiva di droga, i costi di acquisto, il ricarico applicato) non attraverso presunzioni, ma attraverso un’analisi rigorosa che porti a un dato certo e riscontrabile. In assenza di tale certezza, la stima diventa una ricostruzione ‘a tavolino’ basata su criteri probabilistici, incompatibile con la natura sanzionatoria della confisca, che deve colpire un accrescimento patrimoniale reale e non solo potenziale.

Le Conclusioni

La sentenza n. 4315/2024 rafforza un importante principio di garanzia: la confisca del profitto del reato non può essere una misura punitiva indeterminata. Se da un lato la lotta alla criminalità economica impone di aggredire i patrimoni illeciti, dall’altro lato tale aggressione deve fondarsi su prove certe e su un calcolo rigoroso del vantaggio economico effettivamente conseguito. Per i giudici, ciò significa che non è sufficiente provare il reato, ma è necessario anche provare, con altrettanto rigore, l’entità dell’arricchimento che ne è derivato. In mancanza, la confisca rischia di essere illegittima e deve essere annullata.

Quando è legittima la confisca per equivalente del profitto di un reato?
Secondo la sentenza, la confisca è legittima solo quando il profitto rappresenta un incremento patrimoniale effettivo, definitivo, concreto e quantificabile. Non può basarsi su stime approssimative, presuntive o su una potenziale aspettativa di vantaggio economico.

L’interpretazione di intercettazioni telefoniche dal linguaggio criptico è sufficiente per una condanna?
Sì, la Corte ha confermato che l’interpretazione del linguaggio criptico nelle intercettazioni può costituire prova diretta della colpevolezza se è logica, coerente, precisa, non equivoca e non smentita da altri elementi, anche in assenza di riscontri esterni come sequestri di droga.

Qual è la differenza tra la confisca del profitto del reato (art. 73 c. 7 bis D.P.R. 309/90) e la confisca per sproporzione (art. 240 bis c.p.)?
La confisca del profitto colpisce il vantaggio economico diretto derivante dal reato. La confisca per sproporzione, invece, colpisce beni di cui il condannato ha la disponibilità e il cui valore è sproporzionato rispetto al suo reddito, presumendo che tali beni siano di origine illecita, anche se non direttamente collegati al reato per cui si procede.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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