Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10886 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10886 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SORENGO (SVIZZERA) il 29/01/1957
avverso la sentenza del 08/05/2024 della Corte d’appello di Milano
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale, che ha concluso per il rigetto del ricor
Letta la memoria depositata dal difensore di COGNOME NOME COGNOME Giuseppe.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano, con la decisione indicata in epigrafe, giudicando in sed rinvio, a seguito di annullamento pronunciato dalla Terza Sezione di questa Corte in data marzo 2022, limitatamente al quantum della confisca precedentemente disposta dal GUP del Tribunale di Monza e confermata dalla stessa Corte territoriale con la prima sentenza del marzo 2021, ha ordinato la confisca, diretta e per equivalente, dell’importo di 5.811.819,68 nei confronti di COGNOME NOME NOME.
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del suo difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidandolo ai seguenti motivi.
In premessa richiama la suindicata pronuncia della Terza sezione di questa Corte, la quale nella sentenza di annullamento con rinvio, ha rilevato che “la Corte di appello erroneamen aveva confermato la confisca del profitto del reato in capo a COGNOME commisurando dett profitto non già con riferimento ai soli benefici provenienti dal reato associativo di cui A), per il quale era intervenuta pronuncia di condanna, bensì anche con riferimento ai benef prodotti dalla commissione dei reati-fine di cui al capo B), non oggetto di una espr pronuncia di accertamento”.
Osserva che l’analisi semantica di una simile affermazione implica lo scorporo dal profi oggetto di ablazione di quella frazione imputabile alle fattispecie-scopo non accertate.
Con il primo motivo lamenta l’inosservanza dei principi di diritto enunciati Suprema Corte nella decisione di annullamento con rinvio e, conseguentemente, l’erronea determinazione del profitto confiscabile, avendo incluso nell’oggetto dell’ablazione il pre provento di illeciti fiscali (delitti-fine), alcuni in corso di accertamento e altri mai Deduce, inoltre, l’impropria duplicazione del profitto del reato associativo.
La Corte di appello, nella quantificazione del profitto derivante dal reato associa avrebbe dovuto sottrarre i benefici economici imputabili alla commissione di reati-fine oggetto di accertamento, ovvero a tutti i reati fiscali per i quali pende un procedimento.
Del resto, tale conclusione avrebbe dovuto essere ricavata anche dalla considerazione secondo cui i proventi dei delitti-fine entrano una sola volta nella disponibilità degli as non si duplicano o incrementano per effetto della sola sussistenza della associazione, sicc confiscare gli uni e gli altri è, all’evidenza, una doppia ablazione della medesima vo profitto.
La Corte territoriale, al contrario, si sarebbe limitata a recepire acriticamente, in m parcellizzata ed isolata dal complesso della motivazione, l’indicazione da parte del Giudic legittimità, secondo cui i benefici provenienti dal reato associativo di cui al capo A) sar rappresentati dal “differenziale -costituente il prezzo del reato- fra quanto apparentem incassato dalle società facenti capo a COGNOME, emittenti fatture per prestaz
integralmente o parzialmente inesistenti, e quanto dalle stesse riversato, nelle forme indi nel capo di imputazione, ai soggetti formalmente pagatori”.
Tuttavia, così facendo, i giudici di merito non hanno tenuto conto della logica sot all’indicazione fornita dalla Suprema Corte, la quale, con riferimento alla richi argomentazione, si sarebbe limitata a dettare le modalità di computo dei profitti dei delitt in linea generale ed astratta, affinché il giudice territoriale potesse valutare se, ris stessi, vi fosse un quid pluris da riferire all’associazione.
L’interpretazione proposta, prosegue il ricorrente, sarebbe ricavabile dalle ulte affermazioni contenute nella sentenza del Supremo Collegio, con le quali è stato affermato ch “se si può convenire con il collegio giudicante di merito allorché ha affermato che il pr confiscabile derivante dalla commissione del reato di associazione per delinquere deve essere computato, a carico di ciascuno degli associati, con riferimento anche alla consumazione de reati fine…, non può nella presente fattispecie non rilevarsi che non vi è stata condann riferimento ai singoli reati – fine”, con ciò affermando la necessità, ai fini della defin profitto confiscabile, di un accertamento che tenesse conto solo dei delitti-fine accer oggetto di sentenza di condanna nelle forme del pieno contraddittorio fra le parti.
Pertanto, nella decisione impugnata, si riscontrerebbe una lettura parziale del pronunciat che, al più, risulterebbe consentita nell’ambito di procedimenti caratterizzati dall’accert contestuale dei delitti-fine e della fattispecie associativa, in cui è configurabile l’acce della commissione dei primi anche in ipotesi di mancata identificazione degli associati che sono stati autori, con la conseguenza che i sodali possano essere chiamati a risponderne i quanto commessi nell’ambito del sodalizio.
In altri termini, l’affermazione secondo cui il profitto associativo è costituito dal complessivo dei benefici economici provenienti dai delitti-fine, di mero significato defin non implica una possibilità di duplicazione della confisca, mediante ablazione ripetuta vantaggio in capo al sodalizio e di quello derivante dai reati scopo, poiché l ricomprenderebbe l’altro.
La sentenza di annullamento con rinvio, nell’affermare la configurabilità di un pro autonomo in capo all’associazione, non intendeva sostenerne l’effettiva sussistenza, trattando di accertamento di merito, ma solo delineare i profili della verifica di competenza del giud merito, il quale avrebbe dovuto verificare se vi fosse, in concreto, una utilità all’associazione ulteriore rispetto a quella derivante dai reati – fine in corso di accer avanti all’altro organo giurisdizionale. Al contrario, la scelta del giudice del rinvio, s sostanziata nel riconoscimento della possibilità di disporre, in due sedi diverse, l’accerta dell’illecita utilità dell’associazione e la verifica dei proventi dei delitti-fine, a pr diversi titoli di reato.
3.1 Con il secondo argomento (in ricorso sub 1.2), eccepisce l’erronea modalità d computo del profitto confiscabile, includendo emolumenti riferibili ad annualità in cui l’im non faceva più parte del sodalizio e a società a cui lo stesso è rimasto sempre estran
recependo acriticamente le conclusioni rassegnate dalla Guardia di Finanza, senza alcuna verifica sulle modalità di accertamento.
La Corte territoriale non avrebbe in alcun modo motivato in ordine alla entità del pro individualmente ricavato dal ricorrente, circoscrivendo l’esame alla generica utilità ri dalle società “riferibili” al COGNOME, come se questi fosse l’unico associato di una fat che, ontologicamente, ne richiede plurimi, e senza tener conto, peraltro che quello ste profitto associativo era stato computato più volte nell’ambito di diverse misure abl disposte nei confronti di coimputati giudicati nel medesimo procedimento o in procedimen separati.
Da ciò è derivato che la misura operativa è stata disposta nei confronti di uno solo d associati per l’intero profitto illecito dell’associazione, computando utilità ottenute l’imputato non faceva più parte del sodalizio ed altre ascrivibili a società in cui lo ste aveva mai avuto alcun ruolo e inoltre senza tener conto che lo stesso COGNOME, nel annualità 2013-2014 non faceva più parte dell’associazione a delinquere.
Ad esempio, nella definizione dell’entità del profitto associativo sono stati coimp anche i ricavi ascrivibili alla società “RAGIONE_SOCIALE“, operativa dal 2013 e a cui il ri sempre rimasto estraneo.
E ancora, non sarebbe stata effettuata alcuna verifica sulle modalità di calcolo con cu proceduto la Guardia di Finanza, che ha computato nella somma complessiva anche importi provenienti dalle società panamensi, costituenti semplici “giro conti” verso altri conti r e/o collegabili ai medesimi imputati; è il caso degli importi entrati nel conto intest società “RAGIONE_SOCIALE” provenienti dalle società panamensi, e successivamente riversati su alt conti di società collegate al medesimo soggetto (Provini).
3.2 Con il terzo argomento (in ricorso sub 1.3), viene contestata l’erronea determinazio dell’oggetto della confisca secondo il criterio “lordo”, e l’omessa valutazione di indi difensive contenute nella memoria depositata a norma dell’articolo 121 cod.proc.pen. .
La Corte territoriale avrebbe proceduto al computo del quantum confiscabile, ancorandolo a delitti-fine estranei al procedimento, non accertati nelle dinamiche fattuali e negl patrimoniali a favore degli imputati, mai contestati e per i quali non è stato po difendersi, in tal modo, peraltro, trascurando di considerare le osservazioni contenute n relazione tecnica recepita nella memoria di cui all’articolo 121 cod.proc.pen..
Il giudice del rinvio si sarebbe limitato ad osservare che le prospettate voci di c esulavano da quelle indicate dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio, benché quest’ultima avesse fornito soltanto una linea di indirizzo astratta, a l principio di diritto, utile per la determinazione del profitto illecito, demandando, per quantificazione dell’utilità, alla competenza del giudizio di merito da parte della C appello.
La quantificazione del profitto risulterebbe erronea, non avendo considerato i cost scorporato tutte le spese sostenute per prestazioni lecite, come ad esempio quelle di locazion
di servizi, del personale e degli oneri derivanti dall’imposizione fiscale, voci contabili nella richiamata memoria difensiva.
In realtà nella sentenza di annullamento con rinvio, era stato devoluto al giudice di r di verificare se sussistesse un effettivo maggior profitto, imputabile al reato associ diverso da quello derivante dai delitti-fine sub iudice e, in caso negativo, escludere la possibilità di applicare la confisca.
Il giudice di merito, disattendendo tali indicazioni, si sarebbe limitato ad effet mera somma fra profitti illeciti presuntivamente ascrivibili al sodalizio e, segnatamen società asseritamente riferibili al COGNOME, sebbene imputabile ai reati che la stessa Cor Cassazione aveva esplicitamente imposto di escludere, duplicando l’oggetto di ablazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura, per violazione di legge, il provvedim impugnato, deducendo l’illegale applicazione della confisca diretta, per il profitto deriva reato associativo, strutturalmente plurisoggettivo, nei confronti del solo ricorrente, senz proceduto ad individuare il profitto pro quota.
Contesta altresì l’inversione dell’onere della prova in relazione alla ripartizione del fra i correi.
La Corte di appello avrebbe disposto la confisca diretta e per equivalente, senza chiari presupposti applicativi dei due istituti tra loro distinti e ritenendo di poter p all’ablazione dell’intero profitto associativo nei confronti di uno solo dei correi, COGNOME.
Affrontando la questione in relazione alla confisca diretta, il ricorrente ha ricordato Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che “è l’accusa a dover dimostrare l’effet conseguimento del prezzo o del profitto monetario del reato da parte del suo autore” e ch “perché il prezzo o il profitto monetari possono essere soggetti ad ablazione diret necessario che il loro effettivo conseguimento da parte del reo (ed il relativo accrescim patrimoniale) sia provato secondo gli ordinari standard probatori, previsti, dapprima, l’eventuale adozione della cautela reale e, poi, in termini di certezza processuale p confisca” (Sezioni Unite 18 novembre 2021, n42415, Coppola).
Pertanto, il giudice di merito, nel determinare il profitto oggetto di ablazione, a dovuto verificare non solo il complessivo profitto dell’associazione, ma-anche alla luce d ripartizione fra correi- quale fosse l’effettivo profitto conseguito dal ricorrente e di dall’accusa.
Al contrario, nel caso di specie, il ricorrente è stato destinatario unico dell’ab patrimoniale sin dall’inizio del procedimento; e tuttavia tale circostanza non avrebbe do riverberarsi sulla decisione finale di confisca nei confronti di uno solo degli associati. I stessi giudici di merito si sarebbero discostati dal consolidato orientamento giurisprudenzi secondo cui nella confisca diretta “possono essere confiscati solo i beni che hanno costitui profitto del reato e che appartengono a chi l’ha commesso; infatti se si colpisse ciascun cor per l’intero, si travalicherebbe l’ambito oggettivo della fattispecie, “espropriando
concorrenti che non abbiano tratto personale profitto dal reato, ovvero oltre la misur profitto personale”; essendo perciò consentita la confisca diretta solo pro quota.
Tale orientamento, prosegue il ricorrente, è confortato dalla giurisprudenza delle Sezi unite, secondo la quale la confisca diretta non può prescindere dall’effettivo vanta conseguito dal concorrente nel delitto, in quanto il profitto del reato si identifi vantaggio derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (Sezioni Un 26 giugno 2015, Lucci, rv 272855).
Con il terzo motivo, il ricorrente censura, per violazione di legge e vizio motivazi la decisione impugnata in relazione ai seguenti profili concernenti la confisca per equivalen
In primo luogo, i giudici di merito, oltre a non tener conto della entità del concretamente tratto dall’imputato in relazione all’illecito in contestazione, erroneamente applicato il principio di solidarietà tra gli associati, moltiplicando l’ogget confisca in relazione a tutti i coimputati.
Il ricorrente osserva che, nel caso di specie, difetterebbero i presupposti per l’applica del principio di solidarietà, anche a voler aderire all’orientamento giurisprudenziale ammette.
Vengono riportati i divergenti orientamenti giurisprudenziali che si contendono il campo relazione ai reati concorsuali, i quali, stante la comune natura plurisoggettiva, prese caratteristiche assimilabili a quelli associativi.
Il ricorrente richiama, da un lato, l’orientamento che ammette la sussistenza del vincol solidarietà tra i coimputati, sulla base del principio che informa la disciplina del conco reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguen capo a ciascun concorrente, sicché, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera en del profitto accertato, non essendo esso ricollegato all’arricchimento di uno piuttosto che altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’il riferimento è a Cassazione, sezione seconda, 24 novembre 2020, COGNOME, rv 280886; sezione quinta, 20 ottobre 2020,n. 36069, COGNOME, rv 280322).
Tuttavia, anche in questa prospettiva, la possibilità di procedere al sequestro preven per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza al duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti, è possibile solo “ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad sottostanti non consente di individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concre attribuibile a ciascun concorrente (Sezioni Unite 27 marzo 2008, n. 26654).
Dunque, anche in tale impostazione, è pacifico che l’ablazione non può comunque eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato attribuibile, quando sia possibile determinare l’entità del profitto che ciascuno dei conco ha tratto dall’illecito.
Vengono poi richiamate altre decisioni in cui è stato affermato che “per quanto in linea massima debba aversi riguardo al principio solidaristico in forza del quale ciascun concorren può essere assoggettato alla confisca, una volta che il profitto abbia perduto la individualità storica…, nondimeno deve considerarsi che la confisca non può comunque superare nel suo complesso l’entità del profitto e che al tempo stesso la confisca equivalente, che ha natura afflittiva sanzionatoria non può eccedere la concreta entità grado di responsabilità del singolo concorrente, potendosi altrimenti prospettare una sanzion sproporzionata, non conforme neppure alla sfera dei principi convenzionalmente rilevanti come desumibile dall’articolo 7 CEDU e dall’articolo 1 del Protocollo numero 1 della CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo (Cassazione penale, sezione sesta, 5 maggio 2021, n. 4727, Russo, rv. 280596).
Da tali pronunce, il ricorrente ricava il principio per cui l’interpretazione da pre quella secondo cui l’imposizione effettiva della confisca, avente natura sanzionatoria, non prescindere, ove possibile, dalla definizione dei criteri di riparto della misura tra compartecipi dell’azione criminosa.
Inoltre la pronuncia della Corte territoriale si porrebbe in contrasto con il prin proporzionalità delle sanzioni che, nell’applicazione di una misura, impone di osservare ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato ed il fine perseguito.
Ed ancora, viene evidenziato il contrasto con il principio di legalità, laddove applicata una misura sanzionatoria e afflittiva che ha come presupposto la specifi quantificazione del profitto illecito, in capo a chi non abbia tratto dal reato un patrimoniale, ovvero ne abbia ricavato meno di quanto oggetto di ablazione.
Sarebbe altresì violato il principio di colpevolezza e quello della finalità rieducati pena, qualora si proceda all’ablazione senza la dimostrazione dell’effettiva sussistenza di profitto illecito, atteso che anche la partecipazione all’associazione, di per sé, non le alcuna assimilazione sanzionatoria non individualizzata fra i correi.
In sintesi, non si può valorizzare il dogma dell’unitarietà del reato concorsual affermare la solidarietà in materia di confisca di valore, non potendosi intendere tale pri né come uguale titolo di responsabilità o, a maggior ragione, come uguale punibilità estesa tutti i concorrenti.
D’altro canto, non potrebbe sostenersi, in senso contrario, l’operatività di una presunz circa la produzione “in concorso” del profitto, idonea a giustificare l’ablazione nei conf un solo compartecipe, sia perché la disciplina del concorso di persone non legittima alcu presunzione quoad poenam, sia perché la legittimità della misura non può che dipendere dalla dimostrazione di una effettiva illecita locupletazione in capo al singolo.
L’operatività della confisca “per equivalente” non sposta i termini della questione, pr perché il parametro di riferimento nella valutazione di proporzione della misura è sempr profitto in concreto tratto individualmente dall’illecito.
Il ricorrente osserva poi che il problema concreto che gli orientamenti di legittim contrasto hanno tentato di risolvere attiene all’ipotesi in cui sia provato il profitto com di un reato plurisoggettivo, ma non la quota percepita da ciascun correo.
Ma tale soluzione passa attraverso la deformazione dei contorni della confisca pe equivalente (che rimane pur sempre una misura di carattere ripristinatoria), trasformandola ciò che non è, ossia in una sanzione per il mancato rinvenimento del profitto diretto del r colpendo anche un solo concorrente senza l’individuazione di un sostenibile criterio di selezi fra quale tra i partecipi debba essere il meritevole destinatario.
L’applicazione dei principi civilistici sulla solidarietà ad una misura di cui è evi natura sanzionatoria, implica una contraddizione difficilmente superabile, dovendosi ritene imprescindibile la necessità di un frazionamento pro capite e pro quota tra i vari associati, tenendo conto del grado di responsabilità e del grado di partecipazione al profitto del sing desunti anche da criteri sintomatici, dovendosi invece optare per la suddivisione in parti ug solo in assenza di un criterio attendibile di riparto.
Con riferimento al caso concreto i giudici avrebbero potuto trarre elementi per effettu tale riparto dalla destinazione dei pagamenti in ingresso e in uscita, dalle società coinvolt anche dalla ripartizione interna tra i consociati, documentati mediante i dati conta documentali indicati nella memoria difensiva ex articolo 121 cod.proc.pen., depositata n giudizio di rinvio ma mai esaminata dalla Corte territoriale.
Il ricorrente osserva poi che la Corte distrettuale si sarebbe limitata alla ge definizione quantitativa dell’entità del profitto associativo, senza indicare, in relaz confisca per equivalente, i beni da prendere, così discostandosi dalla disposizione di all’articolo 11 della legge 146 del 2006, vertendosi in una ipotesi di confisca di valo preclude l’adozione di un provvedimento di confisca per equivalente in incertas res. Difatti l’ultimo periodo della norma richiamata stabilisce che, con la sentenza di condanna, il giu non può limitarsi a disporre la confisca per equivalente fissando solo il quantum, ma deve determinare le somme di danaro o individuare i beni o le utilità da apprendere.
Con l’ultimo argomento, osserva che la confisca per equivalente è stata applicata oltr limiti del profitto complessivo, mediante ascrizione plurima del medesimo vantaggi patrimoniale a tutti i coimputati, così determinando una impropria duplicazione dell’ogge della confisca. Il riferimento è all’ablazione disposta nei confronti degli altri ass medesimo procedimento (confisca di euro 424.197,19 nei confronti di NOME COGNOME) e in altri procedimenti (confische disposte nei confronti degli associati giudicati separatame COGNOME, COGNOME, COGNOME, Ventresca).
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, concludendo per il rigetto.
il difensore del ricorrente ha depositato memoria, replicando alle conclusioni del P.G. ulteriormente illustrando i motivi di ricorso, anche alla luce della informazione provv
n.12/24, relativa alla decisione delle Sezioni Unite GLYPH sui limiti di applicabilità del principio solidarietà tra gli associati, sia con riferimento alla confisca diretta sia a quella per equ
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
1.1 All’esame della censura è utile premettere che la Corte di cassazione risolve un questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere di motivazione, sicché giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un’autonoma valutazion delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a giustificare il convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanz processuali (Sez. 2, sent. n. 45863 del 24/09/2019 Cc. , Rv. 277999-01; Sez.6, n. 42028 de 2010 Rv. 248738 – 01; Sez.1, n. 7963 del 2007 Rv. 236242 – 01; Sez.6, n. 19206 del 2013 Rv. 255122 – 01; Sez.1, n. 26274 del 2004 Rv. 228913 – 01)
1.2 A tal punto, per individuare lo schema esplicitamente enunciato nella sentenza d annullamento e i vincoli a una determinata valutazione delle risultanze processuali, occo necessariamente richiamare testualmente la motivazione della sentenza della Corte di cassazione che, in parte qua, ha pronunciato l’annullamento della precedente statuizione sulla confisca.
Alle pagine 11 e 12 si legge: “fondato è, diversamente dai precedenti, il sesto motivo impugnazione; esso ha ad oggetto la conferma dichiarata in sede di gravame della confisca per un importo pari ad euro 70.876.068,00 disposta dal giudice di primo grado in danno d COGNOME NOME Ugo Giuseppe.
Ora, se si può convenire con il Collegio giudicante di merito allorchè ha affermato ch profitto confiscabile derivante dalla commissione del reato di associazione per delinquere de essere computato, a carico di ciascuno degli associati, con riferimento anche alla consumazione dei reati fine (così, d’altra parte si è espressa testualmente anche la giurisprudenza di qu stessa Sezione, cfr: : Corte di cassazione, Sezione III penale, 4 marzo 2020, n. 8785; id Sezione III penale, 27 marzo 2018, n. 14044), non può nella presente fattispecie non rilevar che non vi è stata condanna con riferimento ai singoli reati fine.
Ciò considerato, mentre non vi è, come dianzi segnalato, la necessità, ai fini d individuazione della rilevanza penale della associazione costituita per la commissione di u serie indeterminata di reati, che tali reati siano effettivamente accertati e che in relaz essi sia intervenuta una sentenza di condanna, tuttavia una siffatta necessità, quanto me sotto il profilo dell’indiscusso accertamento del fatto nelle forme del pieno contraddittori parti, è invece riscontrabile laddove si intenda procedere alla confisca di quello che dovr essere stato il profitto del singolo reato fine. Deve, infatti, ribadirsi che, se, per u
delitto di associazione per delinquere é idoneo a generare un profitto (o, forse correttamente, nel nostro caso un prezzo) autonomo rispetto a quello prodotto dai reati fi costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme di questi ult (Corte di cassazione, Sezione II penale, 16 giugno 2017, n. 30255; idem Sezione III penale 25 ottobre 2016, n. 44912), per altro verso questa sua autonoma idoneità comporta la distinzione fra questo “vantaggio” ed il profitto conseguente dalla accertata commissione reati fine. Considerato che nel nostro caso, invece, dei reati fine non vi sono ele dimostrativi certi, essendo stati gli stessi verificati nei soli limiti necessari per la af della sussistenza della associazione per delinquere, deve ritenersi erronea la avvenu conferma della confisca del profitto del reato in danno del COGNOME, essendo stato ques commisurato non con riferimento ai soli benefici rivenienti, ex se, dal reato di associazion delinquere, unico per il quale lo stesso è stato condannato, (benefici, nel caso che intere costituiti dal differenziale, costituente appunto il prezzo del reato, fra quanto apparente incassato dalle società facenti capo al COGNOME, emittenti le fatture per presta integralmente o parzialmente inesistenti, e quanto dalle stesse effettivamente riversato, n diverse forme indicate nel capo di imputazione, ai soggetti formalmente pagatori), ma anche quelli prodotti attraverso la commissione dei reati fine, non oggetto di espressa pronunzi accertamento.”
1.3 Dunque, dalla sentenza rescindente si ricavano lo schema e i vincoli a cui il giudice rinvio avrebbe dovuto attenersi.
In ordine alla determinazione del quantum, il profitto confiscabile deve ess commisurato “con riferimento ai soli benefici rivenienti, ex se, dal reato di associazion delinquere, unico per il quale lo stesso è stato condannato; benefici, nel caso che intere costituiti dal differenziale, costituente appunto il prezzo del reato, fra quanto apparente incassato dalle società facenti capo al COGNOME, emittenti le fatture per presta integralmente o parzialmente inesistenti, e quanto dalle stesse effettivamente riversato, n diverse forme indicate nel capo di imputazione, ai soggetti formalmente paqatori”.
Con riferimento “al caso che interessa”, il riferimento specifico è alle società facenti al COGNOME; il quantum da confiscare viene oggettivamente individuato nei benefici costituit dal differenziale, costituente appunto il prezzo del reato, fra quanto apparentemente incass dalle società facenti capo al COGNOME, emittenti le fatture per prestazioni integralme parzialmente inesistenti, e quanto dalle stesse effettivamente riversato, nelle diverse f indicate nel capo di imputazione, ai soggetti formalmente pagatori.
A fronte delle suddette indicazioni specifiche, per di più analiticamente dettagli ordine al criterio di quantificazione, appare manifestamente infondata la tesi proposta ricorrente secondo cui la Corte di cassazione si sarebbe limitata a dettare un criterio astr non vincolante per il giudice del rinvio.
La decisione impugnata, invece, si è puntualmente uniformata ai principi fissati dalla Te Sezione di questa Corte nella sentenza di annullamento con rinvio.
La Corte distrettuale- in linea con il dictum della pronuncia rescindente – ha affermato che il differenziale è stato calcolato tra quanto apparentemente incassato dalle società fac capo a COGNOME – emittenti fatture per prestazioni integralmente o parzialmente inesisten e quanto dalle stesse effettivamente riversato, nelle forme indicate nel capo di imputazione, soggetti formalmente pagatori.
In concreto, il profitto confiscabile è stato individuato nella “commissione” riconosc dalle società italiane, a fronte di fatture per prestazioni integralmente o parzial inesistenti, alle società facenti capo a COGNOME
La quota di spettanza dell’associazione – individuata dalla Guardia di Finanza come “commissione” – rappresenta infatti il differenziale fra quanto versato dalle società italia relazione alla emissione di fatture per operazioni inesistenti e quanto alle stesse restituito
Le citate “commissioni” sono state calcolate dalla Guardia di Finanza Gruppo di Monza nella informativa del 7.9.2017, che, a pagina 29, riporta quelle conseguite dalle società fac capo al COGNOME negli anni dal 2008 al 2014. Gli importi corrispondenti alle “commissioni”, detto arco temporale, sono stati quantificati dalla Guardia di Finanza, in complessivi e 5.811.819,68.
Di conseguenza, l’originaria determinazione del quantum confiscabile, individuato dalla sentenza annullata in euro 70.876.068,60 è stato appunto ridotto all’importo di eu 5.811.819,68.
La stima, relativamente al calcolo delle commissioni, non risulta oggetto di specifica censura.
Anzi, il giudice del rinvio ha evidenziato che la quantificazione del profitto del associativo (somme versate dalle società italiane alle società del gruppo COGNOME per fattu per prestazioni inesistenti – somme restituite dalle società del gruppo COGNOME alle socie italiane pagatrici), secondo i dati contabili riportati nella tabella di pagina 8 dell’ peritale del consulente della difesa è pari, per il minor arco temporale compreso fra il 2008 2012, a Euro 10.700.546,41 e, dunque, a un importo sensibilmente maggiore rispetto a quello calcolato dalla Guardia di Finanza.
Tuttavia, la Corte ha osservato che tali dati contabili, presentati dal consulente d difesa, parte integrante di una relazione di consulenza tecnica, prodotta con la memoria e art.121 cod.proc.pen., erano stati introdotti in maniera irrituale, e pertanto non avreb potuto essere presi in considerazione; e, di conseguenza, anche in un’ottica improntata a favor rei, andavano confermati, quale base di calcolo, i dati contabili (segnatamente, l “commissioni”) riportati nella citata informativa della Guardia di Finanza.
In sintesi, la censura, secondo cui la sentenza rescindente avrebbe formulato solo un criterio astratto, appare manifestamente infondata, avendo la stessa sentenza formulato indicazioni specifiche per la determinazione del quantum confiscabile, alle quali il giudice del rinvio si è puntualmente attenuto.
1.4 L’argomento, relativo alla inclusione di profitti relativi a compagini e annualità l’imputato non faceva parte del sodalizio, è estraneo al devoluto della sentenza rescindente (
non avrebbe potuto essere altrimenti, anche in considerazione del fatto che sulle modalità partecipazione del predetto al reato associativo, anche sotto il profilo cronologico, si è fo il giudicato).
Riguardo alle contestazioni relativo al calcolo effettuato dalla Guardia di Finanza il rico privo del requisito dell’autosufficienza, atteso che fa riferimento a dati contabili (versam società estere e giroconti) di cui non fornisce alcuna allegazione.
1.5 Con riferimento alla deduzione relativa alla determinazione della entità confiscab secondo il “criterio lordo”, ovvero senza scorporare le spese (es. di locazione, per ser fiscali e per il personale), si osserva che anche in tal caso si tratta di censura aspecifica, che non trova corrispondenza nel dictum della sentenza rescindente, che ha indicato puntualmente le poste attive e passive da considerare nella determinazione del prezzo del reato (differenziale fra quanto apparentemente incassato dalle società facenti capo COGNOME emittenti le fatture per prestazioni integralmente o parzialmente inesistent quanto dalle stesse effettivamente riversato, nelle diverse forme indicate nel capo imputazione, ai soggetti formalmente pagatori).
1.6 Infine manifestamente infondata è la doglianza relativa alla omessa considerazione della memoria ex art. 121 cod.proc.pen., stante le puntuali argomentazioni contenute i sentenza in ordine al contenuto della stessa (sulla ritenuta inutilizzabilità della consule essa contenuta, che peraltro forniva dati relativi al calcolo del differenziale meno favor per il reo). In ogni caso, la valutazione dei giudici di merito viene censurata in modo del generico (il ricorso si limita ad affermare: “non vi è mai stato modo di sottoporre prima q circostanze al giudicante”).
All’esame dei restanti motivi è utile premettere che, secondo il consolid orientamento di questa Corte, all’esito del giudizio di rinvio, è preclusa la possibilità di una questione non già devoluta alla Corte di cassazione con il ricorso che ha determinat l’annullamento con rinvio e che non abbia neanche costituito oggetto di attenzione da parte della sentenza impugnata (ex multis, Sez. 5, sent. n. 29358 del 22/03/2019, Rv. 276207 01).
L’orientamento risale a Sez. 1, n. 4882 del 21/03/1996 (Rv. 204637 – 01), nella quale stato precisato che è ammissibile la formazione progressiva del giudicato nello svilupp dinamico del rapporto processuale non solo quando l’annullamento parziale viene pronunciato nel processo cumulativo e riguarda solo alcuni degli imputati o talune delle imputazioni, m anche quando la pronuncia di annullamento ha ad oggetto una o più statuizioni relative a un solo imputato o a un solo capo di imputazione, poiché in tal caso il potere decisorio del giud della cognizione si esaurisce in relazione a tutte le disposizioni della sentenza non annullate aventi con queste connessione essenziale. Con il termine “parti della sentenza” si intende infatti, qualsiasi statuizione avente una sua autonomia giuridico-concettuale, quale che s l’ampiezza del relativo contenuto, su aspetti non più suscettibili di riesame da parte del giu
di rinvio per la definitività e l’irrevocabilità della decisione della Corte di cassazione limitata dall’oggetto dell’annullamento.
Nella stessa decisione è stato pure affermato che, da un lato, al giudice di rinv attribuito potere decisorio solo sui “punti” che hanno formato oggetto dell’annullamento (e quelli ai primi inscindibilmente connessi, per la necessaria interdipendenza logico-giuridica le diverse statuizioni, di guisa che l’annullamento di una di esse attrae nella sfera del ri anche quelle “parti” che, siccome non suscettibili di autonoma decisione, sfuggono all formazione del giudicato), ma non sulle parti non annullate e su quelle non in connession essenziale con le parti annullate, e che, dall’altro, è consentita l’impugnazione della sent del giudice di rinvio soltanto in relazione ai “punti” annullati – e a quelli in ra connessione essenziale con essi – e non decisi dalla Corte di cassazione, ovvero per inosservanza dell’obbligo di uniformarsi alla sentenza di annullamento per ciò che concerne tutte le questioni di diritto con essa decisa (tra le quali rientrano anche quelle concern corretto adempimento dell’obbligo della motivazione e la coerenza logica della stessa).
2.1 Nel caso in esame, le ulteriori questioni prospettate dal ricorrente non erano st devolute alla Corte di cassazione con il ricorso che ha determinato l’annullamento con rinvio; inoltre appaiono autonome e diverse da quelle relative ai punti specifici che hanno forma oggetto di annullamento in sede rescindente.
Dalla sintesi dei motivi di ricorso riportata nella sentenza di annullamento con rinvio oggetto di contestazione sul punto- emerge, infatti, che il ricorso del COGNOME con rigu specifico alla confisca, era affidato al sesto motivo, sintetizzato nei seguenti temini:
“Il sesto motivo attiene alla carenza degli elementi per la affermazione della nat transnazionale della associazione per delinquere oggetto di contestazione (motivo che sarà sviluppato anche nel successivo settimo motivo); in particolare è anche contestata la enti della somma oggetto di confisca essendo stato rilevato che, seppur è affermato in giurisprudenza che il reato di associazione per delinquere può determinare la formazione di un autonomo profitto, questo è stato illegittimamente, nella fattispecie, parametrato all’i ammontare delle somme di danaro che sarebbero state oggetto di movimentazione tramite le sovrafatturazioni ancora quest’ultimo tutto da accertare; senza peraltro, rilevare che, esse le società di cui il COGNOME sarebbe stato parte, i soggetti emittenti della fat questione, per esse non si sarebbe potuto parlare di profitto del reato, essendo stato ques semmai conseguito dagli utilizzatori delle fatture, ma, a tutto voler concedere, di pre consistente nella differenza fra quanto fatturato e quanto in ipotesi retrocesso ai utilizzatori del servizi oggetto di fatturazione; in maniera del tutto ingiustificata, giudici del merito hanno considerato che la somma confiscabile al COGNOME potesse essere la stessa già oggetto di confisca in primo grado, senza avere considerato che ciò era stat disposto per la ritenuta violazione dell’art. 648-bis cod. pen., ipotesi delittuosa riten sussistere dalla stessa Corte di appello” (pag. 5 della sentenza rescindente).
Del resto, a pagina 14, II capoverso, della sentenza rescindente, è specificato: “nei limiti di cui sopra, riferiti al quantum confiscabile, la sentenza impugnata deve, di conseguenza essere annullata, con rinvio per nuovo esame sul punto, ad altra Sezione della Corte di appell di Milano” .
Dunque, erano state specificamente sollevate le censure concernenti l’entità del profit autonomamente conseguito dall’associazione, da distinguere dal profitto dei reati-fine no ancora accertati; e di conseguenza, nella sentenza di annullamento con rinvio, veniva devoluto al giudice di rinvio di verificare solo la determinazione del quantum confiscabile, secondo il criterio differenziale di cui si è già detto.
2.2 Tanto premesso, si osserva che non erano state specificamente sollevate le censure concernenti la dedotta illegittima applicazione della confisca per equivalente, la prospet illegale applicazione della confisca diretta nei confronti del solo ricorrente, senza procedere eventuale ripartizione pro quota tra gli associati.
Allo stesso modo non erano state devolute alla Corte di Cassazione, con il ricorso che ha determinato l’annullamento con rinvio, le questioni relative ai limiti di operatività del p di solidarietà tra gli associati e alla duplicazione della confisca in relazione ad alcuni di infine, all’adozione di un provvedimento in incertas res.
I motivi secondo e terzo, dedicati alle suddette questioni, sono pertanto inammissibili quanto – come si è ricordato – è da ritenersi preclusa la possibilità di dedurre, all’es giudizio di rinvio, una questione non già devoluta alla Corte di Cassazione con il ricorso che determinato l’annullamento con rinvio.
Sulla base delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiara inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/12/2024