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Confisca profitto reato: annullata per reati non provati

Un uomo viene condannato in primo e secondo grado per detenzione di stupefacenti e porto abusivo d’arma. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22916/2024, conferma la condanna ma annulla la confisca di circa 22.000 euro. La Corte ha stabilito che la confisca profitto reato è illegittima se il denaro è considerato provento di reati passati, diversi e non specificamente contestati nel processo. La confisca deve essere strettamente legata al reato per cui si è stati condannati.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Profitto Reato: la Cassazione Fissa i Paletti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22916 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale del diritto penale: i limiti della confisca profitto reato. La pronuncia stabilisce un principio di garanzia fondamentale: non è possibile confiscare somme di denaro ritenute provento di attività illecite passate e mai formalmente contestate nel processo in corso. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale di Piacenza, successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna, per i reati di detenzione di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana) e porto abusivo di un coltello. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, i giudici di merito avevano disposto la confisca di una cospicua somma di denaro, pari a circa 22.480 euro, rinvenuta nell’abitazione dell’imputato.

L’imputato, tramite i suoi legali, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, l’illegittimità di tale confisca. La difesa sosteneva che la somma non fosse collegata al reato di detenzione per cui era stato condannato, ma fosse stata arbitrariamente qualificata come profitto di pregresse e non provate attività di spaccio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla confisca, annullando su questo punto la sentenza impugnata senza rinvio e ordinando la restituzione del denaro all’avente diritto. Gli altri motivi di ricorso, riguardanti la revoca della messa alla prova, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’entità della pena, sono stati invece dichiarati inammissibili.

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra il reato contestato e giudicato (la detenzione di stupefacenti) e altre ipotetiche condotte criminali (le pregresse cessioni) che, seppur menzionate nel capo d’imputazione come origine del denaro, non erano state oggetto di uno specifico accertamento processuale.

Le Motivazioni: I Limiti della Confisca Profitto Reato

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile che la confisca profitto reato può essere disposta unicamente per il reato per il quale si procede e si giunge a una condanna. È illegittimo estendere tale misura a proventi derivanti da altri reati, presunti o passati, che non sono stati specificamente contestati e provati nel corso del giudizio. Sebbene il capo di imputazione qualificasse la somma come «provento dell’attività di spaccio», questi presunti episodi di spaccio non erano stati oggetto né di contestazione formale né di attività istruttoria. Di conseguenza, l’imputato non aveva avuto la possibilità di difendersi da tali accuse.

La confisca, in questo contesto, non può basarsi su mere congetture o sul sospetto che il denaro provenga da attività illecite precedenti. Deve esistere un nesso causale diretto e provato tra il bene da confiscare e il reato accertato con la sentenza di condanna. Disporre diversamente significherebbe violare il diritto di difesa e il principio di legalità, poiché si finirebbe per sanzionare un individuo per fatti mai giudicati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio cardine del nostro ordinamento giuridico: nessuna sanzione, inclusa la confisca, può essere applicata per fatti che non siano stati oggetto di un formale processo e di un accertamento di responsabilità. La decisione della Cassazione rappresenta un importante monito per i giudici di merito, richiamandoli a un’applicazione rigorosa della legge in materia di misure ablatorie. La confisca profitto reato rimane uno strumento essenziale per contrastare la criminalità, ma il suo utilizzo deve sempre avvenire nel pieno rispetto delle garanzie processuali e del diritto di difesa dell’imputato. Non si possono confiscare beni sulla base di semplici sospetti relativi a crimini non provati.

È possibile confiscare denaro se si sospetta provenga da attività di spaccio passate e non contestate?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la confisca può essere disposta solo per il reato specifico per cui si è stati processati e condannati. Non può estendersi a presunti reati precedenti che non sono stati formalmente contestati e provati durante il processo.

Perché nel caso specifico è stata annullata la confisca di oltre 22.000 euro?
La confisca è stata annullata perché la Corte d’Appello aveva ritenuto quella somma il profitto di ‘precedenti cessioni continuative di sostanza stupefacente’, reati però mai accertati nel corso del processo. La condanna era per la detenzione illecita di droga trovata in quel momento, non per le presunte vendite passate.

Può un giudice negare le attenuanti generiche basandosi sui precedenti penali dell’imputato?
Sì. La Corte ha ritenuto legittima la decisione del giudice di merito di negare le attenuanti generiche, motivando la scelta con riferimento alla gravità dei fatti (attività di spaccio su larga scala) e alle condanne definitive precedenti per reati analoghi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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